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Filosofia di Gentile.
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Autore Messaggio
Nico




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MessaggioInviato: Sab Ago 30, 2008 11:20 am    Oggetto:  Filosofia di Gentile.
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Apro questa discussione con lo scopo di approfondire di più la filosofia gentiliana. Non sono molto informato a riguardo e quindi mi vorrei formare di più in materia.
_________________
AquilaLatina ha scritto:
Mi spiegate la differenza tra destra e sinistra?


tribvnvs ha scritto:
Ti riferisci alle chiappe? Laughing


Viaggiatore, va' a dire a Sparta che noi siamo morti per ubbidire alle sue leggi!
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Dvx87




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Messaggi: 2336

MessaggioInviato: Mar Set 02, 2008 5:02 pm    Oggetto:  
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anzitutto vai qui!
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e soltanto dopo leggi qui altrimenti non ci capisci niente...

GIOVANNI GENTILE E L’ATTUALISMO

Giovanni Gentile nacque a Castelvetrano, in Sicilia, nel 1875. Fu allievo di Donato Jaia a Pisa ed apprezzò il pensiero di Spaventa. Insegnò nei licei fino a quando non ottenne una cattedra all’università di Palermo. Nel 1914 succedette a Jaia a Pisa e, nel 1917, ottenne una cattedra all’università di Roma. Aderì al fascismo, diventando un punto di riferimento per tutti gli intellettuali fascisti, scrisse anche il manifesto degli intellettuali fascisti. Nel 1922 divenne senatore e, successivamente, ministro della pubblica istruzione, attuando la riforma che porta il suo nome e che, ancora oggi, è alla base del sistema scolastico italiano. Nel 1925 divenne direttore dell’istituto Treccani, pubblicando la famosa enciclopedia. Scrisse numerosi documenti riguardanti l’ideologia fascista, nel 1943, aderì alla RSI e nel 1944, dopo aver rivolto un elogio alla Germania, fu ucciso dai Gruppi di Azione partigiana (GAP). Gentile non ebbe mai simpatia per il nazismo e non è ancora chiaro perché, nella sua ultima apparizione pubblica, elogiò Hitler. Alcuni studi recenti riferiscono che, il figlio del filosofo, era un ufficiale del REI e fu catturato e deportato dai Tedeschi. In cambio della sua liberazione, i nazisti pretesero che Gentile elogiasse Hitler poiché gli ambienti intellettuali fascisti erano sempre stati molto restii nei confronti del nazismo.
Ad ogni modo, Gentile fu un punto di riferimento politico e culturale molto forte per il fascismo e non si può in alcun modo staccarlo da questa corrente politica, in quanto molti suoi testi furono scritti con l’obiettivo di ideare lo stato fascista. Insieme a Mussolini e Bottai può essere considerato uno dei padri fondatori del fascismo.

Secondo Gentile la dialettica è la scienza delle relazioni concettuali, vi sono due forme di dialettica completamente inconciliabili: la dialettica antica di tipo platonica, che è una dialettica del pensato poiché considera le idee come oggetti differenti dal pensiero e la dialettica moderna, nata dalla riforma di Kant, che è dialettica del pensare cioè attività stessa del pensiero che pensa.
Gentile riprende la dialettica hegeliana ma la contesta e la rivede: secondo Gentile, infatti, in Hegel è ancora presente la dialettica del pensato perché pensiero e natura sono antecedenti allo spirito e di conseguenza, sono concetti, quindi, pensati. A questo punto Gentile contesta la divisione dello spirito, operata da Croce, in quattro categorie poiché lo fa diventare automaticamente pensato. Gentile evidenzia una unica categoria, evitando in questo modo di far diventare lo spirito come pensato. A questo punto, afferma Gentile, lo categoria coincide con lo spirito, il concetto è, dunque, risolto dallo spirito ed è atto puro.
La filosofia di Gentile prende il nome, appunto, di attualismo, cioè quella forma di idealismo, in cui tutto è spirito che pone se stesso. Esiste, dunque, solo il soggetto e tutto il resto è esito. Gentile fu accusato di panlogismo ma egli ribattè che tutte le filosofie sono panlogiste.
A questo punto Gentile riprende la dialettica fichtiana: il male e l’errore non vengono più considerati negativamente in quanto il loro superamento ci consente di raggiungere un livello di autocoscienza maggiore e, quindi, ci fa diventare superiori: tutto ha, dunque, un significato.
Per quanto riguarda la storia si rifà a Vico: la storia è eterna, non ha un fine ed una fine e non giudica ma è un semplice racconto di fatti.
Si nota dunque che Gentile si rifà solo in parte ad Hegel, di lui salva soltanto qualcosa ma sente l’impellente bisogno di riformarne radicalmente la dialettica che, per certi versi, è molto più vicina a quella di Fiche (si nota soprattutto nella concezione di storia e di male). Il processo gentiliano che ci porta all’autocosicenza è, in pratica, quasi identico alla dialettica di Fiche dellio, non io, ed io assoluto. Da un punto di vista puramente politico, Gentile prende le distanze da Hegel, condannando la sua visione di stato, che, alla fine, finisce per diventare un “essere superiore opprimente”. Gentile, dunque, può essere considerato si un idealista ma mantiene delle caratteristiche che lo distinguono nettamente da Hegel. Alcune caratteristiche della sua filosofia possiamo ritrovarle anche nel fascismo.
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Lelletto




