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CRITICA A MARX
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Mar Mag 26, 2009 8:27 pm    Oggetto:  CRITICA A MARX
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Estraggo questo articolo da un saggio filosofico riportato nel mio testo liceale. Trovo che sia un'analisi sostanzialmente corretta, mi piacerebbe leggere l'opinione dei Cittadini Fascisti del Covo.

CRITICA A MARX

Le principali critiche rivolte a Marx riguardano la sua filosofia della storia e la sua teoria economica. La concezione marxiana della storia è stata attaccata su due fronti. Innanzitutto è stato detto che la pretesa di stabilire leggi storiche generali è inammissibile. Forse per questa via si può trovare un mezzo utile a comprendere il passato, ma non a prevedere il futuro, come tenta di fare Marx. Egli guarda allo sviluppo storico come a un processo inevitabile che condurrà infine alla costruzione della società senza classi in tutti gli stati. Ci sono ragioni per esprimere seri dubbi sulla validità di questo tipo di interpretazione della storia e sulla pretesa che il processo si fermi a questo punto. La seconda critica alla sua filosofia della storia viene sollevata quando si introduce una valutazione morale degli stadi dell’evoluzione storica. Ogni stadio, dice Marx, è eticamente superiore a quello che l’ha preceduto e quello finale, la società senza classi, è la perfezione. In altre parole, si tratta di una teoria del progresso storico piuttosto che del semplice cambiamento storico. Ora, per una teoria di questo genere è necessario qualche criterio; parlare in questo modo vuol dire appellarsi a un criterio morale assoluto, cosa cui altrove lo stesso Marx, discutendo di morale, nega qualsiasi validità. Infatti in altri passi egli dice che i valori morali non sono espressioni di <<verità assolute>>, ma sono relativi alla società in cui vengono sostenuti.
Gli ideali oggettivistici della sua concezione della storia sono incompatibili con la sua idea soggettivistica della moralità sociale. Questa incoerenza sta alla base stessa del marxismo.
La teoria economica di Marx è stata criticata dai difensori del capitalismo su basi empiriche, con un appello a fatti che sembrano confutarla. Secondo Marx il sistema capitalistico produrrà inevitabilmente depressioni periodiche, che culmineranno con l’accumulazione della ricchezza da parte dei proprietari dei mezzi di produzione e l’aumento della miseria degli operai. Tutto ciò condurrà alla rivoluzione e alla nascita di una società socialista, senza classi. I difensori del capitalismo attaccano questa tesi da due direzioni: essi sottolineano che la previsione dell’aumento della miseria nelle società capitalistiche non si è avverata. La situazione dell’operai è di fatto migliore che mai. Lavora per meno ore, ha più denaro e in genere ha un tenore di vita più alto di quello degli operai del secolo scorso. Il capitalismo, invece di abbassare la qualità di vita e di esacerbare le relazioni tra datore di lavoro e lavoratore, ha prodotto tenori di vita più alti e ha migliorato le relazioni tra proprietario e operaio.
Questi critici osservano anche che il capitalismo si è dimostrato sorprendentemente inventivo nel risolvere le difficoltà che sono sorte al suo interno. Alcuni sviluppi, come la formazione dei sindacati, l leggi antitrust e le misure di sicurezza sociale, hanno dato contributi positivi alla stabilità economica delle società capitalistiche. I sindacati, per esempio, hanno contrastato la tendenza a vendere la forza lavoro a un prezzo sempre più basso, fissando aliquote precise dell’uso del tempo lavorativo. Secondo i critici di Marx, nei paesi capitalistici si continueranno a inventare innovazioni come queste, e quindi la previsione dell’aumento della miseria non si avverrà.
La risposta marxista a entrambe queste accuse è la seguente: sebbene il tenore di vita in alcuni paesi capitalistici sia più alto che in precedenza, ciò non è vero per tutti. Questa, sostengono i marxisti, è una prova che il socialismo è il sistema preferibile e che il capitalismo sta lentamente perdendo terreno. In quanto all’idea che il capitalismo sia in grado di risolvere i suoi problemi grazie alla propria inventiva, i marxisti sostengono che molte delle innovazioni introdotte sono innovazioni socialiste. Per esempio, spendere a fondo perduto in tempi di crisi è un meccanismo socialista per evitare una depressione;
la formazione dei sindacati che ha limitato il raggio d’azione del mercato del lavoro è, analogamente, un altro esempio di intervento sullo sviluppo normale del capitalismo. I marxisti dicono che meccanismi come questi sono necessari per salvare il sistema dall’autodistruzione.
Agli inizi degli anni novanta gli eventi politici nei cosiddetti <<paesi della cortina di ferro>> - la Germania dell’Est, l’Ungheria, l’ex Unione Sovietica, ciò che una volta era la Jugoslavia, la Romania e la Cecoslovacchia – hanno prodotto un impatto enorme sul dibattito sul marxismo. Da questi eventi sono emerse tre critiche alla teoria marxista. Innanzitutto è stato detto che la tesi secondo la quale lo stato svanirà e sarà sostituito da una società senza classi si è rivelata falsa. Sin dal 1917 molte società sono state organizzate sulla falsariga delle indicazioni di Marx, eppure si è trattato invariabilmente di crudeli dittature in cui i diritti umani sono stati soppressi. Anzi, come hanno mostrato gli eventi appena ricordati, queste cosiddette società marxiste sono divenute sempre più impopolari proprio perché non hanno permesso che il popolo partecipasse al governo in modo democratico. Questa impopolarità ha raggiunto il punto di rottura tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, arrivando infine all’esplosione: il governo di queste società è stato rovesciato e sostituito con governi non marxisti, capitalisti e orientati in senso democratico. L’Ungheria e la Russia sono gli esempi più significativi. Ciò ha dimostrato che l’idea marxiana dell’aumento della libertà attraverso la dittatura del proletariato è falsa: anzi, è successo esattamente il contrario. Il marxismo, in quanto programma politico di mobilitazione della maggioranza, è fallito. L’impatto dei movimenti di opposizione e che lo hanno sconfitto è da ricercare nelle passioni nazionaliste e in quelle democratiche.
In secondo luogo, è stato detto che il marxismo, in quanto teoria, ha sempre sottovalutato la forza d’urto del nazionalismo e delle rivalità e identità etniche. Sono state queste, e non la coscienza di classe, a trasformare i paesi ricordati sopra. I conflitti interni nati nell’ex Jugoslavia, nell’ex Unione Sovietica e nell’ex Cecoslovacchia sono dovuti più ad aspirazioni e tensioni nazionalistiche che agli ideali comunisti.
La terza critica è che l’economia marxista, così come è stata applicata da questi governi, non ha mai avuto successo nella pratica. Tutti i paesi ex comunisti, dalla Germania dell’Est all’Unione Sovietica, dall’Ungheria alla Cina, sono rimasti indietro rispetto all’Occidente. In questi paesi alla popolazione è stato imposto un tenore di vita sempre più basso. Dopo tre quarti di secolo passati a pianificare l’economia, l’Unione Sovietica non riusciva a produrre cibo sufficiente per sfamare la popolazione, mentre le nazioni capitalistiche e organizzate in senso democratico, come gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna e la maggior parte dell’Europa occidentale, riescono a produrre più cibo e merci di alta qualità di quanto ne possano vendere.
Alcuni teorici marxisti rispondono a queste accuse sostenendo che non si possono giudicare i meriti della teoria di Marx in base a questi eventi politici. Secondo loro i paesi comunisti si sono autodefiniti tali, ma non hanno mai seguito realmente i precetti di Marx. Essi affermano che le esemplificazioni più significative delle teorie marxiste si ritrovano nei paesi dove il socialismo ha preso la forma democratica auspicata da Marx: i paesi scandinavi, Israele, nazioni occidentali come la Francia e l’Italia, dove gli ideali socialisti sono stati realmente messi in pratica.
Queste diverse valutazioni del marxismo sono state sia difese sia attaccate con vigore da vari filosofi contemporanei. Oggi alcuni teorici affermano che il marxismo è l’idea più pericolosa che sia mai stata proposta, mentre altri lo difendono, dicendo che non è mai stato messo alla prova nella sua forma pura. Nel mezzo ci sono molti disposti a riconoscere che Marx è importante soprattutto per le sue intuizioni negative sul capitalismo, per averne indicato i difetti in modo penetrante e anche per aver proposto alcuni metodi con cui eliminare o ridurre tali difetti, ma aggiungono nel contempo che l’ideale marxista non è né attuabile né desiderabile. Da questo punto di vista la tesi marxista dello sviluppo di un nuovo tipo di essere umano attraverso una serie di cambiamenti nella pratica economica è considerato fantasioso utopismo. Ciò nonostante, all’aspirazione di Marx a un mondo migliore e alla sua visione ideale di questo nuovo mondo si deve riconoscere un’innegabile serietà. Ovviamente la futura evoluzione della teoria marxista dipenderà in gran misura da come si svilupperanno gli eventi politici al sopraggiungere del XXI secolo.

