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Gli antifascisti che leccavano i piedi al Regime

 
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MessaggioInviato: Lun Apr 01, 2013 11:22 am    Oggetto:  Gli antifascisti che leccavano i piedi al Regime
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Il 24 settembre 1942, il settimanale “Roma Fascista” pubblica un articolo di Eugenio Scalfari: “Gli imperi moderni quali noi li concepiamo – scrive – sono basati sul cardine “razza”, escludendo pertanto l’estensione della cittadinanza da parte dello stato nucleo alle altre genti”.
Il 4 agosto 1942 “La Provincia Grande” pubblica a firma di Giorgio Bocca: “Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra. attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza infatti, sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere, in un tempo non lontano, essere lo schiavo degli ebrei?” [abbiamo già trattato sul forum il ributtante servilismo di questi due personaggi, e di come il primo venne espulso dal PNF per indegnità e non come dice lui perchè era diventato antifascista prima dell ' 8 settembre].

Erano entrambi giovanissimi, forgiati dalla propaganda del Ventennio, insieme al giovanissimo Giovanni Spadolini, privi della scelta che solo la libertà garantisce. Tuttavia, nessuno di loro fu costretto a scrivere sotto minaccia. La battuta più efficace la fece il generale americano Clark, comandante della V armata Usa in Italia, a cena con lo scrittore Curzio Malaparte, nel 1944 ufficiale di collegamento presso gli alleati e già penna del regime. “In Italia”, disse, ci sono “40 milioni di fascisti e 40 milioni di antifascisti”. Malaparte obiettò che 40 milioni erano gli italiani censiti, l’alto ufficiale spiegò: “Sì, esatto, perché ieri erano tutti fascisti, oggi sono tutti antifascisti”.

Leo Longanesi aggiungerà: “Gli italiani sono campioni nel salto sul carro del vincitore”.
Qualche anno fa, fu il pamphlet “Camerata dove sei?”, firmato “anonimo nero”, a raccogliere le biografie dei fascisti che si erano dissolti dalla sera al mattino, molti dei quali tornati a far politica nei partiti democratici. Altri casi si aggiungeranno negli anni con le ricerche, alcune davvero imbarazzanti, negli archivi.

Nel 1934, Giuseppe Bottai e Alessandro Pavolini, gerarchi col vezzo della cultura promuovono i “Littoriali della Cultura”, una sorta di olimpiadi per i giovani più promettenti dei Guf (Gruppi Universitari Fascisti). Ebbene, nell’elenco dei vincitori figurano Pietro Ingrao, Jader Iacobelli, Aldo Moro, Sandro Paternostro, Giaime Pintor, Vasco Pretolini, Luigi Preti, Giuliano Vassalli, Paolo Emilio Taviani, Paolo Sylos Labini, Alfonso Gatto, Mario Ferrari Aggradi, Luigi Firpo, Luigi Gui, Renato Guttuso, Luigi Comencini, Carlo Bo, Walter Binni, Mario Alicata, Michelangelo Antonioni. Molti passeranno all’antifascismo militante, senza scandalo per la parentesi giovanile.

Ingrao, il primo presidente della Camera del Pci, compare nell’Antologia di poeti fascisti del 1935, per aver vinto il premio “Poeti del Tempo di Mussolini”. Alessandro Natta, successore di Berlinguer a capo di Botteghe Oscure, ha ammesso che quando studiava alla Normale di Pisa era iscritto ai Guf. Come, a Napoli, l’ex presidente della Camera ed ex ministro dell’Interno, già europarlamentare ds, attuale presidente della repubblica Giorgio Napolitano.

Il caso di Giame Pintor, il raffinato intellettuale, fratello del fondatore del Manifesto Luigi, è stato portato alla ribalta un anno fa da un documentatissimo libro di Mirella Serri che ne ha ricostruito la partecipazione a un congresso giovanile nella Germania nazista. Nel 1940 Alessandro Galante Garrone, giovane giudice del Tribunale di Torino, elaborava un commento a una sentenza nella quale indicava i requisiti per essere ascritto alla razza ebraica. Sarà poi partigiano. Alberto Moravia nel 1941 scriveva al Duce, cui Norberto Bobbio – come rilevato da Pietrangelo Buttafuoco – chiese aiuto per una cattedra universitaria.
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MessaggioInviato: Lun Apr 01, 2013 11:32 am    Oggetto:  
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«Caro Duce, ti scrivo». Il lato servile degli antifascisti durante il Ventennio

Li fanno studiare a scuola e li incensano come i maître à penser della nazione, ma un saggio ne svela le ossequiose lettere ai tempi del Duce. E rivela un particolare inedito su “Il conformista” di Moravia

Ennio Flaiano poté ben dire che in Italia imperano due tipi di fascismo, il fascismo e l’antifascismo, per il semplice motivo che da noi è tutto un concentrato di “ex”. Gli “anti” compresi. Il passato fascista di mille antifascisti nostrani, soprattutto quelli di fama e qualità, riemerge spesso in questo nostro paese delle nebbie. Ma il grande pregio del nuovo libro di Roberto Festorazzi, «Caro Duce, ti scrivo». Il lato servile degli antifascisti durante il Ventennio (Ares, Milano 2012), non è tanto quello di tornare a stuzzicare uno dei casi freddi più clamorosi dell’intera indagine politico-culturale italiana, quanto quello di farne percepire efficacemente al lettore la “massa d’urto”.

Gli esempi di antifascisti doc dal passato scottante sono decine. E sono tutti nomi blasonati, persino adoperati come abbecedario in uno dei by-product più angoscianti del sontuoso castello di falsità su cui si regge buona parte della repubblica italiana: la scuola di Stato.

In questo paese di olimpionici del trasformismo è facile ripensare ai banchi del biennio delle superiori. Chi di noi è passato indenne da Gli indifferenti di Alberto Moravia o da Uomini e no di Elio Vittorini? Perché – ecco il punto – cosa c’è da imparare da quel Moravia che sguazzava nel fascismo come un topo nel formaggio? Quel Moravia che da giovane voltò le spalle ai propri cugini, i Rosselli, i due fratelli socialisti che l’antifascismo ha glorificato quali “martiri” della libertà, i quali finirono morti ammazzati da mano sicaria nel 1937 nella Parigi dove vivevano l’esilio? Gli assassini dei Rosselli erano estremisti del fascismo francese, ma Moravia lasciò volentieri che, pur avendo egli stesso sangue ebreo nelle vene, un suo racconto venisse tradotto, nel 1941, sulle pagine del settimanale Je suis partout, irrimediabilmente divenuto un organo antisemita del collaborazionismo più smaccato nella Francia occupata dai nazisti. Ma di più.

Pubblicando il racconto Il conformista nel 1951, cioè in tempi in cui non era nemmeno tanto di moda leccare il fascio, Moravia rincarò la dose, assumendo sulla vicenda Rosselli (è una scoperta nuova che si deve a Festorazzi) il punto di vista di tale Giacomo Antonini, confidente della polizia politica all’epoca del delitto nonché amico dello scrittore.

Il mio amico Mussolini
Né ha molto da insegnare pure Vittorini, «intellettuale impegnato, organico al fascismo» – scrive Festorazzi –, che «ancora nell’autunno del 1942, […] partecipa, con Giaime Pintor e altri, al convegno di Weimar degli scrittori europei, organizzato sotto l’egida del ministro della Propaganda di Hitler, Joseph Goebbels». Su pagine di regime aveva del resto esordito 23enne il 16 dicembre 1931, regalando stralci della sua opera prima, Piccola borghesia, a Il Tevere, quotidiano voluto e finanziato da Benito Mussolini in persona che, nelle mani di Telesio Interlandi, diventerà presto l’«inesorabile martellatore della nuova coscienza “razziale”».

«Caro Duce, ti scrivo» sembra l’elenco del telefono. Tra decine e decine di futuri antifascisti sdraiati come zerbini ai piedi del Duce, la lista annovera pure «i salamelecchi di Arturo Labriola, l’inconfessabile amicizia di Pietro Nenni con Mussolini», un insospettabile Luigi Einaudi che chiede venia al capo del fascismo per certe mattane antifasciste dei figli e, ovvio, Norberto Bobbio. L’8 luglio 1935 scrisse al capo del fascismo per chiedere «che venisse annullata un’ammonizione a suo carico dopo l’arresto subìto nello stesso anno, e la condanna al carcere per 15 giorni, con la motivazione di appartenenza al movimento antifascista di Giustizia e libertà».
Perfino Luchino Visconti, il famosissimo regista, "da sempre vicino al PCI" in realtà all'epoca era molto meno vicino di quel che dicano le sue biografie: uno che di salti della quaglia se ne intendeva, Curzio Malaparte, lo definì "un altro antifascista fuori tempo massimo".

