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RomaInvictaAeterna Site Admin
Età: 45 Registrato: 30/11/04 13:52 Messaggi: 3234 Località: Roma
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Inviato: Mer Mag 10, 2006 3:23 pm Oggetto: Con Petacco nei Dari della Ciano-Mussolini Descrizione: |
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Intervista a Olivieri, amico e confidente di Edda nel dopoguerra, depositario della sintesi dei Diari della pupilla del Duce.
EDDA SI SEDETTE SUL DIVANO E COMINCIÒ A PARLARE DI RICORDI. POI MOSTRO’ I SUOI DIARI...
Vive in Sudafrica e ha deciso di raccontare tutto quello che la moglie di Ciano gli ha detto di Mussolini e dell'Italia fascista.Una confessione che cominciò così: «Olivieri, ho bisogno di dirle qualcosa»
CONSELICE (Ravenna) - Una casa grande e vuota. Vi abita per alcuni giorni l'anno Domenico Olivieri, 80 anni, il custode dei segreti di Edda. La contessa si sedeva sul divano giallo ocra o al tavolo ovale e lì la nostalgia si scioglieva in confessioni. Lui veniva dal Sudafrica, dove abita, per incontrarla. Per anni Edda e Domenico si sono incontrati da soli. Amore? Sì, per un passato che li teneva prigionieri.
Come si svolgevano i colloqui tra lei e Edda Ciano?
«All'inizio io mi annotavo quello che mi aveva detto dopo l'incontro. Poi chiesi alla contessa se potevo prendere appunti mentre parlava».
Stenografava?
«No, e ogni tanto le chiedevo una sosta perché non riuscivo a starle dietro».
E lei pazientemente si prestava?
«Sì, perché penso che in fondo desiderasse che qualcosa rimanesse».
Quale fu l'accordo tra lei e la contessa?
«Che io non avrei mai dovuto pubblicare niente prima della sua morte».
Com'è nato il suo rapporto confidenziale con la contessa?
«Ebbi la fortuna di conoscere i Mussolini, precisamente Vittorio Mussolini e la moglie Monica».
Da Vittorio Mussolini a Edda com'è arrivato?
«Un'estate venni in Italia e andai a trovare i Mussolini a Villa Carpena che è a San Martino di Forlì. Lì conobbi Edda. Cominciammo a parlare e nacque subito, come potrei dire?, una forma di interesse comune. Era una donna che aveva una vitalità particolare».
Perché dice: venni in Italia?
«Perché io vivo in Sudafrica dal 1951».
Può parlare della sua vita?
«Sono nato a Conselice nel '23, dopo la guerra l'ambiente era completamente diverso da quello in cui eravamo cresciuti, per me non era facile accettarlo. Un amico mio, che era stato prigioniero in Sudafrica, mi raccontò che era entusiasta di quel paese. Così partii».
Parte e arriva dove?
«A East London nella provincia di Capo di Buonasperanza e lì cercai una tenuta dove coltivare riso».
Perché il riso?
«Perché noi Olivieri di soprannome ci chiamano i risòn, perché i nostri antenati coltivavano riso e in Africa il riso veniva importato tutto. Ma non trovai il terreno adatto e mi misi a coltivare ananas».
E dopo?
«I primi quattro anni facevo il contadino, stavo sul trattore dalla mattina alla sera, poi mi feci una piccola fabbrichetta per inscatolare l'ananas. Questo avvenne nel '56. Nel '64 eravamo i più grossi produttori di ananas in scatola del sud dell'Africa. Inscatolavamo tra le 40 e le 50 mila tonnellate di ananas l'anno. Alla fine ho venduto tutto e ho investito in proprietà immobiliari. Due o tre volte l'anno sono sempre tornato in Italia».
E in una di queste vacanze conobbe Edda Ciano. Con lei che rapporto stabilì?
«Di stretta amicizia nel vero senso della parola e un giorno, eravamo stati al casinò di Venezia, la contessa dormì qui da me. Il giorno dopo dovevo accompagnarla a Villa Carpena e lei si sedette su quel divano lì. Io avevo una videocamera e le chiesi: 'Perché non mi racconti la tua vita davanti alla videocamera?'. Ci pensò poi disse: 'Perché no?'. Così iniziò a raccontarmi la sua vita e questo racconto è durato per due o tre anni». (Queste interviste filmate sono state trasmesse in tv e sono diventate un libro ma il memoriale che oggi Olivieri ha consegnato ad Arrigo Petacco è inedito e costituisce il documento storico più importante, ndr)
Quanto duravano questi colloqui?
«Un'ora, un'ora e mezzo, in genere di pomeriggio e di notte, anche fino alle 2. Poi continuarono nella sua casa a Roma. La prima volta che mi fece vedere un suo diario fu all'hotel Nazionale in piazza Montecitorio, poi gli altri a casa sua ai Parioli».