R. Popkin – A. Stroll, Filosofia per tutti, trad. it. Di P.Adamo, Il Saggiatore, Milano 1997, pp. 128-131


Ultima modifica di AquilaLatina il Ven Giu 05, 2009 12:07 am, modificato 1 volta in totale
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Ven Giu 05, 2009 12:05 am    Oggetto:  
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LE PREVISIONI DI MARX NON SI SONO AVVERATE?

Marx aveva profeticamente pronosticato che la società avrebbe ineluttabilmente sempre più assunto le sembianze di una piramide al cui vertice vi sarebbe stato un ristretto numero di individui ricchi e alla cui base, invece, una miriade di operai diseredati e destinati a vivere in condizioni di povertà insostenibile. Il fatto che lo sviluppo delle forze produttive stesse crescendo, ma al tempo stesso non accennasse a diminuire la miseria del proletariato, appariva a Marx, insieme ad un' accresciuta coscienza di classe da parte degli operai, la condizione per il sovvertimento dell'assetto capitalistico e la transizione ad una nuova formazione economico-sociale. Il pensatore tedesco era pervenuto a queste conclusioni basandosi sul fatto che, con il sopravvento delle macchine e del lavoro dequalificato tipico della realtà industriale, gli strati del ceto medio costituenti la borghesia sarebbero gradualmente scivolati ad ingrossare le fila del proletariato. Con il senno di poi, si può essere indotti a pensare che l'analisi marxiana, secondo la quale la società sarebbe andata sempre più polarizzandosi al punto da far esplodere la rivoluzione, non si sia avverata (e anche con la Rivoluzione russa il sistema capitalistico ha scricchiolato senza però cedere): infatti, dopo la morte di Marx, si è affermata una sempre più variegata composizione sociale, tant'è che la società si è dimostrata rappresentabile non già a forma piramidale (come credeva Marx), ma a forma romboidale. Non è vero, cioè, che ci sono pochissimi ricchi al vertice, pochi borghesi nel mezzo e una miriade di poveracci alla base; al contrario, vi sono pochi ricchi al vertice, pochi poveri al fondo, e una caterva di borghesi che occupano la parte centrale. La teoria marxiana sembra dunque aver clamorosamente fallito ma, in realtà, i marxisti più ferventi, sono riusciti a correre ai ripari, cercando di sostenere che la polarizzazione, contrariamente a quel che sembrerebbe, c'è stata. Si fa infatti notare che gli operai di oggi vivono senz'altro meglio rispetto a quelli di duecento anni fa, ma ciononostante il reddito medio dell'operaio di oggi è di gran lunga più distante da quello del capitalista rispetto a quanto non fosse per gli operai del passato. In altri termini, l'operaio oggi sta meglio di duecento anni fa, ma in sostanza il divario con il capitalista si è accentuato: si è cioè aperta nettamente la forbice tra il guadagno dell’operaio e quello del “padrone”. E bisogna poi tenere in considerazione il fatto che, nell'ottica marxiana, il capitalismo è un fenomeno mondiale, che con l'età dell'imperialismo si spinge ad invadere l'intero pianeta. Dunque, se ragioniamo sul piano mondiale, la distanza tra ricchi e poveri è sicuramente cresciuta, come aveva previsto Marx; semmai, si può notare che è cambiato il fronte della lotta di classe, ovvero il confine tra sfruttati e sfruttatori non è più tra operai e capitalisti dell'evoluta società europea, ma fra abitanti dei Paesi ricchi (operai compresi) e abitanti dei Paesi poveri, il che significa che oggi anche l'operaio europeo sta dalla parte dei capitalisti che sfruttano il terzo mondo, giacchè acquista e vive grazie al benessere acquisito sulle spalle dei Paesi poveri. Ne consegue un progressivo depotenziamento della spinta rivoluzionaria del proletariato europeo, in quanto anch'esso siede al tavolo degli sfruttatori del "mondo civile", pur accontentandosi delle sole briciole. Dunque la carica rivoluzionaria in ambito europeo si è attenuata nella misura in cui i proletari prendono parte alla spartizione dei beni del terzo mondo, sentendosi appagati e dimenticandosi della rivoluzione esaltata da Marx. Naturalmente questo tentativo di difendere il marxismo dall'accusa che, almeno in apparenza, la polarizzazione profetizzata da Marx non c'è stata, spiegando che in realtà c'è stata ma in modo diverso dal previsto, poteva costituire per Popper un fulgido esempio di teoria non scientifica perchè non falsificabile. Infatti, la teoria della polarizzazione è il classico esempio di teoria non falsificabile, poichè si può sempre trovare il modo di rispondere a qualsiasi obiezione le venga mossa: e una teoria, dice Popper, è scientifica non quando è verificabile, ovvero quando può appellarsi a dati di fatto che la avvalorino, poichè altrimenti anche la teoria secondo la quale Dio esiste potrebbe essere scientifica, in quanto provata da molteplici dati di fatto. Viceversa, una teoria può dirsi scientifica, prosegue Popper, se è falsicabile, ovvero se vi sono dati di fatto che possono smentirla: la teoria galileiana della caduta dei gravi è scientifica perchè sarebbe potuta essere smentita dai dati di fatto. Il marxismo, dal canto suo, non è agli occhi di Popper una teoria scientifica (come invece vuole presentarla Marx) perché di fronte ad ogni critica o accusa può sempre essere in qualche maniera aggiustata. Marx sembra dunque, entro certi limiti, aver sbagliato, anche se egli sapeva benissimo che la società tende sempre a generare nuovi ceti medi: tuttavia, era convinto che il processo ai suoi tempi in atto creasse sì nuovi ceti medi, ma ne smantellasse, in misura notevolmente maggiore, di vecchi, sicchè sarebbero stati più i ceti medi a sparire che non a nascere. E il pensatore tedesco aveva soprattutto in mente i contadini e gli operai, che, di fronte alla tecnologia pulsante delle fabbriche, erano costretti a soccombere e a finire nelle compagini del proletariato. E qui si può effettivamente sostenere che le convinzioni marxiane fossero parzialmente sbagliate: il ceto medio è cresciuto esponenzialmente; certo, i vecchi ceti medi sono, per lo più, spariti, ma quelli nuovi sono cresciuti in modo ragguardevole, contro ogni aspettativa marxiana. L’errore di Marx nasce dal fatto che egli, nella foga del suo materialismo storico, ha finito per dare troppo peso all’economia (che infatti spingeva verso la scomparsa dei piccoli borghesi) e non ha preventivato che la politica potesse frenare l’inarrestabile crisi dei ceti medi: e infatti nel Novecento, soprattutto negli anni successivi alla grande crisi del ’29, saranno sempre più frequenti le scelte politiche che tenderanno ad evitare il decadimento dei ceti medi; il fascismo e il nazismo, ad esempio, faranno di tutto per salvarli, proprio perché ne erano espressione politica. La politica prevalente negli anni ’30 del Novecento sarà dunque, in generale, volta a mantenere in vita i ceti medi perché essi costituivano un irrinunciabile serbatoio di consensi.