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MessaggioInviato: Mer Set 03, 2008 4:47 am    Oggetto:  
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C'è un sito che si chiama filosofico.net (mi sembra) ed è,penso,il più grande archivio on-line di recensioni e spiegazioni sui filosofi,il tutto a cura di un certo Diego Fusaro.Ve lo consiglio perchè le dottrine filosofiche sono spiegate e studiate senza alcun filtro "ideologico",ma solo per amor di materia.Dunque,se volete una lettura oggettiva e dettagliata,potete cercare lì!
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Dvx87




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MessaggioInviato: Mer Set 03, 2008 11:05 am    Oggetto:  
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si certo!
Questo brano, comunque, è tratto dalla mia tesina di maturità che aveva come argomento "la concezione socioeconomica del fascismo".
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Mar Set 09, 2008 2:04 pm    Oggetto:  
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Vediamo se posso esserti d’aiuto. Proverò a sintetizzarti nel modo più chiaro possibile la filosofia di Gentile onde renderla di facile comprensione Wink

1) L’ATTO DEL PENSARE

Gentile è un pensatore radicale, nel senso che va alla radice dei problemi. E in questa attività di “scavo”, egli trova che alla radice di ogni contenuto, dall’arte alla natura, dal finito all’infinito, c’è sempre un punto di riferimento ineludibile: l’atto del pensare. Di qui la denominazione di attualismo che suole dare al suo sistema di pensiero.
Secondo Gentile tutti gli aspetti della realtà si pongono e sono pensabili solo nella misura in cui possono essere riferiti ad un Soggetto puro che li pensa. Tutta la realtà è, dunque, pensiero. Ma qui bisogna fare attenzione a non confondere tale affermazione di Gentile con analoghe espressioni dell’idealismo classico, ad esempio di Hegel. Quando Gentile parla di pensiero, non si riferisce al pensato (cioè ai contenuti del pensiero), ma all’attività stessa del pensare.

Come scrive Emanuele Severino, L’Idealismo attualistico di Gentile compie il passo definitivo consistente nell’affermazione secondo cui <<la realtà esiste nel momento e nella misura in cui essa è presente alla coscienza, ossia nella misura in cui essa è attualmente pensata e, dunque, contemporanea all’atto del pensiero>> (E. Severino, “Filosofia”).

Poniamoci adesso una domanda circa il soggetto che fa l’azione di pensare.
Se tutta la realtà – beninteso in senso filosofico e, dunque, concettuale, non in senso empirico, perché Gentile non nega l’esistenza della propria casa o degli alberi o delle città… - si riduce all’attività del pensiero, CHI E’ CHE PENSA? Sono io che penso, soggetto logico e attuale di ogni contenuto. Il pensiero è, dunque, sempre il “mio” pensiero”.

