avus3
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Inviato: Sab Gen 26, 2008 10:05 am Oggetto: Due secoli di Storia - Per capire l'Unità d'Italia Descrizione: |
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Secondo me Due secoli di storia
Dopo quanto dissi delle esperienze dei miei padre e nonno, sono stato invitato a riparlare di storia recente e esprimere meglio il pensiero, dando, se possibile, qualche ragguaglio in più.
Affronto così di nuovo una panoramica degli ultimi due secoli, di cui più di settanta anni di essi con me presente, curioso e osservatore, gli altri come li appresi in diretta dai miei, anche per quanto loro riportato dai miei bis e tris nonni paterni.
Infatti fra la mia esperienza, quella paterna, del nonno, degli avi, sono giunto a stabilire un punto di avvio certo della mia conoscenza intorno al 1800, grazie per l’appunto a me, ai ricordi di famiglia, e quelli che il nonno conobbe. Un bel traguardo. Analoga panoramica l’ho tentata con l’altra metà di me stesso, quella umbra e materna.
Questi due secoli li considero non asettici e non lontani, bensì un po’ cronaca, un po’ storia vicina, sentita, partecipata.
Infatti per i miei anni di “diretta” (consentitemi che ricordi qualcosa di concreto dai cinque-sei anni, prima sarebbe ridicolo) considero il periodo ancora aperto, quindi più cronaca che storia.
Per i precedenti che si aggiungono siamo però nella storia vera.
Non è poco sia riuscito a indietreggiare cognitivamente di tanto tempo, è stato difficile ma non impossibile, occorre ci siano un padre, madre, nonni di menti buone, disponibili a colloquiare, a fare marcia indietro nella vita, e figli e nipoti curiosi, armati di tanta pazienza.
Mio nonno paterno diceva risultargli che nella campagna napoleonica di Russia, alla quale aveva partecipato un suo nonno, forse bisnonno, sembra giovane volontario, era normale per le truppe del generale Kutuzov fucilare i prigionieri francesi, o chi per loro, o eliminarli lasciandoli all’addiaccio a trenta gradi sotto zero.
Quanto a far fuori i prigionieri anche i francesi non scherzavano, quindi entrambi si comportarono con la barbarie di sempre.
Mi parlò della ritirata e del rientro dei reparti, che si suddivisero per nazionalità poi, man mano che il rientro si concretava, per regioni, provincie, città. Pare che il mio tris o quater nonno sia rientrato ad Anagni accodandosi ad un gruppo di reduci campani, vivendo in questo ritorno di sotterfugi, ruberie, animali abbattuti, donne prese senza consenso. Insomma nessuna novità rispetto oggi.
E che dire della difesa di Roma, ai tempi di Mentana, vista dalla parte di Pio IX? Ci partecipò un mio bisnonno. Garibaldi veniva chiamato “Garibaldo”, “brigante”, e quando si pronunciava il suo nome non erano pochi quelli che si facevano il segno della croce, come fosse il demonio. Disse mio nonno che il governo pontificio, per Garibaldi, ebbe molte informazioni e soffiate, guarda caso, proprio dai sabaudi, che non vedevano bene la Repubblica romana di Mazzini, Garibaldi, Armellini, dei facinorosi in camicia rossa, anticipanti i partigiani di un secolo dopo. E poi i Francesi di Oudinot, con la loro arma segreta, il fucile a retrocarica Chassepot, che fece pensare avrebbe impedito le guerre future, pena la distruzione dell’umanità.
Accennava mio nonno che nella casa di Anagni girava, in tempi non arcaici, qualche cimelio di allora, un cappello garibaldino, una giacca pontificia, un copricapo dell’Armée, tutti spariti quando lui decise di trasferirsi nella Roma capitale del regno, non più della chiesa.
E il Papa Pio IX che emanò, primo fra gli altri, un’atto strano chiamato “Costituzione”, che in Anagni generò entusiasmo, pur se pochi sapevano si e no cosa fosse, coi preti per i quali era opera del diavolo, pur se fatta dal Papa.
Poi mio nonno parlava di un parente andato nel 1848 con le truppe pontificie ad aiutare Carlo Alberto nella guerra d’indipendenza, la prima, dalla quale avrebbe dovuto sorgere un regno del nord (di questo non se ne parla, eppure furono 17.000). E che dire della disperazione, sua e di molti, quando Roma fu tolta al Papa. Lui aveva meno di dieci anni ma l’evento fu così scioccante da ricordarlo tutto
I preti, furiosi, negavano sacramenti, matrimoni, funerali, a chi simpatizzasse per il re. Ci volle il Papa per far cessare ciò.