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Marxist-leninist




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MessaggioInviato: Dom Gen 31, 2010 3:12 pm    Oggetto:  
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Secondo me, queste critiche, non stanno in piedi.
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Il Littore



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MessaggioInviato: Dom Gen 31, 2010 6:18 pm    Oggetto:  
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Marxist-leninist ha scritto:
Secondo me, queste critiche, non stanno in piedi.

Bene. Motivazioni?
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Marxist-leninist




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MessaggioInviato: Lun Feb 01, 2010 8:38 pm    Oggetto:  
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Il Littore ha scritto:
Marxist-leninist ha scritto:
Secondo me, queste critiche, non stanno in piedi.

Bene. Motivazioni?



Allora, sarò un po' lunghetto, chiedo scusa in anticipo; occorreranno alcune citazioni del dr. e compagno Marx, è doveroso!


Citazione:
Innanzitutto è stato detto che la pretesa di stabilire leggi storiche generali è inammissibile. Forse per questa via si può trovare un mezzo utile a comprendere il passato, ma non a prevedere il futuro, come tenta di fare Marx.



Scusa ma, perchè non sarebbe possibile?
D'altra parte noi sappiamo perfettamente delle spiccate capcità intuitive e non, ma soprattutto, dell'elevato livello culturale del padre del comunismo; tra cui frequentò l'università di Economia e Filosofia poi---quindi, come dico erroneamente sopra, le, da voi chiamate, ''previsioni'', sono invece il reso conto finale della vita di studi di Karl Marx---non è quindi un problema per me citarvi le prime righe del primo capitolo del Manifesto:


La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi.

Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta.

Nelle epoche passate della storia troviamo quasi dappertutto una completa articolazione della società in differenti ordini, una molteplice graduazione delle posizioni sociali. In Roma antica abbiamo patrizi, cavalieri, plebei, schiavi; nel medioevo signori feudali, vassalli, membri delle corporazioni, garzoni, servi della gleba, e, per di più, anche particolari graduazioni in quasi ognuna di queste classi.

La società civile moderna, sorta dal tramonto della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha soltanto sostituito alle antiche, nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta.

La nostra epoca, l'epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aver semplificato gli antagonismi di classe. L'intera società si va scindendo sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte l'una all'altra: borghesia e proletariato.


Sinceramente in queste frasi io ci vedo solo verità assolute!
è cambiato poco o niente da quando Karl scrisse questo ad oggi, questo fa evincere chiaramente il fatto che le classi sociali sono divise in due:
Borghesi e proletari. (In mezzo ci stanno i benestanti, ovviamente)


Citazione:
Egli guarda allo sviluppo storico come a un processo inevitabile che condurrà infine alla costruzione della società senza classi in tutti gli stati.



Non dice in quanto tempo questo debba succedere, quindi una buona parte dei commenti successivi vanno in fumo.
Lui si ''limita'' a criticare il sistema capitalista ed a dire che non passerà molto prima che la gente abbia la coscianza di classe per ribellarsi; il chè è tutto un dire.


Citazione:
Ora, per una teoria di questo genere è necessario qualche criterio; parlare in questo modo vuol dire appellarsi a un criterio morale assoluto, cosa cui altrove lo stesso Marx, discutendo di morale, nega qualsiasi validità.



Non ha senso. I criteri, se leggi Marx, ci sono eccome.


Citazione:
discutendo di morale



La morale è una cazzata piccolo-borghese che non ha nulla a che vedere col Marxismo-Leninismo.

Citazione:

idea soggettivistica




Ahahah!


Citazione:
La teoria economica di Marx è stata criticata dai difensori del capitalismo su basi empiriche, con un appello a fatti che sembrano confutarla.




Premetto che i principali difensori del capitalismo sono capitalisti. Quindi...


Citazione:
essi sottolineano che la previsione dell’aumento della miseria nelle società capitalistiche non si è avverata. La situazione dell’operai è di fatto migliore che mai. Lavora per meno ore, ha più denaro e in genere ha un tenore di vita più alto di quello degli operai del secolo scorso. Il capitalismo, invece di abbassare la qualità di vita e di esacerbare le relazioni tra datore di lavoro e lavoratore, ha prodotto tenori di vita più alti e ha migliorato le relazioni tra proprietario e operaio.
Questi critici osservano anche che il capitalismo si è dimostrato sorprendentemente inventivo nel risolvere le difficoltà che sono sorte al suo interno.



Questi sono soltanto alcuni ''contentini'' che non ha placato la forza degli operai nelle cosiddette rivoluzioni ''rosse''.
Nel caso dell'Italia, i capitalisti finanziarono Mussolini per menare gli operai che si erano esaltati e sollecitati marxisticamente nel Biennio Rosso.