La prima volta come andò?
«Eravamo a questo tavolo e parlavamo del più e del meno, quando ad un certo punto la contessa cambiò espressione e mi disse: 'Olivieri, lei è un amico, io ho bisogno di dirle qualcosa su mio padre perché sono stanca delle porcherie che girano sul suo conto'. Così cominciò. Ad un tratto alzò gli occhi al cielo e disse: 'Papà scusa, sono una spergiura'. Aveva giurato al padre di non passare mai parola a nessuno».
Può descrivere i diari di Edda?
«Erano quadernetti, con una copertina color verde pallido o ricoperti con carta da pacchi color caffellatte. Sulla copertina c'erano numeri romani scritti con inchiostro bianco».
Quando vide i diari di Edda?
«A casa sua, li teneva in un cofanetto».
Quanti ce n'erano?
«Quattordici o quindici. Dopo aver aperto il cofanetto, ci sedemmo sul divano e lei prese uno di questi diari e aprì una certa pagina e me la lesse e da lì cominciai a trascrivere i diari di Edda e a raccoglierli nel mio mano scritto. La contessa leggeva e io scrivevo».
Quanti incontri ebbe?
«Ci incontravamo due o tre volte l’anno».
E lei ogni volta che veniva in Italia andava da Edda Ciano?
«Sì, era una tappa obbligata».
Ne era innamorato?
«No, per l'amor di Dio, innamorato in un certo senso sì perché le volevo un gran bene».
C'è stata una storia d'amore tra voi?
No nel modo più assoluto, c’era un’amicizia cristallina. Lei aveva un cameriere, una maggiordomo di colore che si chiamava Tatum e quando le telefonavo Tatum mi diceva: ‘Ah, è lei dottor Olivieri,le passo subito la contessa perché la contessa parla solo con lei'».
Questo privilegio come l'ha vissuto?
«Ero entusiasta di essere amico della figlia di Mussolini e quando la conobbi, rammento, ero emozionatissimo».
Qual è stata la sorpresa maggiore che ha avuto quando Edda le leggeva i suoi diari?
«Quando lei racconta di aver saputo che il Duce aveva fatto il possibile per far scappare Ciano e gli altri prigionieri dal carcere degli Scalzi a Verona».
Quando la contessa decide di bruciare i diari?
«Muore Emilio Pucci e lei mi fa sapere che vorrebbe parlare con me il più presto possibile, io ero in Sudafrica. Rientro in Italia alla fine del '92 e vado da Edda un giovedì pomeriggio, il 6 di gennaio del '93. Fu quel giorno che lo decise».
Perché la contessa dice a lei: 'Venga perché ho bisogno di parlarle'?
«Perché era morto il marchese Emilio Pucci, amico di Edda da tanti anni, e il cofanetto con i diari veniva custodito anche da Pucci. Quando la contessa ne aveva bisogno, chiamava Emilio e glielo passava. Quel cofanetto non lo lasciava mai incustodito e lo teneva o a casa sua o a casa di Pucci».
Che cosa accadde quel giorno?
«Rientrai in albergo, ero sceso al Parco dei Principi, dovevamo andare a cena insieme con la contessa ma ero così demoralizzato, piangevo realmente, perché avevamo distrutto la storia e annotai su una carta da lettere dell'hotel quel che avevamo fatto».
Quando era morto Emilio Pucci?
«Il 29 novembre del '92. Io sapevo che il marchese Pucci custodiva i diari e dopo la sua morte pensai che forse lei avrebbe chiesto a me di conservarli e speravo di convincerla a pubblicarli. Invece mi dice: 'Bruciamo i diari?', io cerco di convincerla a desistere. E lei: 'Nel modo più assoluto no, Domenico, mi e lì cominciammo a bruciare pagina per pagina dopo aver acceso il fuoco con un accendisigarette. Pagina per pagina. Lei mi porgeva una pagina e quando aveva finito di bruciare me ne dava un'altra. Io bruciavo e lei strappava».
In che stato d'animo era Edda Ciano?
«Era felice, felice di bruciare il passato. In continuazione le dicevo: 'Guarda che stiamo facendo un errore madornale', e lei mi diceva: 'Non è vero, questo è il giorno più felice della mia vita'».
Quanto è durato questo lavoro?
«Una mezz'ora, alla fine ero arrabbiatissimo tant'è vero che dovevamo andare a cena ai 'Piani', che era un ristorante vicino a casa sua e invece le dissi: 'Stasera vado a casa'. Ci siamo rivisti il giorno dopo, e anche il giorno dopo era felicissima di essersi liberata di quel fardello che l'aveva sempre accompagnata».