Poi il difficile avvio del nuovo regno, tasse strane e gabellieri odiosi, la coscrizione obbligatoria di due-tre, anche quattro anni, che toglieva braccia alle campagne; lo scatenamento anticlericale, col sequestro di conventi, monasteri, istituti, scuole religiose, e una miriade di suorine che rientrarono spaventate in un mondo considerato di Satana.
Mio nonno mi parlava ora in diretta, non più per cose riportate, sia pure di prima mano. Le nostre mire in Abissinia, come se ci fossero mancati i problemi in casa; Baratieri, Galliano, Massaia, altri, che causarono danni a non finire, con soldati nostri e indigeni uccisi, prigionieri, mutilati. Ad Adua ci morì un suo parente.
Poi sulla fine del 1800 si verificò lo scandalo della Banca Romana, da far impallidire gli odierni, che per il nuovo regno era pari al crollo di Wall Street di trenta anni dopo. Un mare di gente ci si rovinò. I miei ci rimisero un sacco di soldi. Il figlio del fondatore del Pastificio Pantanella, ove ci finirò con la sussistenza tedesca nel 1944, e poi lavorerò per 25 anni, cioè il signor Pantanella junior, rovinato dal crack, si suiciderà sparandosi un colpo in testa.
Infine una emigrazione selvaggia verso USA, Brasile, Argentina, Venezuela, sudamerica. Con la differenza, rispetto oggi, che noi, pur trattati a calci nel sedere, entravamo in paesi da popolamento, di tipo occidentale, anche se con maggioranze già presenti anglosassoni, irlandesi, iberiche, lusitane. Gli emigranti avevano l’odioso passaporto giallo, che consentiva la partenza ma escludeva il ritorno.
E la tassa sul macinato, che mio nonno ben conosceva gestendo un piccolo molino a pietra. Ricordava quando vennero i finanzieri e misero il contagiri alla macina. Questa tassa e altre cosette da miseria generarono la rivolta milanese per fame, risolta dal generale Bava Beccaris a cannonate. Da questa sommossa ne verrà il regicidio di Umberto I, ammazzato a Monza da Bresci, nonché l’arrivo di un nuovo re piccolino, rachitico, che era in viaggio di nozze con una moglie slava alta un paio di palmi più di lui (gli Aosta li chiameranno Curtatone e Montanara).
Mio nonno, già papalino, accettò i Savoia sia per legalità, sia perché l’altezza del re, mi pare m. 1,55 circa, era la stessa sua, quindi gli passerà ogni complesso di inferiorità e farà anche il militare, che col Papa non avrebbe fatto in quanto la coscrizione era volontaria e i limiti dell’altezza per l’arruolamento pontificio erano superiori.
A seguire, mentre l’emigrazione non rallentava, pensarono di rompere le scatole ai Turchi invadendo la Libia, allora veramente uno scatolone di sabbia. Seguiranno in loco venti anni di guerra e guerriglia perché potessimo controllarla decentemente.
Ci vollero il Duce e Balbo per pacificarla e modernizzarla, specie dopo che Graziani aveva fattociò a modo suo, alla militare.
Mio nonno mi parlava degli anarchici, che mi figuravo truculenti e incappucciati, oltre della mano nera, dei massoni, degli scontri fra repubblicani, socialisti, guardie regie
Qui il nonno smetteva e cominciava mio padre, il quale mi riparlava della Libia, ma la sua specialità era la guerra 15-18 e l’avvento del fascismo. Io non sapevo che nel 1914 eravamo alleati dei tedeschi e austriaci, e un anno dopo ci schiereremo contro di essi.
E poi la guerra, il piemontese generale Raffaele Cadorna, figlio del Cadorna della presa di Roma, e padre del Cadorna capo CLN 1945, getterà il nostro esercito in azioni sanguinose, che forse erano già strategicamente e tatticamente arretrate decenni prima, quando i prussiani vinsero la Francia.
Poi tutto crollò con Caporetto e Cadorna ne affibbiò la colpa ai fanti infidi, sempre pronto però ad assegnarsi i meriti delle cose andate a buon fine. Per fortuna il re, e il comando Alleato, ne decisero la sostituzione col napoletano Armando Diaz, il quale in seguito entrerà pure nel governo del Duce. Mio padre mi parlava, e mostrava foto, di monti che saltarono con mine sotterranee, della sua scuola sciatori, di quando una granata scoppiò nelle vicinanze, lui venne sbalzato in aria e cadendo si ruppe una gamba, più qualche costola.
Così finirà la sua guerra in quanto, dopo l’ospedale militare, verrà trasferito a Milano in una fabbrica di proiettili. Mi mostrava un grosso Roskoff ammaccato, diceva che una pietra dell’esplosione l’aveva colpito al petto e l’orologio l’aveva in parte protetto. Chiaro, fosse stata una scheggia l’avrebbe ammazzato. In sostituzione comperò un Eberarth che mi lascerà molti anni dopo.