<<Salvo però chiarire – come scrive F. Farotti – che il significato di “mio” non rimanda a un “me” tra gli altri, tanti “me”, posti nello spazio e nel tempo, cosa tra le cose (poiché questo non è che un io empirico, molteplice e, dunque, limitato), ma un Me assoluto>> (F. Farotti, “Il problema della religione nell’attualismo di G. Gentile”).

Chiariamo meglio questo concetto. Per Gentile il Soggetto dell’atto del pensare è – come aveva detto anche Fichte – l’Io puro o trascendentale, cioè lo Spirito Universale che non si identifica con nessuno dei soggetti empirici e si riconosce come Soggettività e come Attività pura, condizione di ogni altro io e di ogni altra attività.
Tutto ciò che è prodotto – arte, scienza o religione – è figlio dell’atto che è puro fare. Infatti, non c’è nulla che possa preesistere all’attività del pensiero pensante, la cui essenza consiste proprio nel fare, che è sintesi creatrice. Tutta la realtà pensabile è, dunque, dentro l’atto del fare, cioè nello Spirito che è atto puro. Tale atto puro, essendo innanzitutto un porre se stesso, viene da Gentile definito autoctisi: un termine che deriva dal greco e che significa “autoposizione” o “autocreazione”.

CONTINUA
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MessaggioInviato: Mar Set 09, 2008 2:33 pm    Oggetto:  
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Ottima iniziativa...
Mi permetto di consigliare un libro: "Giovanni gentile tra attualità ed attualismo" di Antonio Fede ed. Nuove Idee
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Mar Set 09, 2008 11:45 pm    Oggetto:  
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2) LA DIALETTICA DELLO SPIRITO

L’Io trascendentale di Gentile è attività e, dunque, non se ne sta chiuso in se stesso, ma produce l’arte, la religione e la scienza e, infine, la filosofia.
L’arte è il momento della tesi in cui lo Spirito sottolinea la soggettività che si trova nel sentimento. Il mondo dell’arte è, infatti, frutto della fantasia dell’artista, un fatto del tutto personale, che non si presta a una comprensione oggettiva. L’arte è attività soggettiva, è il mondo in cui predomina il sentimento.
La religione è il momento dell’antitesi dello Spirito, in cui lo Spirito proietta fuori di sé (e di fronte a sé) un oggetto, che egli crede estraneo e altro da sé. Dimenticando che egli è la Totalità, lo Spirito si sottomette al suo oggetto e lo venera. Dio non è altro che un oggetto della creazione dell’Io, ma nella religione appare erroneamente come il Soggetto, a cui l’uomo deve sottomettersi. Si tratta di uno scambio di ruoli non di poco conto. L’essenza della religione è il misticismo, come già aveva detto Bergson, anche se con altri intenti. Per Gentile, infatti, nel misticismo si consuma interamente la soggezione del soggetto all’oggetto, dello Spirito a Dio. La religione esalta Dio a svantaggio dell’uomo: nel misticismo tale tendenza raggiunge il vertice.
Analogo il discorso circa la natura e la scienza. Esse sono creazioni dell’Io puro, ma in realtà appaiono come un mondo indipendente rispetto al Soggetto. E allora si ha ancora una volta il grave errore della scienza che – come diceva Bacone e ogni altra filosofia a carattere naturalistico – deve inchinarsi di fronte alla natura, di cui deve saper cogliere le leggi. Ma tali leggi non sono altro rispetto al Soggetto trascendentale che le pone! Il vero legislatore non è la natura, ma l’Io puro. Insomma, nella religione e nella scienza prevale l’oggettivismo e, quindi, il dogmatismo e il naturalismo.
La filosofia, infine, è il momento della sintesi o della realtà, perché rappresenta l’unità dell’arte, della religione e della scienza: il momento totale, in cui si superano gli opposti unilateralismi costituiti dal soggettivismo (dell’arte) e dal naturalismo (della religione e della scienza). La filosofia è l’autocoscienza dello Spirito: la consapevolezza che chi dà senso al mondo e a Dio è proprio l’Io puro o Spirito trascendentale.
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MessaggioInviato: Mer Set 10, 2008 8:38 am    Oggetto:  
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Come al solito, quando si va ad analizzare l'attualismo (il punto 2 di cui sopra), le fonti fanno diventare Gentile quello che non è.
Gentile non pensa che la flosofia sia dio. Non pensa che lo "Spirito" sia "immanente" e non crede che il Pensiero "crei" Dio.