Però la contessa sapeva che lei aveva trascritto parte di quei diari. Che cosa le disse in proposito?
«Niente, non ne parlammo. Comunque Edda sapeva che una traccia sarebbe rimasta e che prima o poi avrei pubblicato quegli appunti o almeno avrei cercato di pubblicarli. Mentre facevamo quelle conversazioni noi ci davamo del lei e mi diceva: ‘Se lei vuole pubblicare queste memorie potrà pubblicarle solo dopo la mia morte, però non verrà mai creduto come non verrei creduta io’»
In altri momenti vi davate del tu?
«Dopo due o tre anni, quando l'amicizia divenne molto stretta ma in pubblico ci davamo del lei».
Con quale inchiostro erano scritte le pagine dei diari che lei ha bruciato?
«In nero e alcune in rosso».
Quali anni riguardavano i diari?
«Cominciavano dal '31 fino al '40, fino alla dichiarazione della guerra».
Perché interrotti lì?
«Probabilmente perché poi è andata a fare la crocerossina in Albania».
I suoi appunti quanto raccolgono dei diari di Edda?
«Starei per dire un 25 per cento».
Quando vi siete visti l'ultima volta?
«Il 25 ottobre 1994. Per la verità io la rividi in clinica, ormai morente, lei non parlava più, ma ebbe abbastanza forza per stringermi la mano». Si commuove.
Si aspetta di essere creduto?
«Non mi interessa di essere creduto, mi interessa solo che venga pubblicato quello che mi è stato raccontato, perché penso che in fondo questo fosse il desiderio della contessa» |
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RomaInvictaAeterna Site Admin
Età: 45 Registrato: 30/11/04 13:52 Messaggi: 3234 Località: Roma
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Inviato: Mer Mag 10, 2006 3:32 pm Oggetto: Descrizione: |
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Brano estratto dai Diari:
Durante suoi incontri con la figlia Edda, Mussolini si abbandonava spesso sull'onda dei rimpianti, dei ricordi e delle recriminazioni. Ecco, per esempio, alcune delle sue sconcertanti confidenze (certamente meritevoli di un più attento riscontro storico) che lui fece alla figlia circa i suoi rapporti con l'antifascismo e che Edda riproduce integralmente.
"Da quando diventai Presidente del Consiglio nel 1922,fino all'uccisione di Matteotti io, essendo pur sempre socialista, volevo anche i socialisti al governo. Lo affermai chiaramente nel mio discorso del 7 giugno 1924. Leggilo. Non potevo essere più esplicito, ero certo che il 1924 sarebbe stato l'anno in cui avrei realizzato i miei desideri. Invece, tre giorni dopo, mi ammazzano Matteotti. Quando mi comunicarono la notizia sentii il mondo cadermi addosso. Vidi il mio sogno dissolversi... Edda, vorrei che mamma e papà non avessero più pace se ti dico una bugia. Ero completamente all'oscuro di quell'infame delitto. Un giorno usciranno certamente prove schiaccianti sulla mia innocenza. Se la storia d'Italia è cambiata ed io ho preso una strada diversa da quella programmata, lo si deve all'uccisione di Matteotti. Il mio spietato accusatore fu un giornalista di nome Carlo Silvestri che formulava le sue accuse solo su teoremi e congetture tutte fuori strada. In quel periodo già mi accusavano di essere un dittatore, ma se lo fossi stato davvero non avrei permesso a Silvestri di continuare la sua campagna accusatoria. L’avrei fatto carcerare. Invece Silvestri, che era un socialista, se è ancora in vita lo deve a me che per ben due volte sono riuscito a fare arrestare in extremis chi voleva assassinarlo. Immagina cosa sarebbe accaduto se avessero ucciso anche lui: la colpa sarebbe ancora ricaduta su di me e per il fascismo sarebbe stato il colpo di grazia. I mandanti che volevano la sua morte erano gli stessi mandanti dell'assassinio di Matteotti, ma non sono mai riuscito ad individuarli. Chiesi anche l'aiuto di uomini dell'opposizione che mi ritenevano estraneo al delitto, ma neanche col loro aiuto siamo riusciti ad avvicinarci alla verità. Così Silvestri fu lasciato libero di continuare la sua campagna benché buona parte della direzione socialista non lo appoggiasse completamente. Io, alla fine, dovetti prendere le decisioni drastiche che tutti conoscono. Mi costrinsero a proclamare la dittatura fascista quando invece avrei preferito costituire con i socialisti un grosso governo democratico."
