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Relazioni tra Fascismo, identitarismo e multiculturalismo

 
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MessaggioInviato: Mer Lug 13, 2011 7:22 pm    Oggetto:  Relazioni tra Fascismo, identitarismo e multiculturalismo
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RELAZIONI TRA FASCISMO, IDENTITARISMO BIOLOGICO E MULTICULTURALISMO

Il Fascismo, un movimento già dalle origini irredentista ed italianista, è assimilabile ad una concezione prettamente razzialista della società? Una concezione basata non solo sullo spirito ma sul sangue e sulla terra?

Definiamo, per iniziare, l'identitarismo biologico.
Si parte dal presupposto che le razze esistono e che le differenze tra esse non siano meramente spirituali ma biologiche, materiali. L'identitarismo biologico è, dunque, il difendere a spada tratta qualsiasi identità, qualsiasi cultura, qualsiasi lingua, qualsiasi tradizione che appartiene ad un certo ceppo, ad una certa razza a discapito dell'idea di globalizzazione, multiculturalismo, internazionalismo.
Scopo ultimo dell'identitarismo biologico è quello di PRESERVARE le differenze tra le diverse razze, soprattutto in ambito puramente scientifico/genetico (quindi un secco NO al meticciato) ma anche in ambito culturale/spirituale (un secco NO a laicismi o ad altri processi intenti a distruggere una cultura).

Passiamo adesso al multiculturalismo. Prendo in prestito parti di un discorso di un camerata che spiega molto bene il tutto.

Citazione:
Credo che si possa distinguere "multiculturalismo", nell'accezione di ideologia o programma ideologico, rispetto a "società multiculturale", quale dato che esiste già di per sè, ossia una realtà sociale contraddistinta da più gruppi culturali.

Oltre a questa prima distinzione, che mi sembra elementare, c'è da qualificare il termine cultura: lungi da me volerne dare una nuova definizione, credo però che quella correntemente accettata dica più o meno che la cultura è quell'insieme di comportamenti, di usanze, di costumi che determinano la condotta di un gruppo di persone, che in questo modo finisce per distinguersi da un altro.

Detto questo, il multiculturalismo - inteso come programma ideologico - tenderebbe a cercare una soluzione agli enormi problemi posti dalla convivenza di più gruppi culturali in una stessa realtà sociale. Arrivo al dunque del topic: di fronte a questo problema, noi cosa diciamo? Voi cosa proponete?

In qualche modo, che vi siano all'interno di un'unica società più gruppi con obiettivi, finalità e inclinazioni diverse è alquanto pacifico. Non è possibile pretendere che la comunità sia unica e che al suo interno non vi siano tendenze confliggenti: tale "ordine" sarebbe soltanto temporaneo, e per di più conservabile attraverso pratiche dispotiche e violenti.

Tuttavia il problema del multiculturalismo è quello di far convivere all'interno di un'unica società più gruppi culturali, i quali evidentemente oltre a normali tendenze confliggenti e diverse, presentano anche diversi modi di approcciarsi alla realtà circostante, al mondo, di pensare all'individuo, al rapporto con la comunità, di intendere lo stato, di comunicare e di poter comunicare. Insomma un diverso background culturale, un diverso punto di partenza anche per chiedere ed ottenere eventuali altri diritti. Ogni gruppo culturale presenta quindi notevoli differenze, che pertanto rende quantomeno complesso - io direi impossibile - un accordo o una condotta "coerente" da parte di una società così frazionata. Il liberalismo a questo proposito non è chiaro cosa proponga: si parla di difesa di diritti culturali in relazione all'individualità. Ma come fare quando i diritti dell'individuo chiaramente collidono con quelli culturali? Il sistema liberale darebbe ovviamente priorità al diritto individuale, contro quello culturale. Mi pare ovvio che tale soluzione contraddica le aspirazioni del multiculturalismo stesso, se non altro frustrando la sua pretesa ultima di essere "multi-qualcosa". Diverrebbe essenzialmente una tutela - anche con prestazioni positive - delle diversità culturali fin quando queste non colpiscono al cuore del sistema liberale: ma a quel punto è ancora una volta il sistema liberale dei diritti individuali (e fondamentali) a prendere il sopravvento su quelli culturali, e quindi in definitiva sui diritti dei vari gruppi culturali.

Infatti il modello liberale, paradossalmente, sembra aver fatto naufragare lo stesso multiculturalismo, ed una testimonianza è data dal fallimento delle società multiculturali inglesi e francesi.

Ma a questo punto mi chiedo: perchè il multiculturalismo cerca ancora di trovare nuove soluzioni, nel Vecchio Continente?

