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La morte di Mussolini. Una storia da riscrivere

 
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UrbeAEterna



Età: 33
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MessaggioInviato: Dom Ott 26, 2008 12:49 am    Oggetto:  La morte di Mussolini. Una storia da riscrivere
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Benito Mussolini si è suicidato? Il prof. Alberto Bertotto ricostruisce con rigore scientifico, attraverso un'attenta analisi di tutte le fonti a nostra disposizione, gli ultimi giorni della vita del duce dandoci una nuova e sconvolgente versione sulla sua morte. Ancora tarda a dileguarsi il buio della notte tra il 27 e il 28 aprile del 1945, notte della fine di Benito Mussolini e del suo sogno ventennale. La sponda occidentale del lago di Como, tra stretti vicoli di paesi e valli pietrose, da sessant'anni custodisce il segreto della sua morte. Giustiziato da un partigiano comunista davanti al cancello di villa Belmonte (Giulino di Mezzegra), così morì il duce secondo la "vulgata" ufficiale, ad arte messa in piedi dal PCI d'allora. Una pagina dell'epopea nazionale ma non della Storia. Troppe contraddizioni, troppi dubbi che non hanno mai ricevuto risposta gettano ombre persistenti su questa versione dei fatti. Ma un'ipotesi, sostenuta da uno studio minuzioso ed accurato, sembra finalmente diradare le spesse nebbie del Lario.


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Giovanni




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Messaggi: 649
Località: Como

MessaggioInviato: Lun Ott 27, 2008 10:53 am    Oggetto:  
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che mi sembra una fantasia
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tribvnvs
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MessaggioInviato: Mar Ott 28, 2008 1:46 am    Oggetto:  
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Balle. Mussolini sapeva che non gli avrebbero permesso di diventare "da accusato pubblico accusatore" e che avrebbero organizzato una messinscena, "magari diranno che mi sono suicidato" (vedere il Testamento, ci sono molte altre profezie...). Ma certo non immaginava che lo avrebbero suicidato dopo 60 anni... Very Happy
L'unica cosa certa è che la soria ufficiale del partito kommunista è fasulla. Probabilmente i kommu hanno fucilato un cadavere, magari già colpito im precedenza dagli inviati di Churchill...
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RomaInvictaAeterna
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Messaggi: 3234
Località: Roma

MessaggioInviato: Mar Ott 28, 2008 10:24 am    Oggetto:  
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Tribvnvs ha scritto:

L'unica cosa certa è che la soria ufficiale del partito kommunista è fasulla. Probabilmente i kommu hanno fucilato un cadavere, magari già colpito im precedenza dagli inviati di Churchill...


Ormai è quasi una certezza. Basta leggere il minuzioso studio del Medico Alessiani.

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"La mistica appunto precisa questi valori...nella loro attualità politica...e dimostra l'universalità di luogo e di tempo del Fascismo"(Giani)
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AquilaLatina




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Messaggi: 1482
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MessaggioInviato: Dom Nov 09, 2008 10:18 am    Oggetto:  
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L’ombra del suicidio sulla fine del Duce

Mattina del 28 aprile 1945. Casa di Giacomo e Lia De Maria a Bonzanigo di Mezzegra, vicino a Como. Claretta Petacci, prigioniera in una stanza da letto con Benito Mussolini, chiede a uno dei due partigiani di guardia di poter uscire. L’amante del duce è indisposta, ha bisogno di andare in bagno in cortile e di lavarsi. Fuori fa freddo, Claretta mette la pelliccia ed esce. È l’occasione che Mussolini aspettava. Aveva tentato la fuga insieme alla colonna tedesca diretta in Valtellina, e aveva con sé documenti preziosi: in particolare, secondo molti storici, il carteggio scambiato con Winston Churchill in cui il ministro inglese, con la nazione sull’orlo del collasso, avrebbe chiesto all’Italia di dichiararle guerra per poter avere al tavolo della pace un interlocutore più ragionevole di Hitler; promettendo in cambio molti territori francesi. Quelle lettere possono rappresentare la salvezza, per Mussolini, davanti a un tribunale internazionale. Il 27 aprile, però, il duce è stato catturato dai partigiani della 52esima Brigata Garibaldi, e la borsa gli è stata portata via. A questo punto sa di non avere speranze di salvezza: i partigiani non intendono consegnarlo agli americani, anzi lo hanno già condannato a morte.