Per il resto bisogna vedere la ''Risposta Marxista''; anche se spesso e volentieri, come accadde in Italia, la rivoluzione è stata placata e c'è mancato spesso molto poco prima che il socialismo marxista si avverasse anche in Italia, questo avrebbe potuto portare al Comunismo vero e proprio.


Citazione:
Agli inizi degli anni novanta gli eventi politici nei cosiddetti <<paesi della cortina di ferro>> - la Germania dell’Est, l’Ungheria, l’ex Unione Sovietica, ciò che una volta era la Jugoslavia, la Romania e la Cecoslovacchia – hanno prodotto un impatto enorme sul dibattito sul marxismo. Da questi eventi sono emerse tre critiche alla teoria marxista. Innanzitutto è stato detto che la tesi secondo la quale lo stato svanirà e sarà sostituito da una società senza classi si è rivelata falsa. Sin dal 1917 molte società sono state organizzate sulla falsariga delle indicazioni di Marx, eppure si è trattato invariabilmente di crudeli dittature in cui i diritti umani sono stati soppressi. Anzi, come hanno mostrato gli eventi appena ricordati, queste cosiddette società marxiste sono divenute sempre più impopolari proprio perché non hanno permesso che il popolo partecipasse al governo in modo democratico. Questa impopolarità ha raggiunto il punto di rottura tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, arrivando infine all’esplosione: il governo di queste società è stato rovesciato e sostituito con governi non marxisti, capitalisti e orientati in senso democratico. L’Ungheria e la Russia sono gli esempi più significativi. Ciò ha dimostrato che l’idea marxiana dell’aumento della libertà attraverso la dittatura del proletariato è falsa: anzi, è successo esattamente il contrario. Il marxismo, in quanto programma politico di mobilitazione della maggioranza, è fallito. L’impatto dei movimenti di opposizione e che lo hanno sconfitto è da ricercare nelle passioni nazionaliste e in quelle democratiche.
In secondo luogo, è stato detto che il marxismo, in quanto teoria, ha sempre sottovalutato la forza d’urto del nazionalismo e delle rivalità e identità etniche. Sono state queste, e non la coscienza di classe, a trasformare i paesi ricordati sopra. I conflitti interni nati nell’ex Jugoslavia, nell’ex Unione Sovietica e nell’ex Cecoslovacchia sono dovuti più ad aspirazioni e tensioni nazionalistiche che agli ideali comunisti.
La terza critica è che l’economia marxista, così come è stata applicata da questi governi, non ha mai avuto successo nella pratica. Tutti i paesi ex comunisti, dalla Germania dell’Est all’Unione Sovietica, dall’Ungheria alla Cina, sono rimasti indietro rispetto all’Occidente. In questi paesi alla popolazione è stato imposto un tenore di vita sempre più basso. Dopo tre quarti di secolo passati a pianificare l’economia, l’Unione Sovietica non riusciva a produrre cibo sufficiente per sfamare la popolazione, mentre le nazioni capitalistiche e organizzate in senso democratico, come gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna e la maggior parte dell’Europa occidentale, riescono a produrre più cibo e merci di alta qualità di quanto ne possano vendere.
Alcuni teorici marxisti rispondono a queste accuse sostenendo che non si possono giudicare i meriti della teoria di Marx in base a questi eventi politici. Secondo loro i paesi comunisti si sono autodefiniti tali, ma non hanno mai seguito realmente i precetti di Marx. Essi affermano che le esemplificazioni più significative delle teorie marxiste si ritrovano nei paesi dove il socialismo ha preso la forma democratica auspicata da Marx: i paesi scandinavi, Israele, nazioni occidentali come la Francia e l’Italia, dove gli ideali socialisti sono stati realmente messi in pratica.




I comunisti lottano per raggiungere i fini e gli interessi immediati della classe operaia, ma nel movimento presente rappresentano in pari tempo l'avvenire del movimento. In Francia i comunisti si alleano al partito socialista-democratico contro la borghesia conservatrice e radicale, senza per questo rinunciare al diritto d'un contegno critico verso le frasi e le illusioni provenienti dalla tradizione rivoluzionaria.


Il Manifesto del Partito Comunista
IV. Posizione dei Comunisti di fronte ai diversi partiti di opposizione
.


Come dice il compagno Marx, tutto questo è dovuto al fatto che i comunisti devono rappresentare l'avvenire, le parole parlano da sole, se i comunisti in alcuni paesi, ed il Comunismo in generale è stato frenato, è, ovviamente aggiungerei, dovuto alle dittature che ne hanno segnato il progressivo rallentamento; andando contro agli studi di Karl.


Citazione:
Oggi alcuni teorici affermano che il marxismo è l’idea più pericolosa che sia mai stata proposta



Papparapappa pàpà!


Citazione:
mentre altri lo difendono, dicendo che non è mai stato messo alla prova nella sua forma pura.



Il Comunismo in sè no, dato che le classi sociali ci sono sempre state, ma la grande URSS stalinista c'è andata molto vicino, dopo la morte del compagno Stalin
tutto il progetto comunista e l'economia sono andati a monte!


Citazione:
Nel mezzo ci sono molti disposti a riconoscere che Marx è importante soprattutto per le sue intuizioni negative sul capitalismo, per averne indicato i difetti in modo penetrante e anche per aver proposto alcuni metodi con cui eliminare o ridurre tali difetti.



Riconoscimento limitatissimo dato, molto probabilmente, da capitalisti.
Il riconoscimento è molto più ampio di quello di aver analizzato e criticato il sistema capitalista, ed averne proposto uno alternativo.


Citazione:
Da questo punto di vista la tesi marxista dello sviluppo di un nuovo tipo di essere umano attraverso una serie di cambiamenti nella pratica economica è considerato fantasioso utopismo. Ciò nonostante, all’aspirazione di Marx a un mondo migliore e alla sua visione ideale di questo nuovo mondo si deve riconoscere un’innegabile serietà.



Idem come sopra!


Citazione:
Ovviamente la futura evoluzione della teoria marxista dipenderà in gran misura da come si svilupperanno gli eventi politici al sopraggiungere del XXI secolo.