Ndr. Carlo Silvestri, nel dopoguerra, ossia in tempi non sospetti, ritrattò clamorosamente tutte le sue accuse e scrisse un libro “Matteotti, Mussolini e il dramma italiano: il delitto che ha mutato il corso della nostra storia” in cui scagionava Mussolini da ogni responsabilità. Ma la sua autodenuncia non ebbe conseguenze e fu presto isolato e dimenticato. |
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RomaInvictaAeterna Site Admin
Età: 45 Registrato: 30/11/04 13:52 Messaggi: 3234 Località: Roma
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Inviato: Mer Mag 10, 2006 3:35 pm Oggetto: Descrizione: |
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In un’altra occasione, Mussolini tornò a parlare con la figlia dei suoi rapporti conflittuali con i socialisti ed Edda così riporta le confidenze del genitore.
Ancora oggi, dopo tredici anni che sono Capo del governo fascista, darei il mio braccio per una collaborazione coi socialisti. Anche due anni orsono ho avuto dei contatti segretissimi con socialisti e democristiani fuoriusciti e con altri ancora in patria, per convincerli ad un'azione comune e, perché no, portarli al governo. Sarebbe stato necessario un colpo di timone che io avrei organizzato con i fascisti sani. Nella più assoluta segretezza, emissari miei e loro si spostavano fra Roma, Parigi e anche Londra. Posso farti anche dei nomi: Giovanni Amendola, il più qualificato, che aveva aderito benché fosse un mio grande avversario politico. Pietro (Pietro Nenni n.d.r.), mio vecchio amico e segretario del partito socialista a Parigi rimase su due staffe, del resto come aveva sempre fatto. Treves, convinto della mia buonafede, si mise a disposizione, ma sfortunatamente morì durante le trattative. Bruno Buozzi, il leader sindacalista, mi scrisse una lettera personale dichiarandosi entusiasta dell'idea. I miei più stretti collaboratori erano Federzoni, Balbo, Acerbo, Rossoni, de Bono, Costanzo Ciano e De Vecchi, tutti membri del Gran consiglio del fascismo. Tutti costoro avevano mansioni ben precise riguardanti l’esercito, la polizia, i carabinieri. Bene, per farla corta tutto andò in fumo. La causa? Mi danno per certo che fu l’influenza esercitata dai comunisti sui socialisti. Molto probabilmente, a mia insaputa, i socialisti si erano consultati con i comunisti e questi, che ovviamente non avevano nulla da guadagnare da questa operazione, li consigliarono di tirarsi indietro. Purtroppo la determinazione dei socialisti è sempre stata lontana da quella dei comunisti. |
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RomaInvictaAeterna Site Admin
Età: 45 Registrato: 30/11/04 13:52 Messaggi: 3234 Località: Roma
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Inviato: Mer Mag 10, 2006 3:39 pm Oggetto: Descrizione: |
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"ODIANO L'ITALIA PERCHE' VUOLE ESSERE POTENZA EUROPEA"di Arrigo Petacco
Mussolini si confidava soltanto con lei, con la sua primogenita Edda, che lui definiva "la figlia della miseria" perché era nata nel 1910 quando il futuro Duce, non ancora trentenne, era un socialista rivoluzionario che stentava a legare il pranzo con la cena. Di temperamento ribelle come suo padre, Edda era l'unica in famiglia che aveva l'ardire di contraddirlo e anche più tardi quando, diventato Duce del fascismo pretendeva da tutti rispetto e sottomissione, Mussolini continuò a mantenere con la figlia prediletta un rapporto speciale manifestando nei suoi confronti quasi un senso di soggezione. Dal canto suo, Edda adorava il padre come nessun altro e lo stimava certamente assai di più del marito, quel "borioso puttaniere" (come lo definiva mamma Rachele) di Galeazzo Ciano per il quale tuttavia si batterà disperatamente per salvarlo dal plotone d'esecuzione preteso da Hitler e poi ratificato da suo padre. Durante gli anni d'oro del regime, Edda era anche l'unica in famiglia ad avere libero accesso a Palazzo Venezia (dove Rachele e gli altri figli non posero mai piede) e l'unica a godere del privilegio di accompagnare il genitore nelle sue solitarie passeggiate lungo la spiaggia di Castel Fusano che lui compiva abitualmente sia d'estate che d'inverno. Durante queste passeggiate, parlando come a se stesso, Mussolini si abbandonava spesso a lunghi monologhi liberatori in cui i ricordi del passato si affastellavano ai problemi del presente ed ai progetti del futuro. Testimone, non sempre silenziosa, di questi sfoghi mussoliniani, Edda, consapevole dell'importanza storica delle riflessioni paterne, era solita, appena tornata a casa, di annotarle in maniera frettolosa e disordinata su certi quadernetti che pochi hanno avuto modo di vedere e di cui si è perso traccia. Pare li abbia bruciati prima di morire. Non tutto però è andato perduto. Un amico devoto della contessa Ciano, Domenico Olivieri - di cui parliamo a parte - che la ebbe a lungo come ospite nella sua villa di Conegliano, in Romagna, negli ultimi anni della sua vita, ha infatti raccolto a sua volta le confidenze ricevute dalla contessa Ciano, la quale gli ha anche fiduciosamente consentito di consultare i suoi quaderni e di registrare le loro conversazioni.