Ignorando per convenienza modelli ab origine multiculturali (Australia, USA, Canada, ecc), limitiamoci al caso europeo, laddove la cultura dominante è risalente, e dove la cultura dominante è sentita come generalmente comune - nonostante la consapevolezza di essere "nati" comunque da un crocevia di mescolamenti, incarnati perfettamente dalla potenza creatrice della civiltà romana (mescolamenti avvenuti da gruppi diversi ma evidentemente assimilabili).

Limitandoci a questa realtà, frutto di ondate migratorie, le soluzioni e gli sbocchi non mi sembrano poi così tanti. Ne distinguo qualcuno:

1. Le diversità culturali sono tutte eguali. In questo caso esistono molteplici gruppi culturali ritenuti tutti alla stessa stregua. Non condividendo un bagaglio di valori condivisi, è ovvio che ci troviamo dinanzi ad un pluralismo esasperato, che in ultima analisi si concretizza in un pluralismo anche giuridico, che può sfociare nella secessione. Quindi c'è dissolvimento della stessa società e del modello multiculturale. Senza contare che la stessa concezione di "uguale rispetto" verso tutti i gruppi culturali può non essere condivisa da tutti i gruppi culturali effettivamente esistenti: col risultato che qualcuno potrebbe effettivamente intrattenere una condotta violenta, aggressiva o oppressiva. In ogni caso lo sbocco sarebbe sempre e comunque il dissolvimento della stessa società multiculturale, dopo un periodo più o meno lungo di "incomunicabilità" tra i gruppi, e di annesso malessere sociale, ben testimoniato dal fenomeno del ghetto (e mi sembra sia il caso inglese).

2. Le diversità culturali sono attenuate dalla reciproca integrazione. In questo caso si parte con un ibridismo sempre più marcato, il quale conduce o alla fine delle peculiarità culturali (perchè terminate in un'unica cultura) o ad una forma di assimilazionismo: per cui la cultura dominante assorbe quella minoritaria. Ed è il caso di quello francese: tuttavia pur andando verso un assimilazionismo sempre più forte, è chiaro che la via verso tale risultato è costellata di mutamenti sempre più evidenti. Alla fine l'assimilazione porterà con sè gli effetti nefasti dell'ibridismo, sicchè pure la stessa concezione iniziale che aveva dato impulso al "multi-culturalismo" (quindi una concezione in definitiva liberale ed individualista), potrebbe essere abbandonata in funzione di un diverso approccio politico, dettato da diversi stimoli culturali che via via emergono dall'ibrido venutosi a creare. Quindi potremmo avere una società liberale, divenuta dapprima multi-culturale e assimilazionista, che si risveglia tempo dopo in tutt'altro modo: magari con connotati autoritari e teocratici, o comunitari, olistici, etici.

In entrambi i casi mi pare che la società multiculturale scompaia per fare posto ad una nuova società monoculturale, questo per effetto o di una lotta/secessione, o della nascita di una nuova cultura ibrida (ammesso che ciò avvenga in maniera progressiva e pacifica). Ergo la società multiculturale somiglia di più ad uno stadio intermedio, una sorta di fase di mezzo, un passaggio che traghetta dalla fine di un certo modello di civiltà ad un altro, che non ad una forma di con-vivenza (io la chiamerei semplice co-esistenza, specie nel primo caso) stabile.

Il che mi spinge a domandarmi: come fanno i democratici-liberali, o gli occidentali, per dirla in maniera cara a qualcuno, a conciliare tale visione multiculturalista con le narrazioni dell'era moderna circa diritti umani e fondamentali? L'universalità dei valori nati dal modello democratico-liberale, come possono avere la pretesa di riuscire a sopravvivere al loro stesso superamento provocato dalla dissoluzione della società multiculturale, cui avrebbero dato vita in virtù di quei diritti fondamentali legati alla persona umana?

Anche nel momento in cui questa riuscisse a sopravvivere, ciò vorrebbe infatti dire che gli altri gruppi culturali siano stati "assimilati" totalmente e completamente, fino a rendere marginali le differenze sostanziali e radicali che intercorrono tra visioni del mondo così diametralmente diverse e opposte. In questo caso il multi-culturalismo è stato quindi superato, dissolto, reso inefficace e fittizio. Dunque semplicemente non esisterebbe, vanificando la prospettiva retro-culturale dell'individuo: o meglio, rendendo lo stesso modello liberale una soltanto delle tante prospettive culturali possibili. Negando, di fatto, l'universalità dei cari diritti fondamentali frutto di tale concezione.


Bene. Voi come vi approcciate al discorso multiculturalismo? Che rapporti hanno per voi Fascismo e razzialismo? Fascismo e multiculturalismo? La questione merita un'ampia disamina.