Lo dice nel suo cavallo di battaglia che originò il c.d. "Attualismo" e che io ho letto: Teoria Generale dello Spirito come Atto Puro. E lo dice in "La mia Religione".

E' vero che la filosofia di Gentile ebbe delle "fasi". Una prima fase più vicina all'Immanentismo. Ma la sua Maturazione definitiva, quando Gentile formò quindi il suo proprio pensiero dopo aver criticato gli altri, si attesta in uno Spiritualismo Cosciente. Si potrebbè chiamare auto-coscienza di sè e del ruolo cardine del Pensiero nella realtà.

L' Io Trascendentale si innesta nel solco di Fichte. Da esso "scaturiscono" gli "Io Empirici" l' "Io" della Persona Umana Che da Esso è "creato" e ad Esso "tende".

Si vuole troppo accodare Gentile a Hegel, anche quando si fanno dei distinguo che poi non vertono sulla sostanza.

Gentile non è Immanentista filosofico. La sua filosofia politica prevede in alcuni casi una certa specie di "totalità", che però non può essere elevata ad assoluto. E soprattutto non può essere associata ad altri pensieri.

Per questo il mio pallino è di evidenziare le nostre vere differenze da hegelismi vari. Altrimenti, da qui a definirci di "destra" il passo è brevissimo!

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"La mistica appunto precisa questi valori...nella loro attualità politica...e dimostra l'universalità di luogo e di tempo del Fascismo"(Giani)
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Mer Set 10, 2008 2:06 pm    Oggetto:  
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Per realizzare questa sintesi della filosofia Gentiliana sto utilizzando varie fonti che alla fine citerò. Di queste fonti, compresi i miei appunti liceali, sto realizzando un sunto per sommi capi dell'attualismo.

Ora, queste fonti parlano di "Autoctisi" della filosofia Gentiliana. Cos'è l'autoctisi?
Si tratta di un termine di origine greca che significa "autoproduzione" o "autocreazione". Definisce l'Io puro o trascendentale come attività del soggetto spirituale che pone innanzitutto se stesso e, poi, crea l'arte, la religione e la scienza, per far ritorno a se stesso come autocoscienza nella filosofia. Si oppone a "eteroctisi": "esser posto da altri" o, meglio, da Dio, come è stato sovente affermato nella tradizione metafisica e religiosa occidentale.
Gentile non pone la filosofia a "dio", ma si scaglia contro la tradizione metafisica occidentale.

Gentile spiega chiaramente questo concetto: <<Io non sono mai stato io, senza essere tutto in quello che penso; e quello che penso è sempre uno, in quanto vi sono io. La mera molteplicità appartiene sempre al contenuto della coscienza astrattamente considerato; e in realtà è sempre risolta nell'unità dell'Io. La vera storia non è quella che si dispiega nel tempo, ma quella che si raccoglie nell'eterno dell'atto del pensare, in cui infatti si realizza>> ne consegue che l'idealismo <<ha ritrovato Dio, e ad esso volgesi, ma non ha bisogno di rifiutare nessuna delle cose finite; che anzi, riperderebbe Dio senza di esse. Soltanto, le traduce nel linguaggio dell'empirismo in quello della filosofia, per cui la cosa finita è sempre la realtà stessa di Dio. E sublima così davvero il mondo in una teogonia eterna, che si adempie nell'interno del nostro essere>>.

Per una visione più dettagliata di come Gentile guarda alla Religione, vedere quì:
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"La concezione religiosa di Gentile si ricollega alla tradizione italiana del domenicano Giordano Bruno, morto sul rogo in Piazza Campo de' Fiori, del domenicano Tommaso Campanella, incarcerato per 27 anni, del sacerdote Vincenzo Gioberti e del sacerdote Antonio Rosmini, le cui opere vennero messe all'Indice.