Puro revisionismo borghese.
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Marcus
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MessaggioInviato: Mar Feb 02, 2010 9:54 am    Oggetto:  
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...la critica al marxismo da un punto di vista rivoluzionario e non borghese né filocapitalista é un dato di fatto presente da decenni, a cominciare dai lavori di Giovanni Gentile che si dedicò allo studio del marxismo con vari saggi, riuniti nel 1899 sotto il titolo “La filosofia di Marx”; con essi egli dimostrò che il marxismo non era una teoria economica, era bensì una filosofia ma che questa, basandosi sui presupposti del materialismo storico e del materialismo assoluto, assumeva aspetti e soluzioni di tipo economico.Egli riconosce che la questione sociale è diventata per molti di fondamentale importanza, ma sostiene che su di essa si fa molta demagogia: vi speculano sopra i partiti politici,che esaltano poi le masse, che distruggono i due vincoli etici fondamentali: lo Stato e la famiglia. Gentile riconosce esplicitamente ed in più occasioni nel marxismo un’azione ed un’opera critica che, riferita a particolari condizioni di tempo e di luogo, può essere considerata proficua; ma confuta il fatto di aver preteso di operare una critica di costume spingendo a valore filosofico il problema economico che riduce ad economia ed a rapporti economici i motivi di unione degli uomini pretendendo di desumere dalla storia stessa leggi deterministiche per il destino di tale rapporto. Lo stesso tipo di critica svolsero, questa volta non in campo teorico-filosofico ma in quello della prassi politica tutti i maggiori esponenti del sindacalismo rivoluzionario che non a caso aderiranno al fascismo. Emblematico per tutti l'esempio di Roberto Michels che da teorico del sindacalismo divenne ideologo fascista.Per Michels, l'ala sindacalista del suo tempo rappresentava la componente più moderna, dinamica e idealista del socialismo moderno. Egli concepiva il sindacalismo come una corrente rivoluzionaria intransigente ed idealista all’interno del movimento socialista il cui scopo preciso era quello di "elevare le masse alla coscienza della loro missione di classe", in contrapposizione all’ortodossia socialista che riteneva la coscienza di classe del proletariato il prodotto automatico dei processi economici. Michels pensava che la maturazione politica e morale della classe lavoratrice fosse una funzione dell’azione educatrice di una minoranza di intellettuali rivoluzionari. Tutte queste erano idee sindacaliste, derivate in gran parte dalle opere di George Sorel e dei sindacalisti francesi, riprese ed elaborate dai sindacalisti italiani intellettualmente più aggressivi. Essi si consideravano" marxisti rivoluzionari" animati da un marxismo più dinamico, moderno ed idealista di quello ortodosso, rifiutavano recisamente il concetto secondo cui la coscienza rivoluzionaria di classe e il successo rivoluzionario dovevano sostanzialmente ritenersi prodotti automatici del progresso economico moderno. Sostenevano che i "fattori morali", gli "ideali" collettivi e individuali, la "volontà" e il "sentimento" avevano la funzione di variabili critiche nei processi che governano lo sviluppo umano. Inoltre, sostenevano anche che le masse sono per natura "passive" finché non sono possedute da una "grande visione" o da un’ideale storico formulato e divulgato da una minoranza d’avanguardia. In questo ambiente intellettuale Michels formulò le sue idee relative ai rapporti tra variabili economiche e psicologiche e quelle sui rapporti tra la "massa" e i dirigenti rivoluzionari. Nel 1903 era chiaro che il marxismo di Michels era di tipo particolare, era più idealista che materialista, nel senso che era disposto ad attribuire una maggiore importanza alle variabili psicologiche, intellettuali e morali di quanto non fosse nella tradizione dell’ortodossia marxista; inoltre il suo marxismo era più "individualistico", nel senso che considerava gli individui straordinari un fattore critico per lo sviluppo storico. La massa restava "incapace" e "passiva", senza l’intervento di dirigenti "straordinari" animati da "grandi idee". In questo senso Michels non soltanto fu un sindacalista, ma diede espressione organica anche a quell’insieme di idee che si ritrovano sparse negli scritti del giovane Mussolini. La scoperta del fatto che Mussolini e Michels condividevano le stesse convinzioni sindacaliste è fondamentale per comprendere il contributo portato da quest’ultimo all’ideologia fascista. Definito un "ademocratico", sta di fatto che Michels aveva in comune con i sindacalisti italiani un atteggiamento profondamente antiparlamentare. Già nel 1903 ad esempio sosteneva che la massa popolare poteva essere soltanto un elemento passivo nel cambiamento sociale. Nel 1909 ribadì lo stesso concetto: la maggior parte degli uomini o resta passiva di fronte alle questioni politiche, oppure si dimostra incompetente nel tentativo di risolverle. Prendendo questa posizione, Michels riaffermava le idee sindacaliste di allora, già espresse con chiarezza e semplicità da Arturo Labriola:" la democrazia manca di presa sul processo specifico della vita sociale. La sua caratteristica è l’incompetenza".In sostanza la concezione sindacalista di Michels dell’aristocrazia rivoluzionaria ideale e del suo conseguente governo si accentrava in un concetto di governo dove questa "aristocrazia" la quale, oltre a possedere la volontà rivoluzionaria, possedesse anche le capacità tecniche richieste dalla complessità della vita moderna.Dunque il passaggio di Michels dal sindacalismo rivoluzionario al Fascismo fu in gran parte favorito dalla sua critica al Marxismo teorico, cioè al fondamento razionale "scientifico" di quest’ultimo. In una delle sue prime opere infatti, Michels espresse la convinzione che la sostanza del potenziale rivoluzionario del socialismo si trovasse non nelle sue pretese scientifiche, ma nelle sue convinzioni etiche. Per tutta la vita, egli rimase convinto del fatto che un movimento rivoluzionario, per quanto "scientifico" non deve trascurare gli imperativi morali che inducono gli uomini all’azione politica, sostenendo, come il sociologo Vilfredo Pareto, che ben difficilmente ci si può aspettare che i soli fattori economici possano spiegare adeguatamente i comportamenti sociali e politici umani. Pareto parlava di "interdipendenza" e "compenetrazione" di fattori, dei quali le variabili economiche sono uno soltanto.Nella sua analisi della rivoluzione, Michels prosegui’ sostenendo che le circostanze economiche forniscono le precondizioni degli importanti mutamenti sociali, ma che un numero imprecisato di altri fattori contribuisse al successo del risultato. Egli affermava che "l’uomo non è un calcolatore economico. La sua vita è una continua lotta tra necessità economiche, stato sociale al quale appartiene ed una sfera tradizionale di interessi e doveri da una parte e, dall’altra parte impulsi che sono, per cosi’ dire, al di sopra e al di là della sua posizione materiale e sociale e che possono suscitare nel suo cuore passioni in grado di distrarlo dal suo percorso economico e dare alla sua attività un’altra direzione, talvolta anche di natura utopistica". Mentre l’incompetenza collettiva delle masse ha bisogno invece di organizzazione se si vuole giungere a qualche cambiamento rivoluzionario. Ma siccome l’organizzazione ha bisogno di funzionari di capacità non comuni e di competenza particolare, ogni organizzazione comporta una gerarchia. E poiché le qualità di dirigenti ed organizzatori sono rarissime, ogni gerarchia diviene, in sostanza, un’oligarchia. Infine, poiché ciascuna organizzazione per ottenere il massimo successo, deve essere pervasa da un sentimento missionario, trasmesso per mimetismo o per suggestione, e deve possedere un simbolo e un mito, l’oligarchia per essere efficiente al massimo, deve avere un tribuno, un "capo" che parli in un linguaggio "mitico" al quale siano sensibili le masse organizzate. A causa di ciò, Michels, non soltanto modificava notevolmente l’interpretazione marxista ortodossa della storia, ma sosteneva anche che tale interpretazione non aveva né una chiara concezione della psicologia delle masse né una vera comprensione dei principi fondamentali dell’organizzazione rivoluzionaria. Le masse, senza lo spirito fornito da un ideale missionario, soccomberebbero all’influenza dei loro interessi più immediati, settoriali e vili. Come molti dei principali sindacalisti del periodo precedente la prima guerra mondiale, Michels finì col sostenere l’inadeguatezza della teoria marxista sulla psicologia individuale e collettiva. L’assenza di tale teoria anzi non soltanto costituiva un difetto teorico, ma lasciava anche il movimento rivoluzionario privo di indirizzo riguardo alla mobilitazione ed all’organizzazione di massa. I sindacalisti e Michels con loro, asserivano inoltre che qualsiasi perseguimento di interessi puramente materiali porta necessariamente alla divisione. Mussolini ,contemporaneo di Michels,proveniente come quest’ultimo dalle file del Socialismo rivoluzionario, segui’ sostanzialmente la stessa traiettoria spirituale, introdusse nel Fascismo le stesse idee e continuò a difenderle per tutto il resto della sua vita. La critica di Michels al marxismo del suo tempo caratterizzò la prima fase di un progressivo sviluppo ideologico che doveva concludersi col riconoscimento dell’importanza del sentimento e del "mito" per la mobilitazione e l’organizzazione delle masse rivoluzionarie. La sua analisi, cosi’ come quella di Mussolini, si volse alla fine verso componenti mitiche alternative, cioè verso sentimenti che non fossero quelli di "classe" e che potessero essere utilizzati per tentare di riunire e organizzare le energie rivoluzionarie necessarie per un vasto cambiamento sociale. Prestissimo essi individuarono nel nazionalismo uno dei più potenti sentimenti che avrebbero potuto animare le masse del ventesimo secolo. Di conseguenza, le originarie convinzioni marxiste sue e di Mussolini subirono un’ulteriore modificazione e produssero alla fine, il sistema di idee del Fascismo. (estratto da A.James Gregor - "ROBERTO MICHELS e l’ideologia del fascismo", edizioni Volpe)
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MessaggioInviato: Mer Feb 03, 2010 11:50 am    Oggetto:  
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Ringrazio Marco per il prezioso contributo.