Da queste estemporanee interviste, Domenico Olivieri ha ricavato in seguito una sorta di brogliaccio che ora ho qui sul mio tavolo. Il suo prezioso contenuto, anche se disordinato e non rispettoso della sintassi e della cronologia storica (d'altra parte Edda parlava in libertà, ora inseguendo un ricordo, ora saltando da un argomento all'altro come capita nelle conversazioni) è certamente sincero. E' anche ricco di rivelazioni sconcertanti, nonché di molte notizie, inedite e di gustose curiosità (di cui Renzo De Felice, biografo principe del Duce, avrebbe fatto tesoro), sia sulle sue vicende familiari e sia sui retroscena dei grandi avvenimenti di cui Mussolini fu protagonista sulla scena politica mondiale. Confrontate con i testi storici, le rivelazioni risultano tutte presumibilmente credibili ed io ho cercato di riassumerle e di collocarle nel loro contesto cronologico per rendere più facile la loro lettura. Non posso tuttavia esimermi dall'avvertire il lettore che pur trattandosi di materiale originale di grande interesse, esso tuttavia proviene da una fonte, quella di Edda Ciano Mussolini, la quale non può essere accettata senza legittime riserve. D'altra parte, la stessa Edda, consapevole della sua particolare situazione, a commento delle sue rivelazioni, non mancava mai di ripetere: «Ma io sono la figlia del Duce e nessuno mai mi crederà». |
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RomaInvictaAeterna Site Admin
Età: 45 Registrato: 30/11/04 13:52 Messaggi: 3234 Località: Roma
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Inviato: Mer Mag 10, 2006 3:43 pm Oggetto: Descrizione: |
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L’UNICA SPERANZA RESTA L’INGHILTERRA. FRANCESI VIGLIACCHI
“Londra deve aiutarci a fuggire alla scomoda amicizia con la Germania.
Un nostro patto con Berlino ci porterebbe al conflitto”
Dopo la proclamazione dell'Impero, Mussolini nominò Galeazzo Ciano ministro degli Esteri. «Fu un errore enorme di papà - sottolinea Edda -, da quel momento mio marito divenne ermetico. Ma un giorno mi chiese: Sai cosa sta accadendo in Spagna? Ne ho solo una vaga idea, risposi. E lui: Il generale Franco ha chiesto aiuti, vuole degli aeroplani, ma il Duce dice che non può: la guerra d'Africa ci ha dissanguato. Non aggiunse altro. Papà invece fu più loquace sulla spiaggia, Ce l'aveva come al solito con gli inglesi e i francesi: Questi porci mi stanno mettendo nelle condizioni di fare quello che non avrei mai pensato di fare. Più passano i giorni e più mi spingono verso Hitler. E'pazzesco il pensare l'Italia al fianco della Germania. Ma tu non devi credere a quello che scrivono i giornali e neppure ai miei discorsi. Sto facendo il possibile per evitare questo connubio, ma mi stanno chiudendo tutte le por te in faccia». «In un'altra occasione — continua Edda - papà mi parlò della vicenda spagnola: Tu sai che Franco continua a chiedere aiuti militari che io non posso e non voglio dargli. Ma quei vigliacchi di francesi si fanno in quattro, anche con forme provocatorie, per aiutare i repubblicani spagnoli che sono finanziati e guidati dai russi. Se questi vincono avremo i comunisti nel Mediterraneo. I francesi, aiutando i repubblicani, mi mettono nelle condizioni di avvicinarmi sempre di più alla Germania per impedire una vittoria comunista in Spagna. Gli inglesi, se non altro, sono più corretti e lungimiranti. Se non fosse per la Francia, in Europa ci sarebbe la pace. Loro, i francesi, scrivono infatti che il Duce è un guerrafondaio e che la stia amicizia con Hitler sarà la rovina dell'Europa, ma non dicono quello che diplomaticamente sta accadendo. Ossia che sono loro i responsabili della rivoluzione spagnola, che sono loro a fomentarla. Non dicono che l'Italia e quando dico Italia dico io, sto facendo il possibile affinchè la Spagna non diventi un campo di battaglia europeo. La Francia fa di tutto per coinvolgerci nella rivoluzione spagnola. Loro sanno che, aiutando Franco, ci indeboliremo militarmente ed economicamente ed è per questo che cerco una pace a lunga scadenza. Pace difficile da raggiungere perché quel pazzo di Hitler quando parla di guerra parla sul serio. Io mi trovo in un vicolo cieco. Ti sembrerà un'assurdità, ma l'unica speranza rimane l'Inghilterra. Ho dato pieni poteri a Grandi (Dino Grandi, gerarca fascista, allora ambasciatore a Londra n.d.r.) per svincolarmi da questa situazione. Che il Supremo lo aiuti a far capire agli inglesi che se vogliono la pace devono aiutarci a non consolidare maggiormente la nostra scomoda amicizia con la Germania. Un patto dell'Italia con la Germania vorrebbe dire guerra. Hitler non oserebbe muoversi senza l'Italia alleata».«Avevo ascoltato papà in silenzio per tutto il tempo - prosegue Edda - ma quando ebbe finito gli dissi: "Io sono un'ammiratrice dei tedeschi e anche. di Hitler. Se fossi in te non avrei esitazioni: guerra o non guerra mi schiererei con i tedeschi". Papa sbarrò gli occhi e mi allontanò con una spinta: Tu sei pazza! Ti proibisco di farmi quésti discorsi. Ma non hai studiato la storia? Sono sempre quei barbari di mille anni fa. Sono sempre stati nostri nemici».