Gentile afferma: "La religione cristiana è la religione dello spirito, per la quale Dio è spirito; ma è spirito in quanto l'uomo è spirito; e Dio e uomo nella realtà dello spirito sono due e sono uno: sicché l'uomo è veramente uomo soltanto nella sua unità con Dio: pensiero divino e divina volontà".

Questa è la professione di fede di Gentile: "Se domandate a me quale sia la mia religione, io vi dico in tutta sincerità che io mi sento, e perciò credo di essere non solo cristiano, ma cattolico".

"La religione cresce, si espande, si consolida e vive, dentro la filosofia, che elabora incessantemente il contenuto immediato della religione e lo immette nella vita della storia" (Gentile, La mia religione, VI)"
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MessaggioInviato: Gio Set 11, 2008 2:38 pm    Oggetto:  
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3) LA FILOSOFIA E LA PEDAGOGIA

Essendo lo Spirito attività e sviluppo (dialettico), esso si deve svolgere nella storia, che così viene ad identificarsi con la filosofia. La filosofia si identifica con la sua storia, la quale non è altro che la spiegazione, in tutti i suoi aspetti, della vita dello Spirito.
Gentile riflette a lungo sulla funzione pedagogica. Egli unisce la pedagogia con la filosofia, avviando una rifondazione in senso idealistico della pedagogia.
Secondo Gentile l’educazione consiste nel processo attraverso cui l’allievo attualizza delle potenzialità che trova in se stesso – concetto già presente in Agostino – coadiuvato dal maestro. Il dualismo scolaro e maestro deve risolversi in unità attraverso la comune partecipazione alla vita dello Spirito che tramite la cultura muove l'educatore verso l'educando e lo riassorbe nell'universalità dell'atto spirituale. «il maestro è il sacerdote, l'interprete, il ministro dell'essere divino, dello "spirito"».
Il maestro incarna lo spirito stesso, l'allievo deve allora subordinarsi all'ascolto del maestro proprio per diventare anche lui spirito, per farsi libero ed autonomo, dopo essersi "sottomesso", ed arrivare ad autoeducarsi, facendo del tutto propri i grandi contenuti appresi.
Secondo Gentile all’insegnamento non servono strumenti tecnici o strategie metodologiche particolari: essi sono scorciatoie valide solo per chi non riconosce che una buona istruzione si ottiene attraverso la conoscenza e lo studio. Il maestro (o il professore) riuscirà nel suo compito educativo soltanto se possiederà saldamente la materia che insegna. A nulla servono i metodi della didattica moderna, a cui d’altronde Gentile non riconosceva alcun valore. Idee profondamente rispondenti al vero, queste professate dal filosofo. Basti osservare lo stato di prostrazione intellettuale cui versano le nostre scuole.
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MessaggioInviato: Ven Set 12, 2008 1:07 pm    Oggetto:  
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4) LO STATO ETICO

La filosofia gentiliana trova il suo naturale risvolto politico nella teorizzazione dello Stato Etico. Si tratta di una teorizzazione che sfida i secoli!
Gentile, in coerenza con il suo sistema, ritiene che lo Stato e la Società si riducano in ultima analisi all’interiorità dello Spirito. Non le leggi o le armi determinano l’esistenza dello Stato, ma l’attività dello’Io trascendentale, che dà unità alla molteplicità degli uomini e delle istituzioni. Inoltre, anche la distinzione tra sfera pubblica e sfera privata non regge, dal momento che tutto si riduce all’unità dell’Io puro. Di conseguenza, gli individui non hanno senso al di fuori dello Stato, che viene ad avere una sostanza etica.
Spieghiamo meglio questo concetto.
Gentile afferma che la vita dello Spirito non può realizzarsi nella molteplicità degli individui, visti come tante teste separate l’una dall’altra. Una siffatta veduta comporterebbe la riduzione della società a una somma di entità autonome, con l’inevitabile conseguenza della polverizzazione della vita sociale. Gentile si scaglia contro il principio liberale secondo cui gli individui vengono prima dello Stato e conservano la loro indipendenza (anzi estraneità!) di fronte ad esso. Egli rovescia il ragionamento e afferma che senza lo Stato – espressione dell’unità dello Spirito – non ci sarebbe neppure la libertà dei singoli. Nello Stato il soggetto può trascendere la propria particolarità e realizzare al massimo grado la propria volontà e libertà. Quanto più gli individui partecipano attivamente alla vita dello Stato, tanto più si identificano con l’unità in cui consiste la vita dello Spirito e, dunque, sono liberi.
Lo Stato totalitario è l’unica forma di regime politico in cui l’individuo realizza pienamente la sua libertà, senza cadere nel libertinaggio o nella polverizzazione che, mentre snatura la società, sopprime anche l’individuo.

