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Il Significato di: ETICA

 
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RomaInvictaAeterna
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MessaggioInviato: Mer Gen 04, 2012 12:37 pm    Oggetto:  Il Significato di: ETICA
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Definizione

sf. [sec. XIII; dal latino ēthíca, attraverso il greco ēthiká, der. di êthos, costume, abitudine]. Scienza che ha come oggetto i valori comunque riferiti al volere e all'azione dell'uomo. Essa è descrittiva, se si ferma a descrivere il comportamento dell'uomo e ad aiutarlo a cogliere tra i moventi che determinano la sua azione quelli la cui realizzazione presenta individualmente e socialmente i maggiori vantaggi; normativa, se presenta all'uomo un compito, un fine, un ideale da realizzare con uno sforzo positivo o rimovendo gli ostacoli che società, cultura e tradizione oppongono. Altra suddivisione è quella di etica soggettiva quando il soggetto vuole e agisce solo nel dovere, a esclusione di ogni altro volere o azione; oggettiva o intersoggettiva, se invece il soggetto assume il volere o l'azione in relazione ad altri voleri o ad altre azioni.

Cenni storici: il pensiero precristiano


Prima della speculazione filosofica la condotta dell'uomo era regolata dal costume o dalla religione: il fenomeno è appariscente nel popolo ebraico a cui Yahwèh aveva affidato la sua legge scritta su due tavole e la cui osservanza era un titolo alla sua benevolenza e ai suoi favori, mentre ogni infrazione provocava il suo castigo. Era una normativa oggettiva, esterna, che coinvolgeva ogni minima azione dell'ebreo, per cui egli facilmente ne riduceva l'osservanza a un habitus esteriore, senza la partecipazione della volontà: un pericolo che i profeti avvertirono e cercarono di prevenire o di riparare predicando l'obbedienza a Yahwèh nell'interiorità del cuore. Altre religioni meno organizzate sul piano etico portarono, come nel caso della religione greca, a identificare l'ordine di Giove con quello della pólis, per cui la crisi delle strutture politiche causò la decadenza della fede nell'esistenza delle norme etiche e fu occasione prossima del sorgere dell'etica come scienza, dapprima nel soggettivismo della sofistica e poi nella ben più rigorosa indagine di Socrate: egli rigettò il relativismo sofistico e mosse alla ricerca di principi universali, capaci di regolare e giudicare le azioni dell'uomo, arrivando alla conclusione che il vero vantaggio coincide con il vero bene e che il bene individuale si risolve necessariamente nel bene universale. Ne deriva un rigoroso moralismo e un senso eudemonistico della vita. Platone accolse il concetto socratico e lo trasformò in “Idea”, a cui si conforma non solo l'uomo, ma l'intera natura in una scala di valori che raggiunge il Bene sommo. Aristotele intese l'etica come realizzazione del fine proprio dell'uomo, ma creò un dualismo suddividendo le virtù in etiche, in ordine alla vita degli affetti e delle passioni, e dianoetiche, in ordine all'operare dell'intelletto. L'edonismo a sua volta interpretò il bene come tutto ciò che piace all'uomo (Aristippo di Cirene) o come liberazione dell'uomo da fini superiori o volontà su di lui dominanti ab extra, per appagarsi nella tranquillità dell'animo, soddisfatto di sé e indifferente al mondo esterno (Epicuro). I cinici giunsero all'autarchia etica e all'atarassia o indifferenza per l'esterno in nome del proprio equilibrio interno. Gli stoici accettarono dai cinici la loro indifferenza concependo il mondo creatore di se stesso secondo un fato razionale, davanti al quale nulla può mutare; il neoplatonismo ritornò al mondo etico di Platone con forti accenti mistici.


Cenni storici: il pensiero cristiano

Fra queste dottrine sorse la nuova dottrina del cristianesimo, che innalzò l'ideale etico in una tensione dell'essere verso le perfezioni di Dio, non come patrimonio di pochi privilegiati, ma come eredità per tutti gli uomini lasciata dall'esempio vivo del Cristo, l'uomo-Dio: nell'etica cristiana infatti Dio stesso è la norma e il fine della vita del credente. Norma e fine non sono esterni all'uomo, ma scritti nel suo cuore, per cui l'obbedienza a essi non è un qualsiasi rispetto legalistico, ma adesione della volontà umana in libertà.