Vietato domandare
Famosissimi poi l’Eugenio Scalfari prode fascista in gioventù; il Dario Fo già repubblichino di Salò; l’Enzo Biagi ex giovane italiano del littorio; e quel Giorgio Bocca che nel 1975 definì le Brigate Rosse una fiaba inventata dalla polizia per controllare gli italiani, ma che prima, il 4 agosto 1942, su La Provincia Grande, aveva firmato un articolo in cui addossava le colpe dello scoppio della Seconda guerra mondiale al “complotto ebraico”.
Ovvio: molti di coloro che si appiattirono al fascismo tenevano famiglia, ma ciò li allontana mille miglia dai Sacharov e dai Solzenicyn (e comunque una dignità maggiore non avrebbe certo guastato). Poi però ci sono gli altri, quelli che dall’infatuazione per la dittatura nera sono passati all’amore per i liberticidi rossi e al “divieto di fare domande”. Perfetti yes men del pensiero unico, di qualsiasi colore sia. Tristissimo dunque farne dei monumenti nazionali.
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MessaggioInviato: Lun Apr 01, 2013 11:52 am    Oggetto:  
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ALICATA Mario

politico comunista- Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai -Partecipò, quale rappresentante di Roma, ai Littoriali del 1938 e li vinse

ARGAN Giulio Carlo

politico – sindaco comunista di Roma – Collaboratore di Bottai -Ministro Educazione….Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai ..Iscritto al PNF…segretario di redaz. della rivista fascista Le Arti….. a sfogliare l’indice di “Primato Fascista” ci si imbatte nel nome di Giulio Carlo Argan…

AZARA Antonio

Senat.DC.,Min. Giustizia (1953),Procurat. Gener. e 1° Presid. Corte Cassazione, Fa parte del Comitato Scientifico della rivista Il Diritto Razzista.

AZZARITI Gaetano

Presidente del Tribunale della Razza dal 1938 al 1943, viene nominato, nel 1946, da Togliatti capo dell’Ufficio legislativo del Ministero di Grazia e Giustizia .

BABEL Isaak

scrittore sovietico, cantore dell’Armata Rossa,scrive nel 1932, visitando l’Italia:”…Il cambiamento era enorme, le ferrovie migliori d’Europa, la miseria era diminuita…c’erano i nostri ingegneri giunti per imparare ….in genere si può dire che al mondo oggi non c’è governo migliore di quello italiano.”

BARGELLINI Piero

Senatore DC- sostiene l’uso del “voi” in Antieuropa, nov-dicemb. 1939 – Direttore fino al ‘42 della rivista Frontespizio ,dove scrive “….Uomini come Mussolini non hanno nulla da chiedere ai Cesari, anche nel fisico, anche nelle parole, anche nei gesti.”

BARTOLI Domenico

Notissimo giornalista anti-fascista, grande estimatore (e grande protetto) di Ugo La Malfa, ha elaborato la teoria seconda la quale chi si schierò con la RSI non dovrebbe avere la cittadinanza italiana.
Durante il Ventennio fu uno zelantissimo apologeta del Fascismo, tanto che nel 1935 scrisse sulla rivista “Saggiatore”: “E’ evidente che per il nostro lavoro abbiamo un punto fermo: il nucleo centrale della dottrina fascista, così come lo ha precisato Mussolini”. Precedentemente, nel 1933, aveva pubblicato il libro “Il volontarismo delle Camicie Nere”, nel quale aveva scritto: “La Rivoluzione delle Camicie Nere che segna la rinascita di tutta la vita italiana, mentre da un canto ha impresso alla Nazione un nuovo slancio verso il futuro, l’ha d’altra parte ricollegata alle sue tradizioni più alte.”.

BENTIVEGNA Rosario

Il terrorista di via Rasella, inflessibile partigiano comunista dei GAP, addirittura premiato per le sue "eroiche" imprese con una medaglia d'argento e una di bronzo, e poi "biglietto da visita permanente" della propaganda comunista del PCI e dell'ANPI, era stato fino al 1943 regolarmente iscritto al GUF. Addirittura nel 1941 era stato tra i più esagitati promotori alla manifestazione nazionale dei GUF per l’abolizione della norma che consentiva agli studenti in regola con gli esami di ritardare la chiamata militare.

BIAGI Enzo

Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai – Partecipa ai Littoriali del 1935. Continuerà a scrivere su giornali fascisti di Bologna anche nella RSI.

BILENCHI Romano

Comunista, scrittore – Collabora alla stampa fascista, è mussoliniano… autore di Fascismo e Bolscevismo scrivel’articolo I nemici della Rivoluzione su Critica Fascista, 1-11-36- Romano Bilenchi più tardi approdato al comunismo ricordò a Togliatti :” Ma io sono stato fascista” e quello di rimando gli rispose: “Tutti siamo stati fascisti”…

BINNI Walter

Deputato socialista Costituente- Partecipa, si classifica Littoriali,nel ‘39 collabora a Civiltà Fascista, fino al ‘42 scrive su “Primato Fascista”,aderisce alla campagna del PNF contro il “lei” Partecipa, e vince ai Littoriali, ,quale rappresentante dei GUF (Gruppi universitari fascisti)

BOCCA Giorgio

crittore giornalista-”.. addetto al CINEGUF di Cuneo” Fra gli scritti che sostennero la propaganda razzista in Italia,la Mostra elenca quelli di Giorgio Bocca, Scrive , nel 1942,sul giornale della Federazione fascista di Cuneo .”…sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, come ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di portarla in stato di schiavitù” in La Provincia Granda, 4 Agosto 1942 – Giorgio Bocca, scrive : “Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere, in un tempo non lontano, essere lo schiavo degli ebrei?” Giorgio Bocca a 18 anni ottiene la tessera del PNF (Partito nazionale fascista), sottoscrive il Manifesto in difesa della razza italiana, fortemente voluto da Benito Mussolini per compiacere l’alleato tedesco. Ancora ad agosto del 1942, giovane giornalista fascista, scrive un notabile articolo in cui imputa il disastro della Guerra alla congiura ebraica. Il 5 gennaio 1943 denuncia alla polizia fascista l’industriale Paolo Berardi che, in un treno, ha l’infelice idea di dire ad alcuni reduci dal fronte russo e dalla Francia “che la guerra è ormai perduta”. Dopo l’8 settembre 1943 passa alla Resistenza.

BOLDRINI Arrigo

Presidente dell’ANPI, comunista, capo della 28a Brigata Garibaldi (“Bulow”)…ex- giovane fascista che insieme ai concittadini D’Alema Giuseppe [padre dell'attuale oligarca della repubblica pseudo-italiana] e Zaccagnini Benigno [noto leader DC] cambiò la camicia per apparire vergine. Arrigo Boldrini nel 1939 sottocapo manipolo della MVSN … Il 29-4-45, a Codevigo (RA) arrivò con la sua brigata su camion americani. Il giorno dopo sulle acque del Brenta affiorarono i primi cadaveri. Pochi giorni prima alcuni militi della GNR si erano consegnati prigionieri. Depredati furono uccisi a bruciapelo. In 19 giorni furono uccise 120 persone. Terminato il “lavoro” la 28a brigata tentò di annientare la 14a Compagnia partigiana perchè non comunista. A fianco di Boldrini operarono Benigno Zaccagnini, Giuseppe D’Alema, morto a novembre 1994 padre di Massimo, segretario del PDS.. … C’eravamo tutti in piazza od incollati alla radio il 10 giugno del ’40,…. In quella folla urlante c’era Arrigo Boldrini , volontario nelle Camicie Nere, quindi Capomanipolo della Milizia, scampato all’invio sul fronte libico del suo battaglione”romagna” per una malattia che lo costrinse a letto in ospedale e poi famoso comandante partigiano “Bulow”.

BUFALINI PAOLO

Dirigente del PCI, per molti anni senatore, aveva pubblicato su “Roma fascista” del 22.2.1936 un bell’articolo dedicato alla libertà di stampa, nel quale spiegava che il Fascismo è un impegno di vita e che solo il Fascismo poteva stabilire che cosa fosse la libertà di stampa e quindi quali ne fossero i limiti.

CARETTONI Tullia

Deputata comunista e V. Pres.Senato, – Dirigente GUF di Roma , collabora a Roma Fascista fino al ‘43.

CARLI Guido

Governatore Banca d’Italia, Presidente Confeder. Industriali- Collabora a Critica Fascista e Civiltà Fascista

COMISSO Giovanni

Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai, chiedeva 1000 lire per articolo… ..Aderisce alla RSI

DEL BOCA Angelo

Il futuro storico antifascista Angelo Del Boca aderisce alla R.S.I. convinto sia “la repubblica ideale”, inquadrato come ufficiale nella Monterosa partecipa allo sfondamento in Garfagnana e viene proposto per la “croce di ferro” germanica. Negli ultimi mesi di guerra passa nelle file partigiane.