Il Duce
Mussolini è stanco, sfiduciato. Nella casa colonica, la sera prima, è riuscito a impossessarsi di un coltello da cucina. Non certo per usarlo contro due carcerieri più giovani di lui e armati di mitra, ma per far saltare due molari dell’arcata superiore destra nei quali ha nascosto una capsula di cianuro. Era stato Hitler in persona a dargliela, a Rastenburg, il 20 luglio 1944, giorno del fallito attentato contro il fuhrer. E gli aveva fatto promettere di non cadere vivo nelle mani del nemico, scelta che faranno molti nazisti, dallo stesso Hitler a Goebbels a Goering, che riuscirà a farsi portare il cianuro nel carcere di Norimberga. Il duce estrae la capsula. La rompe tra i denti.

Claretta si sciacqua usando un catino, lava e strizza le mutandine. Le infila nella tasca della pelliccia. Quante congetture si faranno su quelle mutandine scomparse e sul ventre nudo della Petacci a piazzale Loreto, che un prete coprirà con la gonna grazie a una spilla da balia. Per esempio si ipotizzerà una tentata violenza da parte dei partigiani, con Mussolini che interviene a difendere l’amante e viene freddato.


Quella mattina invece Claretta rientra in camera, trova Mussolini in preda alle convulsioni. Il duce è in maglia e mutandoni di lana, ha lo sguardo sbarrato, sbava. Il cianuro non lo ha ucciso all’istante, condannandolo a un’agonia più lunga. Claretta urla, i guardiani (Giuseppe Frangi detto Lino e Guglielmo Cantoni, “Sandrino”) vedono i sintomi dell’avvelenamento, imprecano. Avevano perquisito il dittatore, non riescono a capire come possa averli beffati. Uno di loro si mette in comunicazione con i capi, spiega che Mussolini si è avvelenato e sta morendo. L’ordine è di ucciderlo. Subito. Deve risultare che lo hanno fucilato.

I partigiani spostano Claretta china sul duce, gli sparano due colpi di pistola al ventre. I De Maria si ribellano: «Non si fanno queste cose in casa mia!», urla Lia. Claretta apre la finestra e invoca aiuto, come testimonierà una vicina di casa, Dorina Mazzola. Poi i partigiani trascinano fuori Mussolini così com’è, moribondo, prendendolo per l’elastico delle mutande, che verrà trovato slabbrato. Altri colpi di mitra finiscono il duce. Anche Claretta viene uccisa.

A distanza di 62 anni, e dopo molte versioni (pare addirittura 19), la ricostruzione di Alberto Bertotto, studioso perugino, non è più improbabile di altre. E ha il merito di proporre una spiegazione coerente del perché il duce venne colpito all’improvviso, in camera da letto, mentre si trovava in posizione supina e vestito solo della biancheria: due punti fermi, questi, chiariti definitivamente dall’analisi delle foto dei corpi a piazzale Loreto (ci sono i buchi delle pallottole sulla biancheria ma non sui vestiti indossati da Mussolini, vestiti che non erano i suoi, gli unici che riuscirono a mettergli poiché il rigor mortis era già avanzato).

Bertotto, partito con la dovuta cautela dal racconto dello scrittore Athos Agostini, cui sarebbe apparso il duce in persona, l’ha vagliato con scrupolo e ha proposto la sua ricostruzione in alcuni articoli su “Rinascita” che confluiranno nel libro “La morte di Benito Mussolini: una storia da riscrivere” (Paoletti, D’Isidori e Capponi editori, in corso di stampa).

A supportare questa ricostruzione è una testimonianza molto importante, quella di Elena Curti, figlia naturale del duce e di Angela Cucciati. All’epoca aveva 23 anni, era nella colonna fermata dai partigiani e venne imprigionata a Dongo per circa due settimane. Interpellata dal Secolo XIX racconta che «poco tempo dopo i fatti una persona mi disse che mio padre aveva cercato di uccidersi e che gli avevano sparato mentre rantolava. All’epoca non gli credetti, perché sapevo che Mussolini non aveva armi con sé. E poi avevo saputo della fucilazione».