Cenni storici: il pensiero rinascimentale

Nell'Umanesimo e nel Rinascimento l'uomo tentò di rendersi autonomo nei confronti della legge morale e in particolare dell'etica cristiana con temporanei ritorni all'etica aristotelica ed epicurea, mentre in campo cattolico la grave crisi originata dal protestantesimo portò alle speculazioni etiche sulla grazia e sulla predestinazione e in genere a un irrigidimento delle norme etiche. Cultori dell'etica descrittiva furono nell'Inghilterra del Settecento Hobbes, Locke, Hume, A. Smith e altri: essi rilanciarono un'etica edonistica e individualistica fondata sulla completa autonomia dell'uomo da ogni eteronomia. In Francia Pascal e i giansenisti reagirono alla scuola inglese definendo il senso morale come un'innata tendenza a espandersi verso gli altri.

Cenni storici: il pensiero moderno

Ben più marcata fu però la reazione di Kant, che pose il dovere come un fatto morale, il cui imperativo comanda con assolutezza all'uomo di realizzare la propria umanità o razionalità. L'idealismo tedesco, pur identificando essere e dover essere, assegnò all'uomo un compito che lo supera come individuo, facendogli trovare il proprio compimento in una più ampia totalità. La moralità come compito infinito caratterizza la filosofia di Fichte [nello Stato Etico gentiliano è l'Etica Trascendentale, ndr], mentre la concezione dello Stato come totalità etica, sostanza etica incarnata, individua quella di Hegel [Stato Etico Razionalistico, ndr]. Nella seconda metà dell'Ottocento ricomparve l'indirizzo empiristico nell'utilitarismo di J. Bentham e di J. S. Mill, mentre il materialismo storico di K. Marx e di F. Engels rovesciava la prospettiva idealistica facendo dell'etica un prodotto dei fattori economici. La più decisa opposizione a un'etica del dover essere venne da Nietzsche, che tuttavia, dopo aver rovesciato la gerarchia dei valori etici tradizionali, dettò una nuova normativa attraverso il suo “superuomo”. L'esempio migliore di un'etica della spontaneità è dato da Rousseau, per il quale spontaneità e bontà coincidono e l'impegno morale consiste nel recupero di questa spontaneità che società e cultura hanno fatto smarrire all'uomo. Il suo impegno morale deve quindi essere rivolto alla rimozione di tutte le cause che hanno prodotto questo smarrimento.

Cenni storici: il pensiero contemporaneo

In Italia, Croce e Gentile hanno visto l'azione etica, il primo come valore che si attua nella storia, il secondo come coincidenza di conoscere e fare; in Francia la filosofia dell'azione e il neospiritualismo cristiano hanno riproposto la trascendenza dei valori morali, ma nel contempo li dicono presenti nell'uomo, che attuandoli li afferma. In ambito anglosassone, G. E. Moore ha sostenuto che i giudizi morali sono intuitivi e oggettivi; A. J. Ayer afferma che il linguaggio etico non si può ridurre a schemi logici, ma è solo un puro dato emozionale e soggettivo; Ch. Stevenson ha valorizzato il discorso etico come discorso “apprezzativo-persuasorio” e pragmatico; infine R. M. Hare ha proposto un linguaggio prescrittivo, in cui si trovano regole formali per garantire la non-contraddittorietà e regole empiriche per controllare certi giudizi sulla base dei fatti. Ulteriori sviluppi dell'etica si sono concentrati sull'idea del dialogo sociale. Per J. Habermas esso assume la sua forma ideale se non intralciato da disuguaglianze e da rapporti di potere. L'etica dell'azione concide per E. Lévinas con l'attenzione verso l'altro e i suoi bisogni. Superando le barriere di specie, alcuni filosofi come T. Regan si pongono il problema di un ampliamento della prospettiva, se non propriamente in termini di dialogo, almeno di responsabilità dell'uomo verso il mondo animale; questo sposterebbe i confini del pensiero etico, individuando nei diritti degli animali la sua nuova frontiera. Per ciò che concerne lo studio dei problemi morali e sociali legati alla ricerca scientifica in campo bio-medico, mostra caratteristiche peculiari e oltrepassa i confini dell'etica applicata la bioetica, tanto da essere considerata una disciplina a sé stante.


Riferimenti:

C. C. Brinton, A History of Western Morals, Londra, 1959; J. Maritain, La philosophie morale: examen historique et critique des grands systèmes, Parigi, 1960; A. MacIntyre, A Short History of Ethics, New York, 1966; C. A. Viano, Etica, Milano, 1975; A. Sen, L'etica e l'economia, Bari, 1988.

Fonte:
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"La mistica appunto precisa questi valori...nella loro attualità politica...e dimostra l'universalità di luogo e di tempo del Fascismo"(Giani)
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