A chi subdolamente ha accusato Gentile di statolatria, cioè di voler divinizzare lo Stato, egli ha risposto magistralmente:

Contro l'accusa di statolatria.

E’ statolatria? E’ la religione dello spirito, che non sia precipitato nell'abietta cecità del materialismo. E’ la fiaccola agitata dal giovanile pugno fascista per accendere un vasto incendio spirituale in questa Italia che si è riscossa, ripeto, e combatte per la propria redenzione. Ma non si potrà redimere se non restaura nel suo interno le forze morali, non si abitua a concepire religiosamente tutta la vita, non si addestra nella semplicità virile del cittadino pronto sempre; senza esitanza, a servire l'ideale, a lavorare, a vivere ed a morire per la Patria, posta in cima ai suoi pensieri, veneranda, santa; e non ama la milizia e la scuola che fanno potenti i popoli, e il lavoro come fonte d'ogni prosperità nazionale e privata, palestra di volontà e di carattere.


Quì un approfondimento sullo Stato Etico:
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MessaggioInviato: Sab Set 13, 2008 5:21 pm    Oggetto:  
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Questo è un punto che occorre chiarire bene perchè è proprio su questo concetto che gli antifascisti (sopratutto di estrazione democristiana) battono per dire che il fascismo è stato di polizia che vuole schiacciare i singoli. Di coseguenza il dio dei fascisti è lo stato elevato ad assoluto.
In realtà questa accusa è semplicista poichè non non tiene conto di quale sia il concetto di stato e di libertà in Gentile.
Azitutto lascio parte alla risposta di Gentile:
<<Dottrina fascista dello Stato.
Dalla nostra mazziniana coscienza della santità della nazione, come realtà che si attua nello Stato, noi traiamo i motivi di quell'esaltazione che siamo soliti fare dello Stato. Esaltazione, che pare una nuova retorica agli scettici vecchio stile, che ci guardano, ammiccano, sorridono, tra lo scemo e il furbesco: e ripetono mormorando: statolatria! È la solita fissazione del liberalismo, che il Mazzini diceva individualistico e materialistico! Mi torna in questo momento al pensiero quel che diceva nel 1882 un valentuomo, che fu anche lui un liberale, ma un liberale di buona lega, uno di quelli che credevano davvero nella libertà, e l'amavano seriamente. Noi siamo a questo, diceva egli lamentando i disordini del parlamentarismo e le prepotenze dei radicali contro lo Stato da essi ridotto strumento dei loro capricci e delle volubili pretese delle folle o delle cricche; noi siamo a questo, che dello Stato in Italia s'è smarrito perfino il ricordo della sua etimologia. - Lo Stato, rispetto almeno all'arbitrio individuale, deve stare: deve reggere, come qualcosa di fermo, saldo, incrollabile. Legge e forza: legge che si faccia valere e non ceda ogni volta che al singolo non piaccia o non torni a favore di questa o quella categoria. E perché sia questa forza, deve essere potenza, interna ed esterna: capace di realizzare la propria volontà. Volontà razionale, o ragionevole, come tutte quelle che possono non rimanere allo stadio di semplice velleità, ma tradursi in atto e trionfare; ma volontà che non ne può ammettere altre che la limitino. Quindi, volontà sovrana, assoluta. La volontà legittima dei cittadini è quella che coincide con la volontà dello Stato che si organizza e si manifesta per mezzo dei suoi organi centrali. Rispetto alle relazioni esterne ed internazionali, la guerra, in ultima istanza, sperimenta e garantisce la sovranità dello Stato singolo nel sistema della storia, a cui tutti gli Stati concorrono. E lo Stato dimostra nella guerra la propria potenza, che è come dire la propria autonomia. >>