DUVERGER Maurice

Candidato comunista alle elezioni europee- Durante la guerra si schierò con i nazisti , scrisse l’elogio di Petain e del fascismo.

FO Dario

attore-Militò nella R.S.I. fu volontario nella RSI nel battaglione «A. Mazzarini» della Gnr e partecipò, assieme ad E.M.Salerno, alla riconquista del caposaldo di Cannobbio, nell’Ossola, nell’ottobre 19444 – Lo storico Gremmo ha ripescato un documento fotografico: Dario Fo con l’uniforme fascista da repubblicano sociale, nonché un disegno dello stesso Fo in cui il Nobel ritraeva le “anime” dei partigiani uccisi. “fu volontario nella RSI nel battaglione «A. Mazzarini» della Gnr (Cool

GORRESIO Vittorio

Vittorio Gorresio si estasiava dinnanzi alla Hitlerjugend, sottolineando che “così pregano gli ariani piccoli, ora che, dissipato il fumo del rogo ove furon arsi i venticinquemila volumi infetti di semitismo, l’atmosfera tedesca è più limpida e chiara”. –Nel 1936 scriveva sulla Stampa “Ringrazio Dio perché ci ha fatto nascere italiani ed è con gli occhi lucidi che si sente nell’animo la gratitudine del Duce”

GUERRIERO Augusto

Alias Ricciardetto- scrive articoli fascisti dal 1942 al 43 su Il Corriere della Sera, scrive il libro fascista Guerra e Dopoguerra- Bonpiani -1943.

GUTTUSO Renato

Artista pittore – Vince ,quale rappresentante dei GUF (Gruppi universitari fascisti) i Littoriali.- Il 5-2-40 scriveva a Bottai : ” Eccellenza vi ringrazio dell’onore fattomi con l’invito a collaborare alla nuova rivista…Vi ripeto la mia gratitudine ed il mio entusiasmo a collaborare in “PRIMATO FASCISTA”” … a sfogliare l’indice di “Primato Fascista” ci si imbatte nel nome di Renato Guttuso che plaudiva alla “Mostra degli Squadristi”… (Gianni Granzotto , Il Giornale, 1-6-1997, pag.1e 10)—Partecipò, quale rappresentante di Palermo, ai Littoriali del 1937 (Enrico Nistri-Anni Trenta-Ed Loggia dei Lanzi, Firenze,1995, pag 139 e ss, e Silvio Bertoldi -LA CHIAMAVAMO PATRIA -Rizzoli 1989,pag.116) …aderisce alla battaglia contro l’uso del “lei” ( Gianni Granzotto , Il Giornale, 1-6-1997, pag.1e 10) –Si classifica al 2° posto ai Littoriali di Napoli, lavora con Bottai – Fonda nel 1938 una rivista fascista CORRENTE DI VITA GIOVANILE con Lattuada– (vedi foto in divisa GUF su Il Borghese 16-4-1972- ) (Nino Tripodi –Italia fascista- in piedi- ed.Borghese 1972) Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai (Storia Illustrata, gennaio 1980, pag.60)

INGRAO Pietro

politico Comunista, segretario PCI – Littore di poesia.. Il secondo premio di poesia ai littoriali della cultura dell’anno XIII° và ad un ventenne del GUF di Roma, Pietro Ingrao,per la poesia STAGIONE, il testo viene pubblicato dal giornale di Telesio Interlandi “Quadrivio” il 28 aprile 1935– Partecipa ai Littoriali del 1935 con il GUF di Littoria, in qualità di fiduciario del GUF di Formia . Il 16-9- 1934 vince, ai bagni di Lucca, il premio di G. Ciano “I poeti del tempo di Mussolini” Risulta 10°, dopo Liugi Longo , al Convegno di Organizzazione Politica del PNF , del 1935 .

IOTTI Leonilde

politico comunista – Presid. Camera-iscritta al PNF dall’ottobre 1941 e negli anni della guerra civile, insegnò presso l’ Ist. Tecnico Agrario di Reggio Emilia, partecipò in divisa fascista alle riunioni del regime(-foto e documenti a pag.63 di-Mario Tedeschi-COMPAGNO DOVE SEI?-suppl. al BORGHESE del 2-7-92-n°27)
La compagna Leonilde Iotti, detta Nilde, prima di essere l’amica del “migliore”, al secolo Palmiro Togliatti già segretario del P.C.I. e in seguito Presidente della Camera, era nel 1942 una Giovane Italiana della G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) che, come tante altre, passò in quell’anno al P.N.F. (Partito Nazionale Fascista) presso il Gruppo Rionale Fascista “A. Maramotti” di Reggio Emilia con la tessera n.1105040 come risulta dal certificato rilasciato il 20 marzo del 1943 il XXI dell’Era Fascista.
(dal n. 206 Dicembre 2000 del periodico indipendente “Nuovo Fronte” ) Leonilde Jotti, più nota come moglie del “Migliore”, ovvero il capo comunista italiano Palmiro Togliatti, fu iscritta al Partito Nazionale Fascista fin dall’Ottobre del 1941, come lei stessa dovette ammettere per iscritto in una dichiarazione del 26 Luglio del 1945. In questo documento, recentemente ritrovato dallo storico Roberto Gremmo, la Jotti dichiarava sotto giuramento la propria adesione al P.N.F., in quanto si trattava di essere assunti in qualità di insegnanti presso l’Istituto tecnico “A.Secchi” di Reggio Emilia; all’epoca della sua adesione la futura comunista aveva ventuno anni, quindi un’età perfettamente matura per esprimere consapevoli scelte politiche, scelte che presto però cambiarono forse per ulteriori riflessioni ideologiche. Esiste oltre al documento ritrovato anche una fotografia che ritrae la stessa Jotti in camicia nera in mezzo a molti gerarchi dell’epoca.

LAJOLO Davide

scrittore comunista – autore del libro sulla guerra di Spagna a cui partecipò come volontario “Bocche di donne, bocche di fucile”…Il 25 luglio 1943 era Vice federale di Ancona, dopo 3 mesi comandante partigiano comunista in Piemonte….durante la RSI verrà invitato,ad aprile 44, da Ezio M. Gray quale condirettore de La Stampa. Risponderà di no con telegramma .C’eravamo tutti in piazza od incollati alla radio il 10 giugno del ’40,…. in quella folla urlante c’era Davide Lajolo, volontario nelle Camicie Nere della guerra d’Abissinia ed in quella di Spagna, , apologeta del Duce “Principe di giovinezza” ed anche lui , solo qualche mese dopo il capitombolo del duce , Commissario politico delle Brigate Garibaldi .

LIZZANI CARLO

Regista e sceneggitore, si devono al suo “genio” i più noti film di contenuto propagandistico anti-fascista degli anni ’50, ’60 e ’70: da “Achtung, banditi!” a “Cronache di poveri amanti”, da “Il processo di Verona” a “Mussolini ultimo atto”. Durante la guerra aveva collaborato con “Roma fascista”, scrivendo tra l’altro del suo “modo di vita tutto informato a concetti unitari e ad intransigenza fascista”. In particolare si era distinto recensendo così il kolossal nazista di propaganda razzista intitolato “L’ebreo Suss”: “Possiamo definire… L’ebreo Suss come un film ottimamente riuscito”.

LONGHI Roberto

politico comunista – Consigliere di Bottai ( Ministro dell’educazione nazionale)

LONGO Luigi

Negli anni ’30 dirigeva a Pisa il giornale del GUF, Risulta 9°, prima di Ingrao , al Convegno di Organizzazione Politica del PNF , del 1935 Partecipa ai Littoriali . 62 dirigenti comunisti, fra cui Togliatti , Longo, Di Vittorio e Leo Valiani, firmano il manifesto del PCI, nel 1936 che dichiara “Noi comunisti facciamo nostro il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori”

MILANI MILENA

Scrittrice femminista di sinistra, è divenuta famosa con il romanzo “La ragazza di nome Giulio”, in favore del quale è insorta tutta l’intellighenzia progressista (Ungaretti in testa) allorchè il libro le ha creato qualche problema giudiziario per talune descrizioni ritenute contrarie al senso del pudore.
Ma prima del ’43 non si dedicava alla letteratura erotica: preferiva partecipare, vincendo, ai Convegni di composizione poetica indetti dal Fascismo. Ecco un esempio delle sue creazioni:
Combatterò – per superare tutte le prove – per conquistare tutti i primati – con il vigore sui campi agonali
conil sapere negli arenghi scientifici. – Combatterò – per vincere nel nome di Roma – così combatterò come il Duce comanda. – Lo giuro!