Mi parlò di fucilazioni e decimazioni per soldati e reparti non entusiasti del farsi ammazzare nelle carneficine di Cadorna, poi di Trento, Trieste, Fiume, del difficile dopoguerra, con ufficiali offesi, bastonati; dello sciopero generale quando i “borghesi” si misero a spazzare strade e guidare tram, organizzati da un qualcosa chiamato Fascio. Infine il 1922, la marcia su Roma, gli scontri con vari morti avvenuti nel quartiere ove nacqui, San Lorenzo, che rimarrà un luogo di violenza più rossa che nera, caso forse unico a Roma.
Mi dirà di votazioni plebiscitarie, lista unica, un deputato socialista ammazzato non si sa da chi (si sapeva, si sapeva), della Carta del Lavoro, della pensione che avrebbe preso da vecchio (a sessanta anni) della bonifica Pontina e poi basta, il seguito è mio, ne ho trattato.
Ebbene, questi due secoli che ho nella mente come sono stati trattati nei libri di storia, specie dei figli e nipoti? Spesso con poche fredde righe, al massimo una-due paginette. Come possono gli studenti interessarsi a questi eventi vivi, ancora coinvolgenti, se sono poi esposti da far sbadigliare chiunque e dormire chi soffre di insonnia?
Si sono creati mostri sacri, Vittorio Emanuele Secondo e Terzo, Garibaldi, Cavour, la resistenza, i partigiani, l’antifascismo, ignorando gli eccidi di casa nostra e degli slavi, le vigliaccate subite nei vari dopoguerra sia dalle popolazioni del sud, dopo il 1860, sia dai reduci dopo il 1918, sia dai fascisti e pseudofascisti dopo il 1945.
Mai che si parli a fondo dei brigatisti supportati dai rossi, che li definirono “compagni che sbagliano” affermando “né con lo Stato, né contro lo Stato”. Mi dispiace ma la storia ufficiale è ben diversa da quella che ho in me, sia per esperienza, che per diretta acquisizione.
La stessa ricerca l’ho estesa ai nonni di Perugia, e anche quì ne è venuta una panoramica interessante, diversa però dalla romana.
Infatti non ho trovato più papalini, ma repubblicani accaniti, mazziniani, garibaldini, carbonari, camice rosse per i tempi andati, camice nere per quelli del Duce. Essi ricordavano, come fosse ieri, quando in un certo corso e in una certa porta di Perugia il sangue scorse a fiumi a seguito dell’attacco papale alla città ribelle.
La ricerca l’ho allargata anche ai parenti Perugini, compresi un paio di zii diretti e acquisiti che nel 1914, quando eravamo ancora alleati di austriaci e tedeschi, andarono volontari nella Legione garibaldina a difendere Parigi. Anche qui ho trovato estremismo da camice rosse e soprattutto nere, del fascismo duro, ruspante, da non discutere, che nella Marcia su Roma ebbe uno dei quartieri Generali nell’Hotel Baglioni in Corso Vannucci. E che dire delle squadre Umbre, nelle quali militarono pressoché tutti i miei sfegatati parenti?
Insomma in terra umbra trovavo solo estremisti in qualsiasi parte militassero o qualsiasi colore sfoggiassero. Caratteristica che poco è cambiata nel tempo, ancor oggi le loro amministrazioni comunali sono per lo più rosse che più rosse non si può.
A parte queste note su persone e zone, gli eventi da loro ricordati erano più o meno gli stessi evidenziati nel filone romano, solo che erano visti tutti dall’altra “parte”. Così oltre gli zii camice rosse in Francia ci sarà qualche garibaldino a Mentana e un altro, non ben definito come parentela, che andrà coi mille di Garibaldi. Il padre di mio nonno poi partecipò alla presa di Roma con le truppe di Cadorna.
Duce, so che anche tu eri uno storico attento, che interpretavi la storia passata e recente, ma quanto è stato applicato nelle scuole del dopo Gentile è obbrobrioso. Siamo al dileggio, soppressione di troppe cose, alterazioni, falsificazioni, coloriture ad arte, specie se si tratti della tua e nostra epoca. Di figure eccelse ce ne saranno pur state, in tutte le parti e in tutti i tempi, ma la tua linea innovativa, non convenzionale, resta unica Se accostamento con te possa esserci io lo vedo in certa misura con Napoleone il quale, grazie al trisnonno paterno, considero ancora figura non passata, come fosse di oggi.
Duce, il tuo ricordo e affermazione storica torneranno, io l’attendo. _________________ avus-framanc |
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