Gentile si difende egregiamente sottolineando che non è sua intenzione creare un nuovo culto ma stringere la società attorno ad una idea unificante.
Inoltre andrebbe tenuto in considerazione che, in Gentile, il termine stato equivale al termine comunità nazionale (termine di origine romantica coniato dal sociologo tedesco ferdinand toennis). Dunque in gentile lo stato è sinonimo di comunità e non di insieme di apparati burocratici ed istituzioni come lo intendiamo oggi.
Rguardo il concetto di libertà e di singolo individuo, Gentile attinge a piene mani da Aristotele: Gentile considera l'uomo un animale politico. I singoli individui, quindi, in quanto politici (nel senso greco del termine, appartengono ad una comunità. Non esistono individui che non appartengano a nessuna comunità (magari anche elementare). Esattamente come in artistotele gli uomini non sono nati solo ed esclusivamente per se stessi. Per tirare le somme, in Gentile non esistono individui fuori dalla comunità e quindi, tradotto nelle sue parole fuori dallo stato (inteso come comunità). ED E' ALLA LUCE DI QUESTA ANALISI CHE NOI DOBBIAMO INTERPRETARE LE PAROLE DI GENTILE!!!
Ogni individuo è inserito in una dimensione sociale chiamata stato(=comunità) e si tratta di una condizione natruale nel contesto della natura umana. L'individuo esercita la sua libertà all'interno della comunità e non contro la comunità! Essendo nella natura dell'uomo di essere un animale sociale, allora non può esistere nulla al di fuori della comunità.
Questo tratto della filosofia di Gentile è, comunque, ricorrente in tutta la storia dell'occidente (i filosofi classici ed alcuni medioevali).

Andrebbero spese due parolini anche sulla concezione "integrale" della realtà, concetto già mazziniano, che ritroviamo anche in Gentile: esso non si occupa tanto di "divisioni" ma di coerenza: con tale concetto si intende dire che le persone, nella moltitudine di parti che compongono la loro persona, tendono ad avere atteggiamenti simili in ognuna delle parti.
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Gio Set 18, 2008 2:53 pm    Oggetto:  
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5) ACCUSE ALLA FILOSOFIA GENTILIANA

Veniamo all’ultimo punto della sintesi che ho elaborato per Nico: le accuse rivolte all’attualismo di Gentile.

Nelle pagine conclusive della sua opera maggiore, il Sistema di logica, Gentile prende posizione contro alcuni tentativi polemici di determinare la natura della sua filosofia e lo fa in modo assai illuminante.

Benedetto Croce gli aveva obiettato che il suo attualismo era una “mistica”. Gentile rispose che della mistica l’attualismo mantiene il positivo, perché ritiene reale solo l’assoluto e giudica realtà vera solo Dio; ma, insieme, elimina il difetto del misticismo, perché non cancella le distinzioni, ma le ritiene necessarie non meno dell’identità.

Alcuni ritennero l’attualismo arido “panlogismo”, che risolve tutte le differenze nell’unità di un astratto pensiero. Ma – dice Gentile – pensare l’unità attraverso le differenze è proprio di tutte le filosofie: infatti, a “unizzare” cominciarono gli Eleati e tutti i filosofi proseguirono, in varia guisa, su questa strada.

In tal senso si può dire che <<ogni uomo, che lo sappia o no, è panlogista>>.

Altri hanno invece ritenuto l’attualismo un “panteismo”. Gentile respinge vivacemente questa qualifica, sostenendo che il panteismo concepisce Dio come natura, mentre l’Attualismo dice il contrario, ed è <<la critica perentoria di ogni panteismo>>. Ma, per la verità, qui Gentile intende panteismo nel ristretto senso spinoziano. Ma, se per panteismo si intende la negazione della trascendenza e la riduzione del mondo, sia pure in chiave dialettica, a Dio, allora Gentile è panteista, dato che egli afferma a chiare lettere che <<la cosa finita (e dunque il mondo) è sempre la realtà di Dio>>.