MONELLI Paolo

Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai (Storia Illustrata, gennaio 1980, pag.60)
“(Gli ebrei) appaiono tutti uguale, come i cinesi, come i negri, come i cavalli, adeguati agli incroci consanguinei, dall’eguale vita, dagli uguali squallidi orizzonti. Non si capisce la ragione di questo darsi d’attorno per tutta la giornata, di questo affaccendarsi senza tregua. Sono miserabili, tengono stretti i loro quattrinelli nella pezzuola o nel pugno. Sono un inesausto serbatoio, questi ghetti polacchi. Ogni anno di ebrei ne emigrano a decine di migliaia, invadono il mondo, eppure son sempre più numerosi. Sono oggi quattro milioni, prolifici e straordinariamente resistenti nonostante le miserabili condizioni di vita.La Polonia paga oggi il filo di una politica troppo accogliente per secoli.” Corriere della Sera, 11 Giugno 1939 – Paolo Monelli.

MORANINO Franco

C’eravamo tutti in piazza od incollati alla radio il 10 giugno del ’40,…. in quella folla urlante c’era Franco Moranino, tenente della GIL che insegnava ai suoi balilla e avanguardisti che “Mussolini ha sempre ragione” e poi massacratore di “fascisti”…(Carlo Mazzantini- L’ultimo repubblichino- Marsilio ed. aprile 2005)

ORLANDO Ruggero

alla fine degli Anni Trenta, auspicava “l’assoluta solidarietà fra il regime fascista e il Reich nazionalsocialista”, affermando che l’Italia “assolutamente non può non sposare, pere ragioni di giustizia sociale e di difesa civile, le rivendicazioni della Germania di Hitler”.

OSELLA Giuseppe

Industriale della lana,partigiano fucilato per rappresaglia il 22-12-43, a Borgosesia(NO),dalle CCNN della GNR, dette il nome alla Brigata Partigiana. Era stato squadrista, marcia su Roma,era Podestà di Varallo Sesia fino al 25 luglio 1943.(C. Mazzantini-I balilla andarono a Salò-ed.Marsilio,Venezia1995, pag.15)

PASOLINI Pier Paolo

Scriveva su ARCHITRAVE , periodico dei GUF -( Il Borghese 16-4-1972- Nino Tripodi –Italia fascista- in piedi- ed.Borghese 1972) “Folle, Gerarchi e Mussolini erano infinitamente migliori delle cose di oggi” (in Nuovo Fronte . Anno 35- giugno 2005, pag .14)

PAVESE Cesare

Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai (Storia Illustrata, gennaio 1980, pag.60)- Pavese è autore di un paio di lettere di sottomisione al Duce e simpatizzò per la RSI(Gianni Granzotto , Il Giornale, 1-6-1997, pag.1e 10) “Cesare Pavese era fascista. Vasco Pratolini era fascista. Montanelli, Bocca e Biagi hanno tutti portato la camicia nera, e non ne parlano mai. Io li chiamo gli extraterrestri. “( Bettino Craxi , ultima intervista a Marco Dolcetti , rip. La Stampa 28-7-2002) Aderirono alla RSI nomi prestigiosi fra cui probabilmente addirittura anche Cesare Pavese. ( da Difesa di Giorgio Albertazzi di Francesco Pallia)

PINTOR Giaime

scrittore – Vince ,quale rappresentante dei GUF (Gruppi universitari fascisti) i Littoriali.- Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai (Storia Illustrata, gennaio 1980, pag.60)Numerosi giovani che emergono ai Littoriali sarebbero poi passati al comunismo militante… Pintor (Silvio Bertoldi -LA CHIAMAVAMO PATRIA -Rizzoli 1989,pag.116) …Pintor partecipa al Convegno Scrittori Europei a Weimar, nell’ottobre 1942. (Carlo Mazzantini- I balilla andarono a Salò-ed.Marsilio, 1995, pag.11) … a sfogliare l’indice di “Primato Fascista” ci si imbatte nel nome di Giaime Pintor , che recensiva positivamente Ernst Junger.. (Gianni Granzotto , Il Giornale, 1-6-1997, pag.1e 10)

PIOVENE Guido

Il 8-1-40 scriveva a Bottai, Ministro: “Sono veramente orgoglioso che la mia collaborazione possa essere utile alla rivista “PRIMATO FASCISTA”” Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” del ministro Bottai (Storia Illustrata, gennaio 1980, pag.60) CORRIERE DELLA SERA, 1 NOVEMBRE 1938 – GUIDO PIOVENE:
“Recensione del libro di Telesio Interlandi (Fondatore e direttore “Difesa della Razza”) “Contra Judeos”:
“Si deve sentire d’istinto, e quasi per l’odore, quello che v’è di giudaico nella cultura.Gli ebrei possono essere solo nemici e sopraffattori della nazione che li ospita. Di sangue diverso e coscienti dei loro vincoli, non possono che collegarsi contro la razza ariana. L’enorme numero di posizioni eminenti occupate in Italia dagli ebrei è il risultato di una tenace battaglia”.

RISI Dino

regista – DINO RISI dichiara:”Siamo diventati tutti antifascisti quando abbiamo cominciato a perdere la guerra,. Mio padre è stato un grandre amico di Mussolini, era il medico di Mussolini….” ( L.Tornabuoni su LA STAMPA, 31/10/94, pag.14)

ROSAI Ottone

pittore, fu squadrista passato poi alla Resistenza (S. Bertoldi- Camicia Nera-Rizzoli ed., Milano 1994,p.101) fascista, sostiene l’uso del “voi” in Antieuropa, nov-dicemb. 1939 (Enrico Nistri-Anni Trenta-Ed Loggia dei Lanzi, Firenze,1995, pag.131) fece dichiarazioni di elogio al Duce ed al Fascismo in L’Italia settimanale , n°23 – anno III- 15 –6-1994.

ROSSELLINI Roberto

regista – segnalato dalle Commissioni di epurazione , fra i “registi che hanno contribuito maggiormente a diffondere e convalidare le ideologie nazifasciste”(C.Quarantotto-Gli anni 40-,n°56,pag.1330,CiarrapicoEd.)

SALCE Luciano

regista di sinistra – Luciano Salce ha spiegato la necessità di “razzialmente, epurare i popoli da elementi allogeni e disintegratori del valore di razza, per formare gruppi etnici e compatti”, in una monohgrafia presentata al Convegno dei GUF del 1941 (tre anni dopo le leggi razziali). A Coltano ..affluirono ben 35mila prigionieri di guerra delle unità della Rsi, e di un numero imprecisato di civili, rei di essere fascisti e collaborazionisti. Fra cui il regista Luciano Salce,….( Memoria negata- Area novembre 2001)

SALERNO Enrico Maria

attore – Allievo Ufficiale della Scuola GNR di Varese- partecipò, assieme a Dario Fo, alla riconquista del caposaldo di Cannobbio, nell’Ossola, nell’ottobre 1944 (Teresio Valsesia, La Stampa, 18-3-97,pag.41).

SCALFARI Eugenio

Scalfari su Roma Fascista, nel 1942 (quattro anni dopo le leggi razziali) sparava a zero su tutti coloro che non condividevano “il nostro nazionalismo” e la “guerra-rivoluzione”. – fece dichiarazioni di elogio al Duce ed al Fascismo in L’Italia settimanale , n°23 – anno III- 15 –6-1994 ROMA FASCISTA (settimanale), 24 SETTEMBRE 1942 – EUGENIO SCALFARI: “Gli imperi moderni quali noi li concepiamo sono basati sul cardine “razza”, escludendo pertanto l’estensione della cittadinanza da parte dello stato nucleo alle altre genti”… “la razza può considerarsi come un termine intermedio tra l’individuo e la specie, cioè fra due termini opposti, intendendo la specie, nel suo significato biologico, come la somma di tutti gli individui capaci di dare fra loro incroci fecondi”. – Solo nel 1942, precisamente il 24 settembre, il settimanale “Roma fascista” pubblicava un articolo sulla “razza” di un giornalista che poi, nell’Italia liberata, si sarebbe imposto per brillantezza e passione democratica come Eugenio Scalfari. ( da Difesa di Giorgio Albertazzi di Francesco Pallia)

SERENI Vittorio

scrittore poeta – Collaboratore della rivista “PRIMATO FASCISTA” di Bottai…. Numerosi giovani che emergono ai Littoriali sarebbero poi passati al comunismo militante: poeta Vittorio Sereni,che era stato adirittura alla scuola di Mistica Fascista- (Silvio Bertoldi -LA CHIAMAVAMO PATRIA -Rizzoli 1989,pag.116)