Ultima modifica di RomaInvictaAeterna il Dom Dic 10, 2006 2:19 pm, modificato 1 volta in totale |
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RomaInvictaAeterna Site Admin
Età: 45 Registrato: 30/11/04 13:52 Messaggi: 3234 Località: Roma
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Inviato: Mer Mag 10, 2006 3:51 pm Oggetto: Descrizione: |
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“HO EVITATO LA GUERRA MA PER QUANTO? SEI MESI, UN ANNO…”L'annessione dell 'Austria fallita nel '34 riuscì quattro anni dopo: «É tardi per fermarlo»
Nel luglio 1934 Adolfo Hitler, dopo avere fatto uccidere dai suoi scherani il cancelliere Dolfuss, aveva tentato di annettere l'Austria (l'Anschluss). Il colpo di mano nazista era tuttavia fallito perché Mussolini mentre Francia e Inghilterra stavano a guardare aveva impedito l'invasione schierando tre divisioni al Brennero e minacciando l'intervento. La reazione risoluta del Duce, subito ribattezzato "il protettore dell'Austria", fu applaudita dall'Europa intera. Ma nel marzo del 1938, approfittando della nuova situazione che si era venuta a creare, Hitler ripetè il tentativo. Mussolini non intervenne e l'Austria venne incorporata nel Terzo Reich senza colpo ferire. Nei suoi quaderni Edda racconta come Mussolini commentò quell'episodio. «Papà era infuriato. Ora - mi disse - i francesi e gli inglesi capiranno che avevo ragione quando nel '34 volevo por fine al nazismo. Ma a Hitler non basta l'Austria: sarà contento solo quando riuscirà a scatenare una guerra che ci coinvolgerà tutti. Oggi però è troppo tardi per fermarlo. Hitler è forte: soltanto un'alleanza tra Francia, Inghilterra e Italia potrebbe riportarlo alla ragione, ma inglesi e francesi sono sordi e si prestano al gioco del Fuhrer rifiutando di continuo la nostra alleanza. La Francia preferisce continuare ad aiutare i rossi in Spagna dove noi ci siamo dentro fino al collo e, nel contempo, mi chiedono di fermare Hitler. Che si arrangino! Nel '34 mi hanno fatto fare la figura del burattino, ora che facciano loro i burattini. Sono quattro anni che cerco di convincerli, ma loro non mi ascoltano. A volte penso che siano proprio loro a volere la guerra. Gli inglesi hanno la Manica che li protegge, i francesi hanno la Maginot che ritengono inespugnabile e quindi si sentono al sicuro. Ma si sbagliano. Ho cercato di aprirgli gli occhi, ma purtroppo non c'è più sordo di chi non vuoi sentire. Ho perduto ogni fiducia in loro e noi finiremo con i tedeschi perché forzati dal loro egoismo. Hitler diventerà insaziabile e nessuno potrà più fermarlo” Mussolini aveva ragione: Hitler stava diventando per davvero insaziabile. Dopo aver fagocitato l'Austria, mise sul tavolo la questione cecoslovacca che fu poi risolta a suo favore al convegno di Monaco del settembre del 1938 nel corso del quale, sotto la regia di Mussolini, Francia e Inghilterra, dimostrando tutta la loro debolezza, "per salvare la pace', assecondarono le pretese del Fuhrer che potè così impadronirsi anche della Cecoslovacchia. Per Mussolini il convegno di Monaco fu un trionfo e venne infatti applaudito da tutto il mondo come "il salvatore della pace", ma, a sentire Edda, lui non era affatto soddisfatto di quel successo. Ecco cosa racconta: «In famiglia non si parlava mai di politica. Era una regola suo ritorno trionfale da Monaco, tutti ci congratulammo con papà, ma lui ci gelò con questa frase: A Monaco abbiamo tutti perduto la pace. Più tardi, passeggiando con me sulla spiaggia, ritornò sull'argomento: lo sono stato il principale interprete di Monaco, ma questo non mi rallegra. Sono contento di avere evitato la guerra, ma per quanto? Sei mesi, un anno, forse