Altri hanno accusato l’Attualismo di essere una “filosofia teologizzante”. E Gentile risponde che accetta questa qualifica per quello che essa ha di vero. E quello che ha di vero viene riassunto come segue nel brano che chiude la sua opera maggiore:

<<Filosofia, dunque, teologizzante? E perché no? Soltanto che la teologia dei teologi non ha mai propriamente parlato di Dio, poiché i teologi non hanno mai conosciuto Dio, avendolo sempre presupposto, scambiandolo con la sua ombra. Che se teologizzante dovrà dirsi parlare comunque di Dio, non sarà poi gran male, considerato che Dio, più che il pensiero dei teologi, è anche e sopra tutto il pensiero costante di ogni uomo che non si trastulli con giuochi dell’intelligenza, ma viva seriamente la sua vita in cui è impegnato l’universo, e che gli fa sentire perciò il peso di una divina responsabilità. Del resto, che cosa contano i nomi, le etichette, le caratteristiche? L’importante è pensare: “il pensare è la virtù maggiore”, diceva Eraclito>>.

E qualche pagina prima, Gentile aveva scritto: <<Il pensare è vivere vita immortale>>.



Bibliografia:

“La Comunicazione filosofica” di Domenico Massaro – volume 3 “il pensiero contemporaneo”

“La filosofia dai greci al nostro tempo” di Emanuele Severino – volume 3 “la filosofia contemporanea”

“Pensiero Occidentale” di Dario Antiseri e Giovanni Reale

Vari scritti trovati sul web
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Giovanni




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MessaggioInviato: Lun Set 22, 2008 3:00 pm    Oggetto:  
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approfitto della vostra disponibilità per sottoporre un quesito: come può definirsi il rapporto tra Gentile e la religione cattolica?
Gentile il 9 febbraio 1943 ebbe a tenere un discorso (la mia religione) che voleva essere la propria "aperta professione di fede", tra l'altro non nuova perchè essa "era stata fatta, per lo meno, nel 1926". Ne riporto uno stralcio "Ripeto dunque la mia professione di fede, piaccia o non piaccia a chi mi sta a sentire: io sono cristiano. Sono cristiano perchè credo nella religione dello spirito. Ma voglio subito aggiungere, a scanso di equivoci: io sono cattolico. E non da oggi; sia anche questo ben chiaro. Cattolico, a rigore, sono dal giugno del 1875, ossia da quando sono al mondo".
Riconobbe i capisaldi della religione cattolica: Dio incarnato e crocifisso, Dio che si fa uomo, Cristo, la grazia e la libertà, la Chiesa, i dogmi, la disciplina dell'ordinamento gerarchico, il papa e la sua autorità.
Eppure, in Genesi e struttura della società mi imbatto in queste affermazioni che mi risultano oscure. "Non è la religione il principio di cui il domma dell'immortalità sia il corollario; ma è il bisogno di poter fare assegnamento sulla vita immortale che fa cercare la religione come il guanciale su cui possa posare il nostro capo stanco alla fine della giornata laboriosa". Indi Gentile passa a distinguere molto bene gli equivoci in cui cade la coscienza religiosa, specificando che l'immortalità "ora viene intesa come perpetuità nel tempo, ora come vera e propria eternità fuori dal tempo".

Mi sembra abbastanza chiara la critica alla prima illusione, definita come "quel perpetuarsi al di là del giorno della morte", non essendo l'immortalità il prolungamento indefinito della nostra esistenza, ma mi riescono meno chiare la seconda illusione (il pensare immortale l'anima personale) e la terza (l'ingenua fede in un altro mondo ove si possa vivere oltre la morte).

Potete chiarirmi il rapporto che corre tra queste distinzioni gentiliane e la posizione della dottrina della Chiesa cattolica?
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Lun Set 22, 2008 10:54 pm    Oggetto:  
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Secondo me è come ha scritto Stefano. La filosofia di Gentile ebbe diverse fasi, in cui in una prima fase è ravvisabile una certa diffidenza verso la Religione. Ma la maturazione definitiva del filosofo si attesta su uno Spiritualismo Cosciente, come riprova "La mia religione" del 1943.
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