SILONE Ignazio

Ignazio Silone, scrittore …….informatore della polizia fascista quando era un alto dirigente comunista, (Dario Biocca e Mauro Canali, L’informatore: Silone, i comunisti e la polizia (Luni).-Panorama (28/04/2000) Trenta note informative tra il 1919 ed il 1930 testimoniano la non episodica collaborazione di Silone con la polizia fascista, nei documenti figurano i nomi di Gramsci, , Terracini e Tasca( “Silone spia dell’Ovra: ecco le prove”-articolo di Marco Ventura su IL GIORNALE 17-6-2000-con foto delle note informative e documentazione) …con lo pseudonimo di Silvestri , inviava le relazioni all’OVRA dall’interno del PCI, dal 1919 al 1930 …( Silone, una spia al di sopra di ogni sospetto, Corriere della sera 1-5-98, pag.27)

SOFFICI Ardengo

scrittore – firmò il manifesto Gentile di sostegno al PNF,a Bologna il 30/3/1925… esaltarono Mussolini i letterati Soffici…. (Silvio Bertoldi -La chiamavamo Patria -Rizzoli 1989, pag.35) ….”Italia e Civiltà” era un giornale cattolico di ispirazione fascista uscito a Firenze nel gennaio ‘44, vi scrivevano Ardengo Soffici,… ( M. Randaccio, Le finestre buie del’43,D. Piazza Edit., Torino, nov 93, pag. 296)
Aderiscono alla RSI uomini del mondo della cultura come Ardengo Soffici…( Silvio Bertoldi- Camicia Nera-Rizzoli ed., Milano 1994, pag.247) Autore della poesia L’Adunata (2-10-35) ( pubblicata in Enrico Nistri-Anni Trenta-Ed Loggia dei Lanzi, Firenze,1995, pag 113)

VASSALLI Giuliano

Partecipa ai Littoriali del 1935 ( Il Borghese 16-4-1972- Nino Tripodi –Italia fascista- in piedi- ed.Borghese 1972) l’ex Ministro della Giustizia Giuliano Vassalli, nel marzo 1939 (dopo le leggi razziali) partecipava a Vienna al Convegno di collaborazione giuridica italo-tedesca, il cui documento conteneva il solenne impegno “di difendere i valori della razza con l’assoluta e definitiva separazione degli elementi ebraici dalla comunità nazionale”.

VERTONE Saverio

coscienza critica del Pci torinese. aderì alla RSI

VITTORINI Elio

Squadrista, Marcia su Roma, partecipa al Convegno Scrittori (nazisti) Europei a Weimar, nell’ottobre 1942…. sostiene l’uso del “voi” in Antieuropa, nov-dicemb. 1939 .Vittorini negli anni Venti e Trenta scrive articoli inneggianti al Duce ed a Berto Ricci .C’eravamo tutti in piazza od incollati alla radio il 10 giugno del ’40,…. in quella folla urlante c’era Elio Vittorini , ex squadrista e marcia su Roma a quindici anni,, rappresentante della cultura fascista al convegno degli scrittori dell’Europa nazista a Weimar nel 1942, che poco più tardi chiamerà “figli di stronza” coloro che solo per seguire l’insegnamento dato loro , anche lui docente, si arruolarono nella RSI.

ZANGRANDI Ruggero

scrittore – Fra i numerosi giovani che emergono ai Littoriali e che sarebbero poi passati al comunismo militante, vi è Zangrandi…Il suo nome compare nell’ elenco dei finanziati dal Regime .
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MessaggioInviato: Lun Apr 01, 2013 8:33 pm    Oggetto:  
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Napolitano al tempo del GUF (a sx coi baffi).


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MessaggioInviato: Mer Feb 04, 2015 2:14 pm    Oggetto:  
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Dossetti fu fascista convinto

Ma a Reggio Emilia è vietato dirlo. Pena la dura reprimenda di larghi settori dell'intellighentia di Sinistra, anche cattolica. Complice la pubblicazione di una lettera inedita del segretario del Fascio reggiano che nel 1937 definiva il futuro partigiano Benigno, futuro padre costituente in quota Dc e futuro assistente del cardinal Lercaro al Concilio Vaticano II “un ottimo elemento, di provata fede fascista”. Il documento è stato pubblicato nel libro di Rossana Maseroli Bortolotti La Guerra dentro la guerra che racconta attraverso una serie di testimonianze il dramma dei vinti, uccisi dai partigiani rossi anche se innocenti.

Il quotidiano Prima Pagina è stato il primo ad accorgersene con un articolo di Andrea Zambrano, collaboratore della Bussola, che ha messo in contraddizione il passato fascista di Dossetti con quanto lui ebbe sempre modo di dire e cioè che anche all'epoca del regime era un antifascista convinto. La notizia è stata ripresa anche dal quotidiano Il Giornale mentre ieri è arrivata la dura reprimenda di Avvenire. In un articolo firmato dal direttore del settimanale diocesano Edoardo Tincani, che intervista lo storico Sandro Spreafico e il nipote di Dossetti, don Giuseppe Dossetti junior, il documento inedito non viene smentito, ma solo minimizzato. Come? Con la solita scusa che all'epoca erano tutti fascisti, anche gli studenti del Guf (Gruppo Universitario Fascista) cui Dossetti apparteneva con il fratello Ermanno, padre di don Dossetti Jr, e anch'egli successivamente partigiano.

Al motto di "tutti fascisti, nessun fascista", dunque, Avvenire ha provato a contestare quella che è sembrata al quotidiano della Cei una rappresentazione capovolta del celebre intellettuale cattocomunista. “Le conferenze a cui partecipava Dossetti erano per lo più eventi di carattere culturale e artistico”, si è giustificato il quotidiano dei vescovi. E' davvero così? Culturale sì, ma di quale cultura? Zambrano, nel replicare ad Avvenire, ha così tirato fuori una conferenza pubblicata su un libro di Enrico Galavotti, Il giovane Dossetti, pubblicato dal Mulino, non proprio quella che si dice una casa editrice di destra. In questa conferenza il Solco Fascista nel 1934 si complimentava con “l'abile camerata Dossetti” per “la conferenza in cui metteva le terribili conseguenze del bolscevismo in antitesi alla meravigliosa opera ricostruttrice e redentrice del fascismo che ha fatto dell'Italia il centro di irradiazione di civiltà nel mondo”.

A questo punto verrebbe da chiedersi quale sia il vero Dossetti. Quello che alla vigilia dell'emanazione delle leggi razziali esaltava il regime di Mussolini, peraltro ricevendo in cambio per il suo impegno le lodi del regime e la cattedra all'università di Milano, o lo strenuo e indefesso paladino dei valori antifascisti, che nel 2003 gli faceva dire a colloquio con Lazzati: “Il fascismo era completamente accettato e io avevo assunto già allora una posizione piuttosto negativa nei suoi confronti, una posizione di non adesione se non addirittura di protesta, senza peraltro aver indagato approfonditamente sulle motivazioni di tale rifiuto. Insomma, il fascismo mi stava epidermicamente sullo stomaco”?

Così diceva al caldo della sua pluridecennale carriera di antifascista militante Dossetti. Eppure di questa sua protesta non compare traccia né tra le segnalazioni dell'Ovra né tra i reggiani mandati al confino perché oppositori del regime, che in quegli anni venivano spediti lontano senza troppi complimenti. Dossetti invece stette a Reggio dove influenzò la cultura cattolica fascista prima, e la guerra di Liberazione poi, subito dopo l'8 settembre. Di questa sua palinodia del regime però non c'è traccia prima della guerra. Dossetti diventò antifascista dopo la caduta di Mussolini, quando sicuramente era più facile cambiare casacca, come appunto fecero in tanti.

Però il vero problema non è neppure questo. E' semmai il fatto che Dossetti asserisse di essere stato un antifascista già all'epoca del regime, fatto smentito appunto dai giudizi che il Fascio reggiano esprimeva su di lui ancora nel 1937. Tutto ciò però a Reggio non è oggetto di dibattito culturale. Lo dimostra la vibrata levata di scudi contro Zambrano che ha ricevuto pesanti rimbrotti e attacchi sui social network anche da parte di esponenti del Pd, tra cui assessori e consiglieri comunali. Quindi non solo ambienti cattolici vicini agli ex comunisti, ma anche esponenti politici per i quali Dossetti è un'icona e non un personaggio complesso e controverso. Un giudizio, questo, che lo stesso vescovo di Reggio Massimo Camisasca aveva espresso in occasione del 100esimo anniversario della nascita e che costò anche a lui pesanti attacchi su internet.