due... Hitler ha potuto constatare di persona quanto siano ipocrite le potenze occidentali e quanto siano generose quando cedono ciò che non è loro. Pensa, gli hanno ceduto la Cecoslovacchia senza neppure consultare il governo di quel Paèsel». Un anno dopo Hitler tornava nuovamente alla carica. Questa volta reclamava Danzica, città polacca abitata da una forte minoranza tedesca. «Nel marzo del 1939 - racconta Edda - papà mi invitò alla solita passeggiata sulla spiaggia. Faceva un freddo polare. Il prossimo obiettivo di Hitler sarà la Polonia, mi disse, e ho deciso di mandare Galeazzo a Varsavia. Tu andrai con lui. Dovete far capire ai polacchi che Hitler non sta scherzando perché è convinto che le potenze occidentali non interverranno neppure questa volta. Invece mi risulta che stanno proprio aspettando che Hitler attacchi la Polonia per scatenare la guerra. Fate dunque capire ai polacchi che è meglio perdere un dito oggi (Danzica) che tutto il braccio domani...».
Al ritorno dalla Polonia, Edda riferì al padre le impressioni ricevute: «Gli racconto della cordialità dei polacchi, ma anche della loro testardaggine. Sono tutti antitedeschi come Galeazzo e si sentono foltissimi. Dicono che se Hitler li attacca sarà la loro cavalleria a sfilare nell' Unter der linden di Berlino! Ma sono anche convinti che Hitler non li attaccherà. Pensano che stia bluffando, dicono che la Polonia non è la Cecoslovacchia e io mi chiedo se siano degli ingenui o degli incoscienti alla mercé dell'Inghilterra e della Francia. Papà mi rispose: L'uno e l'altro». |
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RomaInvictaAeterna Site Admin
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Inviato: Mer Mag 10, 2006 3:58 pm Oggetto: Descrizione: |
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L’APPELLO SEGRETO DI DALADIER PER FERMARE HITLER
Nell'estate del 1939 l'Italia era ormai legata mani e piedi dal "Patto d'acciaio' con la Germania, eppure, a sentire Edda, Mussolini era ancora titubante. Poi, a fine agosto del 1939, fu colto di sorpresa dall'annuncio del patto russo-tedesco di cui non aveva avuto alcun sentore. Racconta Edda: «Papà era furioso. Non riusciva a credere a tale assurdità. Mai gli sentii pronunciare tante parolacce contro Hitler. Disse pure: Questo potrebbe essere per noi un valido pretesto per rompere con la Germania. L'ultima speranza. Vedremo quello che riusciranno a fare Grandi e tuo marito. Se facessimo blocco con l'Inghilterra e la Francia avremmo certamente molte possibilità per fermare Hitler. Ma se non si farà fronte comune, Francia e Inghilterra dovranno prendersi tutte le responsabilità». «Il primo settembre 1939 - racconta ancora Edda - scoppia la guerra. Noi restiamo non belligeranti. La Francia e l'Inghilterra hanno dichiarato guerra alla Germania, ma non alla Russia, che pure, in forza del patto russo-tedesco, ha invaso a sua volta la Polonia e anche i Paesi baltici. In quei giorni Galeazzo mi disse: Il Duce aveva avvisato Hitler che Francia e Inghilterra questa volta sarebbero intervenute, ma lui non ha voluto dargli ascolto». «Rividi papà poco dopo l'inizio della guerra russo-finnica. Era raggiante e ammirato del coraggio dimostrato dai finlandesi nel tenere testa ai russi. Ma disse: Anche noi mandiamo aiuti ai finlandesi nonostante che, essendo alleati dei tedeschi e questi dei russi, dovremmo comportarci diversamente. Gli occidentali dovrebbero ben capire da che parte stiamo. Che il Supremo ci aiuti. Papà - conclude Edda - ha fatto tutto il possibile per porre fine alla guerra mentre questa sonnecchiava. Chi si oppose fermamente fu Churchill appoggiato dal nostro grande nemico Eden».