Vorrei poi focalizzare l'attenzione su un elemento basilare, ovviamente già sviscerato ma mai abbastanza sottolineato: il materialismo.

Il problema principale della teoria di MArx, come di tutte le teorie che vi si rifanno, è il materialismo. Questo non può essere, obiettivamente e REALISTICAMENTE, la "soluzione" ai problemi politici ed economici. L'economia NON PUO' essere il fondamento della Vita e la Vita non può dipendere dall'economia! I Sistemi economicisti, come marxismo e liberismo, si condannano da sè e condannano le scoietà civili trasformandole in incivili.

Il problema principale delle teroie materialiste è che non si pongono il problema delle SOLUZIONI definitive o almeno a lungo termine! Sono tutte orientate AL MOMENTO e non riescono, endemicamente, a risolvere problemi in via duratura! E non potrebbe essere altrimenti! Se io, da materialista, guardo in faccia un dato problema, in un dato momento, cerco una soluzione NEL MOMENTO a quel dato problema CON GLI STRUMENTI che la "realtà" del momento mi fornisce!

E un materialista non potrebbe pensare altrimenti! Infatti i Marxisti attuali considerano gli interventi materiali di Marx ancora "fattibili" perchè presumono che la REALTA' non si cambaita! Questo è ASSURDO! Ma soprattutto presumono che la realtà NON SIA SOGGETTA A CAMBIAMENTI! Questo è ancora più assurdo! Illogico e impossibile! Eppure viene ancora creduto!

Inoltre l'esperienza umana MILLENARIA dimostra inoppugnabilmente, che la soluzione ai problemi politici deve essere "spirituale e morale"! Perchè l'uomo NON E' UN ANIMALE! Non si può pretendere il rispetto dei "diritti umani" quando le ideologie materialiste LO CONSIDERANO UN ANIMALE DA SOMA il cui appagamento deriva da un sufficiente foraggiamento!!!!!

L'UOMO NON E' UNA PANCIA DA RIEMPIRE! E nemmeno uno "strumento di lavoro". Il lavoro non è una iattura da cui "liberarsi".

Le soluzioni a lungo termine sono quelle che considerano l'uomo nel suo INSIEME spirituale e materiale e che mirano alla riforma dell'Educazione dell'Uomo in senso ALTO, ETICO, poichè è dalle posizioni e dalla formazione dell'Uomo che dirivano società più o meno civili!

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MessaggioInviato: Mer Feb 03, 2010 6:46 pm    Oggetto:  
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Citazione:
il materialismo



Storico o dialettico?
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MessaggioInviato: Mer Feb 03, 2010 7:52 pm    Oggetto:  
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...secondo me se leggi attentamente gli ultimi interventi vedrai da te che qualsivoglia valutazione della realtà umana in chiave materialista é incompatibile con lo Stato Etico corporativo fascista.
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MessaggioInviato: Mer Feb 03, 2010 8:44 pm    Oggetto:  
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Marxist-leninist ha scritto:
Citazione:
il materialismo



Storico o dialettico?


Credo che questo intervento sia inutile da un punto di vista argomentativo.

Cosa vuole mettere in luce? Credi che Romainvicta non sappia la differenza tra i due e tu invece si?

Come ha detto Marcus l'incompatibilità del Materialismo (sia esso dialettico che storico che ne è l'applicazione alle società umane) col Fascismo è lapalissiana per chi ha un minimo di conoscenza dell'ideologia Mussoliniana-Gentiliana.

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Marxist-leninist




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MessaggioInviato: Mer Feb 03, 2010 9:47 pm    Oggetto:  
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Marcus ha scritto:
...secondo me se leggi attentamente gli ultimi interventi vedrai da te che qualsivoglia valutazione della realtà umana in chiave materialista é incompatibile con lo Stato Etico corporativo fascista.



Ora non ho tempo per fare una degna risposta al post di Invicta.
Domani argomenterò meglio.
Comunque penso che l'incompatibilità stia proprio nel fatto dello stato che si vuole creare, l'immagine/l'impronta che a questo stato si vuole dare.


Citazione:
Credo che questo intervento sia inutile da un punto di vista argomentativo.

Cosa vuole mettere in luce? Credi che Romainvicta non sappia la differenza tra i due e tu invece si?