Dal canto mio credo che il Fascismo nel suo messaggio universale possa integrarsi completamente con una visione razzialista e a favore delle diversità. Come dire: tante nazioni che collaborano tra loro che accettano, ovviamente, la Dottrina Fascista (dunque lo Stato Etico Corporativo e la concezione di Uomo Nuovo) ma che preservano tradizioni proprie, identità biologiche proprie.

Riguardo il Ventennio il discorso delle leggi razziali è marginale (perché frutto dell’alleanza con la Germania Nazionalsocialista). Cosa molto più rilevante furono le pubblicazioni di riviste razzialiste, dunque la propaganda razzialista. Ancora più importanti le lezioni universitarie di antropologia. Diversi gerarchi e scienziati di spicco erano molto favorevoli alle leggi razziali ed a norme a tutela della conservazione biologica del popolo italiano. Molti reduci della RSI si dichiararono in linea con il razzialismo e l’identitarismo. Mussolini stesso, pur condannando i discorsi suprematisti di Hitler (Bari, 06/09/34), scrisse di essere razzista già dal 1921 e di opporsi fortemente al meticciato.

Ecco alcune dichiarazioni dei reduci di RSI (notare che si parla anche di gente della "ala sinistra" del Fascismo).

Ecco qui alcuni stralci da parte dei membri di FNCRSI, veri rivoluzionari poi quindi scevri da simpatie reazionarie e per la destra in generale

Citazione:
"[...]la "fine dell'Europa", con le sue tradizioni e culture e le sue genti spazzate via da un nuovo ordine mondiale imposto dalla forza bruta delle armi e annichilita da un forzato melting pot, un crogiuolo multietnico di razze e culture, che già fanno prefigurare un futuro e diffuso meticciato planetario che spazzerà definitivamente via una civiltà millenaria senza neppure lasciarne il "ricordo" nelle future generazioni inevitabilmente prive di radici storiche, culturali e di razza[...]."


Citazione:
"[...]L'Europa così definitivamente annientata venne infine occupata brutalmente, colonizzata, divisa a Jalta da una spartizione di nazioni, cruentemente ridisegnate nei loro confini etnici e geografici, che avrebbe visto popoli, partiti, governi e Stati, strumentalmente contrapposti in due blocchi, Est-Ovest, apparentemente "nemici", ma in realtà strategicamente univoci nello sfruttamento e sovvertimento dei popoli europei e nella distruzione di ogni forma di Stato-Nazione. Ma questa divisione, oltretutto, non era che una tappa transitoria, di un percorso che dovrà inevitabilmente condurre a quella Repubblica Universale, quell'ordine planetario, cosmopolita e globalizzato, auspicato dal mondialismo.
Ed è così che anche la seconda metà del XX secolo, fino ai giorni nostri, può essere considerato una specie di "terzo atto bellico" nel quale viene attuato un altro tipo di guerra "non convenzionale", ma non per questo meno devastante: quella del lavaggio dei cervelli attraverso l'enorme importanza e diffusione dei mass media, la globalizzazione delle economie e delle culture e conseguente dissoluzione di ogni specifica diversità, sottomissione delle economie e degli Stati all'Alta finanza cosmopolita, diffusione forzata della società multirazziale[....]".
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'Europa.htm


Citazione:
"[....]I paraocchi marxisti sono un eccellente modo per evitare la fatica di pensare, ma un modo altrettanto eccellente è rappresentato dalla mentalità di destra o conservatrice. Non è necessario valutare un'idea, una posizione politica, sociale o culturale per cercare di capirne la giustezza o l'errore, basta semplicemente stabilirne la priorità temporale. Questa mentalità si crede "forte" ma è solo ristretta.
Facciamo qualche esempio. Di fronte al "marxismo ateo" ed ai culti portati in Europa dagli immigrati, l'islam prima di tutto, l'uomo di destra, il conservatore, è "naturalmente cristiano", non perché gliene freghi qualcosa, in definitiva, di quel che predicò o delirò duemila anni fa Gesù Cristo in Palestina, ma come «difesa della nostra identità culturale» perché «è sempre stato così». A parte il fatto che non è sempre stato così, costoro non si avvedono, o fanno finta di non avvedersi che sono proprio le Chiese cristiane, quella cattolica in testa, a spingere per il cosmopolitismo, il meticciato, la compromissione delle basi etniche e culturali dell'Europa[...]."
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Qui c'è invece il testo del documento di Gaspare Ferretti Fantauzzi, forse il fascista più rivoluzionario, molto ma molto lontano dalla destra e dai reazionari conservatori:

Citazione:
[...]la patria è carnalmente parte di noi stessi. Il patriottismo, pertanto, è un'attitudine spontanea e irreversibile; opporvisi o sottrarvisi è contro natura, poiché la patria, in quanto anima che s'incarna nella nazione, costituisce un quid di essenzialmente spirituale, ma che pulsa anche nell'intelletto, nel sangue e nel suolo[...]