Poi la situazione precipita. Mentre l'Italia si mantiene nella non belligeranza, la Blitzkrieg, la "guerra lampo" tedesca stupisce il mondo, mentre i finlandesi, dopo un'eroica resistenza contro l'Armata Rossa, sono costretti alla resa. Mussolini è incerto sul da farsi e roso dai dubbi. Il 1940, confida a Edda, sarà l'anno delle decisioni drastiche. La nostra neutralità non sarà più accettata dalla Germania e così dalla Francia e dall'Inghilterra. Galeazzo continua a fare promesse a Londra e a Parigi. Ma sbaglia. Io imbastisco e lui scuce. Diglielo a tuo marito che ne ho le tasche piene. Avrei dovuto liberarmi di lui dopo la puttanata di Milano con Ribbentrop (l'accordo per il "patto d'acciaio" n.d.r.). Tenendo il piede in due staffe facciamo il gioco degli occidentali. Ora invece dobbiamo dimostrare fermamente — anche se queste non sono le nostre intenzioni -che siamo dalla parte dei tedeschi. E che se ci vogliono paghino. A Hitler ho fatto sapere che saremo sempre dalla sua parte e sono certo che questa informazione arriverà alle orecchie dei francesi e degli inglesi. Ciò dovrebbe indurii ad un avvicinamento concreto e non solo a parole, vedremo».
Mussolini e sua figlia Edda si rividero nell'aprile del 1940. Nel frattempo la situazione si era aggravata. Francesi e inglesi avevano imposto il blocco navale contro l'Italia e i nostri traffici erano praticamente bloccati. Mussolini era reduce da un incontro al Brennero con Hitler. «Cara Edda, ci siamo - confidò il duce alla figlia — Hitler è stato chiaro: mi ha detto apertamente che la nostra neutralità non sarà più accettata. Gli ho risposto che saremo al fianco della Germania, e sai perché? Perché non c'è più possibilità di andare con francesi e inglesi. Sembrava ci fosse una distensione con loro, invece il loro blocco navale ci sta strangolando. Io non posso più tergiversare e umiliarmi. Ho preso una decisione: entreremo in guerra al fianco della Germania. Non posso far altro. Hitler comincia a dare segni d'impazienza. Cosa sarebbe per l'Italia se ci mettessimo contro la Germania? In due mesi saremmo invasi e diverremmo una loro colonia. D'altra parte, se vincessero gli anglofrancesi, nulla delle nostre rivendicazioni ci sarebbe riconosciuto. Invece, andando con i tedeschi e vincendo la guerra saremmo più che ricompensati. Non ho preso questa decisione d'impulso. Ho studiato i vantaggi e gli svantaggi dall'inizio della guerra a oggi e l'ago della bilancia si è spostato tutto verso la Germania perché se sarà una guerra lampo sono sicuro della vittoria. Se invece la guerra si dilungherà nel tempo, forse avremo puntato sul cavallo sbagliato». Il racconto di Edda Ciano si interrompe alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia. Mussolini ha ormai fatto la sua scelta e questa è la sua ultima annotazione: «Papà mi dice quanto siano vigliacchi e buffoni i francesi, molto più degli inglesi. Ora che hanno i tedeschi in casa ci offrono mari e monti. Perché, osserva papà, non mi hanno fatto queste offerte tre o quattro mesi fa? E così continua: il Re mi ha informato di aver ricevuto da Daladier tre messaggi riservatissimi tramite il Vaticano. Il Presidente francese chiede al Re di far entrare l'Italia al più presto nel conflitto al fianco della Germania per evitare la totale occupazione della Francia da parte delle armate tedesche. I nostri cari cugini ora ci invitano ad occuparli: quanta misera ipocrisia da parte di Daladier! Diciotto mesi fa, a Monaco, dopo la conferenza non volle incontrarsi con me con la scusa che avrebbe perduto il treno! Allora avremmo potuto con ogni probabilità appianare le nostre divergenze e trovare anche una possibilità di avvicinamento all'Inghilterra. Ora è troppo tardi. Il Re mi ha chiesto di affrettare i tempi...».
Mussolini li affrettò, col risultato che tutti conosciamo. |
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Quintox
Età: 38 Registrato: 02/04/06 20:14 Messaggi: 226 Località: Padova
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Inviato: Mer Mag 10, 2006 8:02 pm Oggetto: Descrizione: |
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Grazie Stefano, puntualissimo. _________________ Il culto delle memorie è indice sicuro del grado di civiltà di un Popolo e della coscienza che esso ha della propria forza. |
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tribvnvs Cittadino Fascista-Gruppo ADMIN
Registrato: 04/04/06 23:22 Messaggi: 2097
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Inviato: Gio Mag 11, 2006 7:37 pm Oggetto: Descrizione: |
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Fantastico Stefano. L'ennesima riprova di come l'opposto della vulgata resistenziale sia la verità storica. Peccato che, nel complesso, queste cose non siano affatto una rivelazione: tutto era già più o meno noto, PER CHI VOLEVA SAPERE. Solo, una conferma eccellente in più.
Diffondo subito in community. |
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