Toccare Dossetti a Reggio dunque è operazione molto a rischio. Servirebbe la libertà intellettuale del cardinal Biffi che nel 2013, dando alle stampe il libro Don Giuseppe Dossetti, nell'occasione di un centenario (Cantagalli), rimproverava a Dossetti lo scarso interesse nel commemorare i preti uccisi dai partigiani comunisti sul finire della guerra così come “le sue reticenze e le sue allergie alle ricerche storiche obiettive, quando non servono ad aiutare le sue premesse ideologiche”. Così scriveva il suo vescovo bolognese appena un anno fa. E visto quanto accaduto c'è da immaginare che i suoi discepoli, a proposito di allergie alle ricerche storiche obiettive, abbiano imparato bene dal loro maestro.


[Se vi interessa approfondire, due articoli de il Giornale sempre sul tema dell'ennesimo piroettatore assurto a emblema della repubblica bananara, citati anche dal suddetto articolo:

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"La mistica appunto precisa questi valori...nella loro attualità politica...e dimostra l'universalità di luogo e di tempo del Fascismo"(Giani)
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MessaggioInviato: Dom Feb 08, 2015 7:32 pm    Oggetto:  
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Dettagli interessanti su due noti fascisti antifascisti:

DARIO FO

Dario Fo si arruolò a 18 anni come volontario prima nella contraerea della RSI, quindi nel battaglione Azzurro di Tradate (paracadutisti) e da qui transitò ai paracadutisti del battaglione Mazzarini della GNR (reparto fascistissimo dunque!). Il 9 giugno 1977, quando Fo era ormai da anni celebre per il suo lavoro teatrale Mistero buffo , un piccolo giornale di Borgomanero (Novara), Il Nord , pubblicò una lettera di Angelo Fornara che ne raccontava i trascorsi repubblichini. Fo sporse querela con ampia facoltà di prova, ma il processo non ebbe l'esito da lui sperato. Secondo quanto riferì Il Giorno (8 febbraio 1978), l'attore disse in aula che il suo «arruolamento era una questione di metodi di lotta partigiana» per coprire l'azione antifascista della sua famiglia. Ma le testimonianze furono implacabili. Il suo istruttore tra i parà, Carlo Maria Milani, mise a verbale: «L'allievo paracadutista Dario Fo era con me durante un rastrellamento nella Val Cannobina per la conquista dell'Ossola, il suo compito era di armiere porta bombe». “L'allievo paracadutista Fo era un fedelissimo fascista” – aggiunse, peraltro conditio sine qua non di arruolamento o di transito nella GNR. E l'ex comandante partigiano Giacinto Lazzarini lo inchiodò: «Se Dario Fo si arruolò nei paracadutisti repubblichini per consiglio di un capo partigiano, perché non l'ha detto subito, all'indomani della Liberazione? Perché tenere celato per tanti anni un episodio che va a suo merito?». Una testimone, Ercolina Milanesi, lo ricorda «tronfio come un gallo per la divisa che portava e ci tacciò di pavidi per non esserci arruolati come lui. L'avremmo fatto, ma avevamo quindici anni...». L'11 marzo 1978, mentre il processo contro gli accusatori di Fo era in pieno svolgimento, Luciano Garibaldi pubblicò sul settimanale Gente una foto dell'attore in divisa della Repubblica sociale (altissimo, magrissimo come è sempre stato) e un suo disegno dove appaiono alcuni camerati con le anime dei partigiani uccisi che escono dalle canne dei mitra («Sono apocrife e aggiunte da altri», si difenderà). Il 7 marzo 1980 il tribunale di Varese stabilì che «è perfettamente legittimo definire Dario Fo repubblichino e rastrellatore di partigiani». Il futuro premio Nobel non ricorse in appello e la sentenza divenne definitiva (che vuoi ricorre? ).



NORBERTO BOBBIO

Norberto Bobbio da studente si era iscritto al Guf, l'organismo universitario fascista, e poi aveva mantenuto la tessera del partito, indispensabile per insegnare. Colpito per frequentazioni non sempre ortodosse da una lieve sanzione che avrebbe potuto comprometterne la carriera, Bobbio cercò ovunque raccomandazioni per emendarsi. Suo padre Luigi si rivolse al Duce, lo zio al quadrumviro De Bono, lo stesso giovane docente a Bottai («con devota fascistica osservanza»). Lo stesso Bobbio indirizzò una pietosa lettera di ammenda al Duce (riportata di seguito). Fu interessato anche Giovanni Gentile, che intervenne con successo presso Mussolini. Alla fine, Norberto ebbe la cattedra tanto desiderata, anche perchè la famiglia era di provata fede fascista. Nel dopoguerra, Bobbio diventò un maître à penser della sinistra riformista italiana. Ma alla fine la stampa rese noti i suoi "compromessi" col regime e il tarlo del passato lo consumò fino a una clamorosa intervista liberatoria rilasciata il 12 novembre 1999 a Pietrangelo Buttafuoco per Il Foglio : «Ero, come posso dirlo? Come posso dirlo senza mascherarmi nell'indulgenza con me stesso? Ero immerso nella doppiezza, perché era comodo fare così. Fare il fascista tra i fascisti e l'antifascista con gli antifascisti. Oppure, e lo dico per dare un'interpretazione più benevola, era solo uno sdoppiamento quasi consapevole tra il mondo quotidiano della mia famiglia fascista e il mondo culturale antifascista. Uno sdoppiamento tra il me politico e il me culturale.» ».

Lettera di supplica di Bobbio al Duce:

« Torino, 8 luglio 1935 XIII

Eccellenza!
Vostra Eccellenza vorrà perdonarmi se oso rivolgermi direttamente a Lei, ma la cosa che mi riguarda è di tale e così grande importanza che non credo vi sia altro mezzo più adatto e più sicuro per venire ad una soluzione. Io, Norberto Bobbio di Luigi, nato a Torino nel 1909, laureato in legge e in filosofia, sono attualmente libero docente in Filosofia del Diritto in questa R. Università; sono iscritto al P.N.F. e al Guf dal 1928, da quando cioè entrai all’Università, e fui iscritto all’Avanguardia Giovanile nel 1927, da quando cioè fu istituito il primo nucleo di Avanguardisti nel R. Liceo d’Azeglio per incarico affidato al compagno Barattieri di San Pietro e a me; per un’infermità infantile, che mi ha lasciato l’anchilosi della spalla sinistra, sono stato riformato alla visita militare e non ho mai potuto iscrivermi alla Milizia; sono cresciuto in un ambiente familiare patriottico e fascista (mio padre, chirurgo primario all’Ospedale S. Giovanni di questa città, è iscritto al P.N.F. dal 1923, uno dei miei due zii paterni è Generale di Corpo d’Armata a Verona, l’altro è Generale di Brigata alla Scuola di Guerra); durante gli anni universitari ho partecipato attivamente alla vita e alle opere del Guf di Torino con riviste Goliardiche, numeri unici e viaggi studenteschi, sì da essere stato incaricato di tenere discorsi commemorativi della Marcia su Roma e della Vittoria agli studenti delle scuole medie; infine in questi ultimi anni, dopo aver conseguito la laurea in legge e in filosofia, mi sono dedicato totalmente agli studi di filosofia del diritto, pubblicando articoli e memorie che mi valsero la libera docenza, studi da cui trassi i fondamenti teorici per la fermezza delle mie opinioni politiche e per la maturità delle mie convinzioni fasciste.
Il 15 maggio di quest’anno sono stato perquisito dalla polizia politica (perquisizione che fu anche estesa a mio padre e a mia madre) e per quanto la perquisizione non abbia trovato nulla di importante fui arrestato e tenuto in prigione per sette giorni in attesa di un interrogatorio; dopo un interrogatorio di pochi minuti, di cui si è steso verbale, fui subito rilasciato. Tutto questo avvenne senza che mi si dicesse mai quali erano i motivi che avevano condotto a questi provvedimenti a mio carico, dal momento che nell’interrogatorio non mi furono opposte specifiche accuse, ma mi furono semplicemente chieste informazioni sulla conoscenza che risultava io avessi di persone non fasciste, domanda a cui io risposi, com’è scritto nel verbale, che «essendo miei compagni di scuola o miei coetanei, non potevo fare a meno di conoscerli», e mi fu quindi chiesta la ragione per cui avevo collaborato alla rivista «La Cultura», fatto di cui ho dato giustificazione in una lettera del 27 di giugno, richiestami da S. E. Starace, attraverso la Federazione di Torino.
Avevo legittime ragioni per credere che la questione incresciosa fosse risolta, quando oggi ricevo intimazione di presentarmi il giorno 12 corrente davanti alla Commissione provinciale della Prefettura per presentare le mie discolpe, «esaminata la denuncia di ammonizione […] visti gli atti relativi da cui risulta che con la sua attività svolta in unione a persone deferite di recente al Tribunale Speciale per appartenenza alla setta ‘giustizia e libertà’, si è reso pericoloso agli ordinamenti giuridici dello Stato».
Ignoro quali siano gli atti da cui possa risultare tutto questo complesso di accuse, dal momento che risultarono negative a mio riguardo sia la perquisizione, sia l’interrogatorio; né posso credere che possa costituire valido argomento di accusa la perquisizione fattami di una fotografia del dott. Leone Ginzburg in data 1928 (quando entrambi avevamo 19 anni, nel periodo in cui eravamo compagni di scuola); né tanto meno la collaborazione da me prestata (collaborazione che si riduce ad una recensione pubblicata nel numero di marzo di quest’anno) alla rivista «La Cultura», che è una delle più antiche e note riviste letterarie italiane, dal momento che questa collaborazione non poteva celare per evidenti motivi, né da parte mia né da parte di coloro che mi invitavano a collaborare, nessun sottinteso politico, ma dimostrava semplicemente in me il desiderio di cooperare modestamente ed onestamente ad un’attività culturale pubblicamente apprezzata e controllata.
Dichiaro in perfetta buona fede che l’accusa su riferita, che non è soltanto nuova ed inaspettata ma anche ingiustificata, date le risultanze della perquisizione e dell’interrogatorio, mi addolora profondamente e offende intimamente la mia coscienza fascista, di cui può costituire valida testimonianza l’opinione delle persone che mi hanno conosciuto e mi frequentano, degli amici del Guf e della Federazione.
Rinnovo le mie scuse a Vostra Eccellenza se ho presunto di voler fare giungere sino a Lei le mie parole, ma mi ha spinto la certezza che Ella nel Suo elevato senso di giustizia voglia fare allontanare da me il peso di un’accusa, a cui la mia attività di cittadino e di studioso non può aver dato fondamento e che contrasta con quel giuramento che io ho prestato con perfetta lealtà. Le esprimo il sentimento della mia devozione.
Norberto Bobbio
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MessaggioInviato: Mar Feb 17, 2015 6:55 pm    Oggetto:  
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A proposito di EUGENIO SCALFARI, su menzionato, sarà il caso di ricordare che divenne "antifascista" in seguito alla sua espulsione dal PNF per indegnità!
Avendo scritto, tra l'altro in forma anonima, sulla prima pagina di "Roma Fascista" di presunte ruberie di gerarchi, venne convocato a rapporto dal vicesegretario del PNF Scorza. Scorza gli chiese chi fossero i ladri, e che prove avesse il giovane giornalista di tali ruberie: lui sarebbe stato ben contento di perseguire i colpevoli. Senonchè Scalfari non aveva uno straccio di prova, praticamente erano tutte sue illazioni. A questo punto Scorza divenne una furia: lo accusò di essere un calunniatore e uno sprovveduto. Gli chiese come mai non fosse al fronte, visto che tanti suoi coetanEi lo erano. Senonchè Scalfari rispose che aveva avuto l'esonero per motivi di studio. Scorza rispose che se doveva stare a casa per calunniare il partito, poteva almeno servirlo più utilmente con le armi. Visto che Scalfari fece il finto tonto, fingendo di non recepire il messaggio, il vicesegretario si inalberò definitivamente e gli saltò letteralmente addosso strappandogli i gradi del GUF, da cui Scalfari venne cacciato per INDEGNITA'.
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MessaggioInviato: Mar Feb 17, 2015 7:34 pm    Oggetto:  
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QUANDO DE GASPERI GRIDAVA: VIVA IL DUCE !
«Sono convinto che Mussolini ama profondamente il suo Paese. Al di fuori dei contrasti di idee, ciò dovrebbe bastare a conciliargli l'unanime rispetto»; questa dichiarazione, che risale al novembre 1926, non si discosta dalle tante che, all'epoca, in Italia e anche all'estero vennero formulate sul capo del Governo e sul fascismo. La particolarità consiste nel fatto che quella dichiarazione venne pronunciata dall'onorevole Alcide De Gasperi, nominato qualche mese prima segretario del Partito Popolare Italiano, dopo che il Vaticano aveva imposto l'allontanamento di Don Luigi Sturzo dall'incarico e, successivamente, il suo «esilio».
A portare alla luce l'apprezzamento del fascismo di parte dell'esponente democristiano, nei confronti del quale è in corso una causa di beatificazione, è una pagina del quotidiano Il Brennero che risale al 9 novembre 1926: in un articolo in prima pagina, il quotidiano riprendeva e commentava una «nota» del periodico vicentino Vendetta fascista , che si apriva con queste parole: «L'altra notte, verso il tocco, mentre il Direttorio del Fascio Vicentino stava concludendo una elaboratissima seduta, si presentarono alcuni squadristi bassanesi per annunciare al nostro Segretario Federale dott. Garelli che in anticamera si trovavano i fratelli on. Alcide ed Augusto De Gasperi (quest'ultimo medaglia d'oro austriaca), i quali sollecitavano l'onore di essere ricevuti dal Capo del Fascismo vicentino per... chiedergli dimessamente protezione. Fuggiaschi da Borgo Valsugana ove risiedevano con la famiglia, i due fratelli erano intenzionati di proseguire per Milano e Roma, nella tema che una loro ulteriore permanenza nelle vallate trentine potesse suonare provocazione per quelle fiere popolazioni di italiani schietti e mettere in difficoltà non solo le loro persone, ma anche quelle dei loro congiunti».
Come si legge nelle cronache dell'epoca, il colloquio si svolse nel clima più cordiale e De Gasperi, nelle manifestazioni di stima nei confronti di Mussolini e del fascismo, si sbilanciò oltre l'immaginabile; tra l'altro, dopo aver premesso di essersi sempre sentito italiano e di aver agito in buona fede, disse di non aver «mai sollevato questioni pregiudiziali sul Regime, neanche all'epoca di Matteotti, perché si deve riconoscere che il Regime ha lavorato molto».
Queste ultime parole sono virgolettate anche nel testo pubblicato dal Brennero , si tratta infatti, come si legge nell'articolo, di «dichiarazioni spontanee che vennero messe a verbale» e rese nel corso di un colloquio apertosi con la premessa «che il Segretario Federale non avrebbe gradito dichiarazioni men che oneste e sincere: un loro atto di lealismo fascista sarebbe stato interpretato come viltà e come vili in tal caso sarebbero stati trattati».
E De Gasperi fece uso di quella sorta di «immunità» garantitagli, al punto da affermare di «non consentire con le concezioni generali del Fascismo per quel che riguarda i rapporti fra lo Stato e l'individuo, l'accentramento dei poteri e il disciplinamento della libertà», aggiungendo che «però, nella pratica, molte cose buone sono state fatte e se non altro l'ordine è stato assicurato».
Con l'atteggiamento che avrebbe manifestato anche nella sua politica successiva, De Gasperi, nel corso di quel colloquio verbalizzato, prese ad alternare riconoscimenti al regime con «distinguo» di principio; ad esempio, affermò di aver «sempre deplorato il contegno vergognosamente cedevole dei passati ministri», facendo esplicito riferimento a Sforza che sarebbe divenuto ministro degli Esteri nei suoi governi successivi alla seconda guerra mondiale; quindi tenne a soggiungere, «bisognerebbe essere ciechi per non accorgersi che, mercé sua, il prestigio dell'Italia nel mondo è notevolmente aumentato...».
Alcide De Gasperi tenne a «bollare» anche i due attentati compiuti contro Mussolini il 4 novembre 1925 dall'onorevole Tito Zanaboni e il 31 ottobre 1926 dallo studente diciottenne Anteo Zamboni: «moralmente un delitto, politicamente un errore» e rafforzò il concetto con una affermazione disorientante sulle labbra di un leader popolare; disse infatti di non concepire «la violenza individuale se non come legittima difesa, solo lo Stato può usarla preventivamente per la tutela della sua compagine. Non si può pertanto che assentire intimamente alle misure che il potere (adotterà) per l'intangibilità di Mussolini, poiché l'ordine sociale è imperniato su Mussolini e chi lo tocca attenta all'ordine sociale».
Al termine del colloquio, «i due fratelli De Gasperi, in ossequio agli impegni, venivano dal Direttorio consegnati all'on. Marzotto perché li ospitasse al sicuro nella sua villa. E i due oppositori lasciavano palazzo Bonin confusi e stupefatti per tanta generosità, con parole di ammirazione per i dirigenti il Fascismo vicentino». Prima, però, il deputato trentino volle sbilanciarsi ulteriormente: «Agirò sempre nell'ambito delle leggi, come un buon cittadino»; e alla domanda che cosa intendesse per leggi, rispose imprudentemente «tutte quelle disposizioni giuridiche decretate dal Re, siano o non siano emanazione del Parlamento».