Come ha detto Marcus l'incompatibilità del Materialismo (sia esso dialettico che storico che ne è l'applicazione alle società umane) col Fascismo è lapalissiana per chi ha un minimo di conoscenza dell'ideologia Mussoliniana-Gentiliana.



Calma. Domani controbatto.
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MessaggioInviato: Mer Feb 03, 2010 10:51 pm    Oggetto:  
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Marxist-leninist ha scritto:


Calma. Domani controbatto.


Sono calmo Wink

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MessaggioInviato: Gio Feb 04, 2010 11:39 am    Oggetto:  
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Marxist-leninist ha scritto:
Citazione:
il materialismo



Storico o dialettico?


Beh.

La DIALETTICA è la base filosofica di Hegel. Molti considerano Marx il migliore e più fedele attuatore della Dialettica Hegeliana (e io sono tra quelli) poichè Hegel è un razionalista "perfetto". La dialettica di Hegel consiste nella Sintesi fra gli opposti (Tesi + Antitesi =Sintesi). Quello di Marx è infatti materialismo storico E dialettico. Applicazione della dialettica hegeliana al materialismo storico, che impernia la sua filosofia sulla realtà degli interessi economici (generatice unica di scontri)

La visione della realtà in modo così univoco genera inevitabilmente uno scontro perpetuo, dove la soluzione non è assolutamente contemplata, ma è contemplato solo il problema.

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MessaggioInviato: Dom Feb 07, 2010 2:54 pm    Oggetto:  
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Scusate se non ho potuto rispondere prima.
Maledetta scuola.


Allora.


Citazione:
...la critica al marxismo da un punto di vista rivoluzionario e non borghese né filocapitalista é un dato di fatto presente da decenni, a cominciare dai lavori di Giovanni Gentile che si dedicò allo studio del marxismo con vari saggi, riuniti nel 1899 sotto il titolo “La filosofia di Marx”; con essi egli dimostrò che il marxismo non era una teoria economica, era bensì una filosofia ma che questa, basandosi sui presupposti del materialismo storico e del materialismo assoluto, assumeva aspetti e soluzioni di tipo economico.



Il Marxismo è una scienza.
Un sistema di produzione alternativo.


Citazione:
Egli riconosce che la questione sociale è diventata per molti di fondamentale importanza, ma sostiene che su di essa si fa molta demagogia: vi speculano sopra i partiti politici,che esaltano poi le masse, che distruggono i due vincoli etici fondamentali: lo Stato e la famiglia. Gentile riconosce esplicitamente ed in più occasioni nel marxismo un’azione ed un’opera critica che, riferita a particolari condizioni di tempo e di luogo, può essere considerata proficua; ma confuta il fatto di aver preteso di operare una critica di costume spingendo a valore filosofico il problema economico che riduce ad economia ed a rapporti economici i motivi di unione degli uomini pretendendo di desumere dalla storia stessa leggi deterministiche per il destino di tale rapporto. Lo stesso tipo di critica svolsero, questa volta non in campo teorico-filosofico ma in quello della prassi politica tutti i maggiori esponenti del sindacalismo rivoluzionario che non a caso aderiranno al fascismo. Emblematico per tutti l'esempio di Roberto Michels che da teorico del sindacalismo divenne ideologo fascista.



Nel Socialismo lo Stato assume un valore fondamentale...controlla l'intera economia attraverso pianificazioni (Economia Pianificata), ed ha poteri ed un livello di estensione molto ampio; questo processo/periodo storico dovrebbe portare al Comunismo, ovvero l'eliminazione dello Stato.


Per quanto riguarda la famiglia, beh:


Abolizione della famiglia! Anche i più estremisti si riscaldano parlando di questa ignominiosa intenzione dei comunisti.

Su che cosa si basa la famiglia attuale, la famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno privato. Una famiglia completamente sviluppata esiste soltanto per la borghesia: ma essa ha il suo complemento nella coatta mancanza di famiglia del proletario e nella prostituzione pubblica.

La famiglia del borghese cade naturalmente col cadere di questo suo complemento ed entrambi scompaiono con la scomparsa del capitale.

Ci rimproverate di voler abolire lo sfruttamento dei figli da parte dei genitori? Confessiamo questo delitto. Ma voi dite che sostituendo l'educazione sociale a quella familiare noi aboliamo i rapporti più cari.

E anche la vostra educazione, non è determinata dalla società? Non è determinata dai rapporti sociali entro i quali voi educate, dalla interferenza più o meno diretta o indiretta della società mediante la scuola e così via? I comunisti non inventano l'influenza della società sull'educazione, si limitano a cambiare il carattere di tale influenza, e strappano l'educazione all'influenza della classe dominante.

La fraseologia borghese sulla famiglia e sull'educazione, sull'affettuoso rapporto fra genitori e figli diventa tanto più nauseante, quanto più, per effetto della grande industria, si lacerano per il proletario tutti i vincoli familiari, e i figli sono trasformati in semplici articoli di commercio e strumenti di lavoro.

Il Manifesto del Partito Comunista
II. Proletari e Comunisti



Le parole del compagno Marx sono, per descrivere e spiegare la famiglia, precise e sintetiche.