A quella frase la signora Curti non diede troppo peso, considerandola una bugia forse pietosa, tanto che è in dubbio se a dirgliela fu Ettore Manzi, il carabiniere che indagò poi sull’oro di Dongo, o il giovane partigiano Osvaldo Gobbetti, o lo stesso Urbano Lazzaro “Bill”, l’uomo che arrestò il duce. Di certo uno dei tre, gli unici con cui parlò di quella vicenda. La frase le è tornata in mente quando è stata informata dell’ipotesi avanzata da Bertotto: «Un’ipotesi che mi convince – dice – perché spiega in modo coerente la dinamica dei fatti, l’uccisione improvvisa e imprevista. Ed è compatibile con quanto disse la Mazzola, che vide i partigiani trascinarlo fuori di casa». Inoltre Mussolini «non voleva cadere vivo nelle mani degli inglesi».

La prima e più logica obiezione all’ipotesi è che se Mussolini si fosse avvelenato, dovrebbe essere rimasta qualche traccia del cianuro nel suo corpo. Ma l’autopsia non ne fa cenno. Il cadavere di Mussolini venne esaminato il 30 aprile dal professor Mario Caio Cattabeni. In quei giorni convulsi può essere successo che il referto sia risultato lacunoso. All’esame autoptico, spiega Bertotto, assistette il partigiano “Guido” e impedì che venisse fatta l’autopsia sulla Petacci e forse che si citassero elementi scomodi. Tutti quelli che non collimavano con la versione “ufficiale”.Così il referto finale non fece menzione dell’ora della morte, né del fatto che a Mussolini mancassero dei denti, né dei due colpi di pistola sparati all’addome (risultano nove colpi, quelli dell’“esecuzione”, invece degli undici di cui si vedono i segni nelle foto, come dimostrarono gli esami fatti dall’Istituto di Medicina legale di Pavia nel maggio 2006).

Il corpo
Per saperne di più bisognerebbe esaminare il corpo di Mussolini, ipotesi più volte respinta dai familiari. Qualcuno, all’epoca, inviò due pezzi del suo cervello negli Stati Uniti, a Washington. A esaminarli furono il dottor W. Overholser del St. Elizabeth e il dottor Webb Haymaker dell’Aip (Army Institute of Pathology). La relazione ufficiale del primo esame non è mai stata resa nota, quella del secondo venne anni dopo e vi è scritto che non ci sono tracce di malattie che spieghino il “perché Mussolini si comportò in un certo modo dittatoriale”. In Italia esaminò il cervello del duce l’anatomopatologo P.G. Bianchi, che lo definì “il normalissimo cervello di un sessantenne”. Tuttavia, per individuare tracce di un avvelenamento da cianuro occorrono esami specifici.

La testimonianza anonima di un’anziana archivista dell’Aip ha però appena portato alla luce una coincidenza interessante. Spiega Bertotto: «La signora, che ha 85 anni, era molto reticente e non vuole che il suo nome sia citato, ma ricorda bene che nel 1945 le passò per le mani uno strano documento: la carta copiativa di un referto istopatologico, senza numerazione progressiva e non assemblata in un blocco, contraddistinta da una sigla e affiancata dalla seguente diagnosi: “chemical poisoning”, avvelenamento da agenti chimici, e “bioptic material: brain”, cervello. Il cadavere era di un uomo nato prima del 1900 (Mussolini era del 1883), e morto per colpi di arma da fuoco. La cosa strana, secondo l’archivista che proprio per questo se ne ricorda ancora, è che non c’era il numero della piastrina di riconoscimento, segno che il cadavere non era di un militare americano, né di un veterano; né poteva essere la vittima di un omicidio comune, perché ci sarebbe stata la sigla D. A. (district attorney, il procuratore). C’era invece, accanto, una busta con scritto “Overseas”, Oltreoceano. È poco per dire che quel foglio volante si riferisse all’autopsia di Mussolini, ma certo la coincidenza di un non militare morto ufficialmente per ferite di arma da fuoco e invece avvelenato nel 1945, oltreoceano, è senza dubbio intrigante.

Come l’ipotesi avanzata da Bertotto, che merita ulteriori approfondimenti.


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MessaggioInviato: Lun Nov 09, 2015 12:59 am    Oggetto:  
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Segnalo questo bel lavoro di Maurizio Barozzi, messo a disposizione di tutti, che intende "completare" o "puntualizzare" quanto già scoperto da Giorgio Pisanò.

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