Waldimaro Fiorentino - Il Borghese n.26 8 luglio 1998
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MessaggioInviato: Mar Feb 17, 2015 7:37 pm    Oggetto:  
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Enrico Mattei, fondatore dell' industria petrolifera italiana, era anche un genio della comunicazione. A partire dal 1956 avviò la pubblicazione della rassegna «Stampa e oro nero» in cui si raccoglievano tutti gli articoli negativi contro l' Eni, oltre che gli attacchi e i pettegolezzi personali. Nel 1960 la rassegna riportava l' articolo ripreso dal giornale svizzero «Basler Arbeiterzeitung» del 5 novembre 1959 secondo cui Mattei negli anni giovanili era stato «squadrista fascista», tanto acceso da arrivare a strappare la barba durante una lite al leader socialista di Matelica. Un altro numero di «Stampa e oro nero» riproponeva un pezzo del «Merlo giallo» in cui si affermava che il giovane Mattei aveva strappato invece i baffi al suo avversario. Aneddoti selezionati con l' aria di dire: guardate cosa vanno raccontando i nostri nemici, inventano episodi assurdi pur di screditare l' Eni e il suo leader. Le numerose biografie di Enrico Mattei, nato ad Acqualagna, nelle Marche, il 29 aprile 1906 e morto a Bascapé il 27 ottobre 1962 in un misterioso incidente aereo, si sono concentrate sul giallo della fine, non sugli anni bui degli inizi, quando il futuro industriale si impiegò come fattorino presso la conceria Fiore di Matelica. Italo Pietra nel suo «Mattei la pecora nera» scriveva che non esistevano pezze d' appoggio per sostenere la tesi di un Mattei squadrista. E Nico Perrone pur sottolineando le simpatie fasciste e nazionaliste si limita ad affermare nella biografia edita dal Mulino nel 2001: «Pare che ne ebbe anche la tessera». Nessuna prova però che scalfisse il santino del cattolico di sinistra iscritto al Partito popolare, dirigente della Resistenza, nemmeno nel saggio di Carlo Maria Lomartire, edito nel 2004 da Mondadori. Ora queste cautele vengono superate in un coraggioso e sintetico articolo che Luca Tedesco pubblicherà sul prossimo numero di «Nuova Storia Contemporanea», la rivista diretta da Francesco Perfetti. Un intervento che sin dal titolo esclude ogni dubbio: «Enrico Mattei squadrista e "dissidente" fascista». Tedesco si sente sicuro perché ha trovato a suo dire prove documentali del tutto inedite riguardanti tre aspetti del «Mattei fascista». Innanzitutto la prova dell' adesione al Pnf. «Un incartamento, peraltro assai scarno, relativo a Mattei, contenuto nell' archivio del Partito comunista: Direzione Nord della Fondazione istituto Gramsci di Roma - scrive Tedesco -, permette di sciogliere qualsiasi dubbio sul punto. L' unità archivistica 29, fasc. 17-1, contiene infatti la scheda di iscrizione di Mattei al Partito nazionale fascista, fascio di Matelica, dove Mattei frequentò le scuole medie inferiori. La data d' iscrizione è il 26 ottobre 1922. Mattei, classe 1906, ha sedici anni. La scheda indica l' assegnazione al reparto Principe». Un fascista della prima ora, affascinato dall' irredentismo di Mussolini sulla Dalmazia e dal suo populismo della «nazione proletaria» bisognosa di nuovi spazi. Dall' impegno giovanile di Matelica alla partecipazione come comandante partigiano alla Resistenza con i nomi di battaglia di «Este», «Monti», «Marconi» e «Leone» passano più di vent' anni. Come vive Mattei il suo lungo viaggio attraverso il fascismo? Senza la pretesa di fornire risposte assolute, Tedesco ci dà due scabrose istantanee dell' imprenditore marchigiano, che si era trasferito a Milano dove aveva fondato l' Icl, Industria chimica lombarda grassi e saponi. «La documentazione conservata presso l' Archivio centrale dello Stato - sostiene Tedesco - permette di far luce su alcuni aspetti, peraltro sorprendenti del rapporto intercorso tra Mattei e il regime fascista. Scopriamo così un Mattei delatore, come attesta la risposta data al ministero dell' Interno, datata 13 dicembre 1934, del prefetto di Milano, che riferisce della denuncia di Mattei delle espressioni "poco riguardose nei confronti del Fascismo" fatte da un certo Gualtiero Mari durante una conversazione con lo stesso Mattei». Mari, racconta Tedesco, era stato un dipendente della Icl, e non solo fu allontanato per comportamenti scorretti ma denunciato assieme alla moglie da Mattei all' Ufficio politico della milizia per «i loro sentimenti antitaliani». Più interessante l' altro documento riportato da Tedesco. L' appunto di un informatore dell' Ovra del febbraio 1934, in cui si riferiscono le critiche di Mattei al fascismo. È l' inizio di un percorso sofferto che sboccerà nella Resistenza, ma nel 1934 le obiezioni a Mussolini erano fatte in difesa di un fascismo originario, del «diciannovesimo» che caratterizzò gran parte del fascismo milanese. «Adesso il Duce fa tutto per Roma - scrive l' anonimo agente dell' Ovra riportando l' opinione di Mattei -, e non ascolta il grido di dolore che gli deve giungere da Milano. Certo è che quando la scorsa estate le vecchie camicie nere se ne vennero a Roma, bene gli fecero comprendere il loro sentimento e non risparmiarono gli appunti di dispiacenza... Ma a Milano è anche molto discusso il Corporativismo perché almeno nelle sue prime applicazioni è apportatore di danni ingenti all' Economia...». Mattei squadrista della prima ora, poi fascista critico. Se confermate, le ricerche di Tedesco ci restituiscono un Mattei figlio del suo tempo, lontano dal santino senza macchia funzionale alle battaglie del secondo dopoguerra -
Messina Dino su Corriere della Sera 24 -6-07
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Di questa ci limitiamo a mostrare la tessera....


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MessaggioInviato: Mar Feb 17, 2015 10:48 pm    Oggetto:  
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GIUSEPPE D'ALEMA, padre dell'attuale oclocrate Massimo, deceduto nel novembre 1994...ex segretario dei Giovani universitari Fascisti della Provincia di Ravenna che insieme ai concittadini BOLDRINI ARRIGO (ASSASSINO CHE CHE AL TEMPO DELLA MORTE NEL 2008 PRENDEVA 10000 € AL MESE DI VITALIZIO IN QUALITA' DI EX PARLAMENTARE DELLA REPUBBLICA pseudo-italiana - SI MEDITI QUANDO LE PREFICHE PREZZOLATE DEL SINISTRUME SI STRACCIANO LE VESTI APPRESSO A UN POVERO PRIEBKE) e ZACCAGNINI BENIGNO cambiò la camicia nera per rifarsi una verginità. Arrigo Boldrini ("Bulow") nel 1939 sottocapo manipolo della MVSN, poi comunista, capo della 28a Brig. Garibaldi, a lungo parlamentare PCI, Presidente dell'ANPI. Il 29-4-45, a Codevigo (RA) arrivò con la sua brigata su camion americani.
Il giorno dopo sulle acque del Brenta affiorarono i primi cadaveri. Pochi giorni prima i militi della GNR locale si erano arresi. Depredati, furono uccisi a sangue freddo, insieme ad alcuni abitanti del posto colpevoli di aver simpatizzato per il fascismo. In 10 giorni furono uccise circa 130 persone (solo quelle accertate - tra Codevigo, Ravenna e dintorni oltre agli altri eccidi "singoli" o "minori" si parla di altri 200 scomparsi). I testimoni oculari raccontarono che per liberare il fiume Bacchiglione dai cadaveri dovettero dovuto usare mine anticarro. Al termine del “lavoro" la 28a brigata tentò di annientare anche la 14a Compagnia partigiana perchè non comunista. A fianco di Boldrini operarono Benigno Zaccagnini, suo amico personale anche se inserito nella DC, e Giuseppe D'Alema (commissario politico della brigata di assassini).
La strage è stata recentemente tratteggiata nel film "Il Segreto di Italia" con Romina Power.
A nota storica va aggiunto che l'ex capomanipolo "Bulow" fu anche premiato con medaglia d'oro: non l'unica volta che si è fatto scempio della suprema decorazione al valore (si pensi a una Capponi, per esempio...). E questa medaglia gli venne appuntata da uno straniero: il gen. inglese Mc Creery. Con la tipica ipocrisia britannica, gli invasori ricompensavano chi aveva reso loro un ottimo servigio ma guardandosi bene dall'apporre una LORO decorazione, ovviamente.
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