Citazione:
l'ala sindacalista del suo tempo rappresentava la componente più moderna, dinamica e idealista del socialismo moderno. Egli concepiva il sindacalismo come una corrente rivoluzionaria intransigente ed idealista all’interno del movimento socialista il cui scopo preciso era quello di "elevare le masse alla coscienza della loro missione di classe", in contrapposizione all’ortodossia socialista che riteneva la coscienza di classe del proletariato il prodotto automatico dei processi economici. Michels pensava che la maturazione politica e morale della classe lavoratrice fosse una funzione dell’azione educatrice di una minoranza di intellettuali rivoluzionari. Tutte queste erano idee sindacaliste, derivate in gran parte dalle opere di George Sorel e dei sindacalisti francesi, riprese ed elaborate dai sindacalisti italiani intellettualmente più aggressivi. Essi si consideravano" marxisti rivoluzionari" animati da un marxismo più dinamico, moderno ed idealista di quello ortodosso, rifiutavano recisamente il concetto secondo cui la coscienza rivoluzionaria di classe e il successo rivoluzionario dovevano sostanzialmente ritenersi prodotti automatici del progresso economico moderno. Sostenevano che i "fattori morali", gli "ideali" collettivi e individuali, la "volontà" e il "sentimento" avevano la funzione di variabili critiche nei processi che governano lo sviluppo umano. Inoltre, sostenevano anche che le masse sono per natura "passive" finché non sono possedute da una "grande visione" o da un’ideale storico formulato e divulgato da una minoranza d’avanguardia. In questo ambiente intellettuale Michels formulò le sue idee relative ai rapporti tra variabili economiche e psicologiche e quelle sui rapporti tra la "massa" e i dirigenti rivoluzionari. Nel 1903 era chiaro che il marxismo di Michels era di tipo particolare, era più idealista che materialista, nel senso che era disposto ad attribuire una maggiore importanza alle variabili psicologiche, intellettuali e morali di quanto non fosse nella tradizione dell’ortodossia marxista; inoltre il suo marxismo era più "individualistico", nel senso che considerava gli individui straordinari un fattore critico per lo sviluppo storico. La massa restava "incapace" e "passiva", senza l’intervento di dirigenti "straordinari" animati da "grandi idee". In questo senso Michels non soltanto fu un sindacalista, ma diede espressione organica anche a quell’insieme di idee che si ritrovano sparse negli scritti del giovane Mussolini. La scoperta del fatto che Mussolini e Michels condividevano le stesse convinzioni sindacaliste è fondamentale per comprendere il contributo portato da quest’ultimo all’ideologia fascista. Definito un "ademocratico", sta di fatto che Michels aveva in comune con i sindacalisti italiani un atteggiamento profondamente antiparlamentare. Già nel 1903 ad esempio sosteneva che la massa popolare poteva essere soltanto un elemento passivo nel cambiamento sociale. Nel 1909 ribadì lo stesso concetto: la maggior parte degli uomini o resta passiva di fronte alle questioni politiche, oppure si dimostra incompetente nel tentativo di risolverle. Prendendo questa posizione, Michels riaffermava le idee sindacaliste di allora, già espresse con chiarezza e semplicità da Arturo Labriola:" la democrazia manca di presa sul processo specifico della vita sociale. La sua caratteristica è l’incompetenza".In sostanza la concezione sindacalista di Michels dell’aristocrazia rivoluzionaria ideale e del suo conseguente governo si accentrava in un concetto di governo dove questa "aristocrazia" la quale, oltre a possedere la volontà rivoluzionaria, possedesse anche le capacità tecniche richieste dalla complessità della vita moderna.Dunque il passaggio di Michels dal sindacalismo rivoluzionario al Fascismo fu in gran parte favorito dalla sua critica al Marxismo teorico, cioè al fondamento razionale "scientifico" di quest’ultimo. In una delle sue prime opere infatti, Michels espresse la convinzione che la sostanza del potenziale rivoluzionario del socialismo si trovasse non nelle sue pretese scientifiche, ma nelle sue convinzioni etiche. Per tutta la vita, egli rimase convinto del fatto che un movimento rivoluzionario, per quanto "scientifico" non deve trascurare gli imperativi morali che inducono gli uomini all’azione politica, sostenendo, come il sociologo Vilfredo Pareto, che ben difficilmente ci si può aspettare che i soli fattori economici possano spiegare adeguatamente i comportamenti sociali e politici umani. Pareto parlava di "interdipendenza" e "compenetrazione" di fattori, dei quali le variabili economiche sono uno soltanto.Nella sua analisi della rivoluzione, Michels prosegui’ sostenendo che le circostanze economiche forniscono le precondizioni degli importanti mutamenti sociali, ma che un numero imprecisato di altri fattori contribuisse al successo del risultato. Egli affermava che "l’uomo non è un calcolatore economico. La sua vita è una continua lotta tra necessità economiche, stato sociale al quale appartiene ed una sfera tradizionale di interessi e doveri da una parte e, dall’altra parte impulsi che sono, per cosi’ dire, al di sopra e al di là della sua posizione materiale e sociale e che possono suscitare nel suo cuore passioni in grado di distrarlo dal suo percorso economico e dare alla sua attività un’altra direzione, talvolta anche di natura utopistica". Mentre l’incompetenza collettiva delle masse ha bisogno invece di organizzazione se si vuole giungere a qualche cambiamento rivoluzionario. Ma siccome l’organizzazione ha bisogno di funzionari di capacità non comuni e di competenza particolare, ogni organizzazione comporta una gerarchia. E poiché le qualità di dirigenti ed organizzatori sono rarissime, ogni gerarchia diviene, in sostanza, un’oligarchia. Infine, poiché ciascuna organizzazione per ottenere il massimo successo, deve essere pervasa da un sentimento missionario, trasmesso per mimetismo o per suggestione, e deve possedere un simbolo e un mito, l’oligarchia per essere efficiente al massimo, deve avere un tribuno, un "capo" che parli in un linguaggio "mitico" al quale siano sensibili le masse organizzate. A causa di ciò, Michels, non soltanto modificava notevolmente l’interpretazione marxista ortodossa della storia, ma sosteneva anche che tale interpretazione non aveva né una chiara concezione della psicologia delle masse né una vera comprensione dei principi fondamentali dell’organizzazione rivoluzionaria. Le masse, senza lo spirito fornito da un ideale missionario, soccomberebbero all’influenza dei loro interessi più immediati, settoriali e vili. Come molti dei principali sindacalisti del periodo precedente la prima guerra mondiale, Michels finì col sostenere l’inadeguatezza della teoria marxista sulla psicologia individuale e collettiva. L’assenza di tale teoria anzi non soltanto costituiva un difetto teorico, ma lasciava anche il movimento rivoluzionario privo di indirizzo riguardo alla mobilitazione ed all’organizzazione di massa. I sindacalisti e Michels con loro, asserivano inoltre che qualsiasi perseguimento di interessi puramente materiali porta necessariamente alla divisione. Mussolini ,contemporaneo di Michels,proveniente come quest’ultimo dalle file del Socialismo rivoluzionario, segui’ sostanzialmente la stessa traiettoria spirituale, introdusse nel Fascismo le stesse idee e continuò a difenderle per tutto il resto della sua vita. La critica di Michels al marxismo del suo tempo caratterizzò la prima fase di un progressivo sviluppo ideologico che doveva concludersi col riconoscimento dell’importanza del sentimento e del "mito" per la mobilitazione e l’organizzazione delle masse rivoluzionarie. La sua analisi, cosi’ come quella di Mussolini, si volse alla fine verso componenti mitiche alternative, cioè verso sentimenti che non fossero quelli di "classe" e che potessero essere utilizzati per tentare di riunire e organizzare le energie rivoluzionarie necessarie per un vasto cambiamento sociale. Prestissimo essi individuarono nel nazionalismo uno dei più potenti sentimenti che avrebbero potuto animare le masse del ventesimo secolo. Di conseguenza, le originarie convinzioni marxiste sue e di Mussolini subirono un’ulteriore modificazione e produssero alla fine, il sistema di idee del Fascismo.



Se qualche d'uno ha visto il film La Classe Operaia Va In Paradiso comprenderà al meglio il ruolo dei sindacati all'interno delle fabbriche.
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MessaggioInviato: Dom Feb 07, 2010 8:09 pm    Oggetto:  
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...la posizione materialista del marxismo ci é chiara, ma non leggo alcuna risposta alle obiezioni mosse.
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" Forse che non conoscendo a fondo il pensiero del Duce si può affermare di essere fascisti? Noi diciamo di no! Che il fascismo non è istinto ma educazione e perciò è conoscenza della sua mistica,che è conoscenza di Mussolini" (N. Giani)
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