Citazione:
"[...]Atteso che gli Stati sono detti «nazionali» in quanto esercitano la propria giurisdizione sui territori delle rispettive nazioni, come spiegare il fatto che il Cristianesimo sia il più convinto sostenitore di comunità multietniche e multiculturali, se non per rendere ancor più precarie le identità nazionali e le specificità culturali dei popoli? È noto che il meticciato dell'America Latina ha la propria radice nell'incontro storico della civiltà cristiana con nazionalità imbelli e con culture traballanti. Ma, a chi giova ora il meticciato se non alla volontà di omologazione mondialista volta all'instaurazione di una umanità indifferenziata, consumisticamente cloroformizzata e, perciò, sempre più agevolmente manipolabile? Vi sarà pure una ragione per la quale, egemone in Italia per mezzo secolo, la cultura cattolica ha propiziato una sottocultura che ha innalzato l'antifascismo a livello di dogma politico e si è risolta storicamente a solo vantaggio di una ideologia già bollata come «intrinsecamente perversa»?[...]"
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Dunque, per finire:
QUAL È IL VOSTRO APPROCCIO A TUTTO QUESTO?

Scusate la lunghezza.

Saluti Romani
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RomaInvictaAeterna
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MessaggioInviato: Gio Lug 14, 2011 10:43 am    Oggetto:  
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Citazione:
Dunque, per finire:
QUAL È IL VOSTRO APPROCCIO A TUTTO QUESTO?


Il nostro approccio politico a tutto quello che hai citato è, ovviamente, secondo quanto stabilito dalla Dottrina Politica Fascista. Che noi condividiamo e accettiamo in tutto.

Ebbene, la questione "multiculturalista", per il fascismo non si pone. Il "multiculturalismo" è un problema IMPOSTO, nato da più fattori. Genericamente è una specie di OSSIMORO per definire tutto e il suo contrario, ma sovente è una giustificazione altisonante ed "equa e solidale", per coprire il motivo fondante lo spostamento di ingenti numeri di persone da una parte all'altra del Mondo. Le responsabilità del cosiddetto Occidente sono immani, in questo sofferto spostamento. L'oppressione e gli interessi economici, in primis, hanno generato situazioni di invivibilità terribili. I bisognosi, inevitabilmente, PREMONO. E rivendicano la propria dignità di UOMINI, prima di tutto. E per logica, premono verso il cosiddetto "occidente".

La questione, dunque, andrebbe trattata in vari ambiti. In primis quello sociale-economico. Se le condizioni di abbrutimento a cui sono soggette queste persone non sussistessero, il flusso migratorio diminuirebbe. Ovviamente, per far si che l'abbrutimento non persista, si deve necessariamente venire alle conclusioni ETICHE fasciste. Ma questo è un altro discorso.

Bene. Venendo alla posizione fascista rispetto al cosiddetto "multiculturalismo", essa è bene espressa nella Dottrina:

"Questa personalità superiore è bensì nazione in quanto è Stato. Non è la nazione a generare lo Stato, secondo il vieto concetto naturalistico che servì di base alla pubblicistica degli Stati nazionali nel secolo XIX. Anzi la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un'effettiva esistenza. Il diritto di una nazione all'indipendenza deriva non da una letteraria e ideale coscienza del proprio essere, e tanto meno da una situazione di fatto più o meno inconsapevole e inerte, ma da una coscienza attiva, da una volontà politica in atto e disposta a dimostrare il proprio diritto: cioè, da una sorta di Stato già in fieri. Lo Stato infatti, come volontà etica universale, è creatore del diritto."

Ebbene, il Fascismo dunque RESPINGE con potenza quello che definisce come VIETO concetto naturalistico di IDENTITA' DI SANGUE E SUOLO.
Il che significa una cosa ben precisa: la Nazione non è data dalla posizione geografica e da alcuni elementi ESTERNI culturali comuni. Quella, come lo stesso filosofo di Castelvetrano affermava, è la MATERIA della Nazione. E' l' "espressione" del Popolo. La Nazione, invece, per il fascismo coincide con la CIVILTA'. Il che significa che un Italiano, può essere tale SENZA CHE IL COLORE DELLA PELLE, I TRATTI SOMATICI O LA PROVENIENZA GEOGRAFICA glielo impediscano.

Del resto il concetto di CIVILTA' che è alla base del Fascismo sviluppa il concetto ROMANO di Impero. Tanto è vero che in queste stesse pagine abbiamo più volte trattato il tema in modo cristallino.

Infatti, sempre la Dottrina così afferma:

"Lo Stato fascista è una volontà di potenza e d'imperio. La tradizione romana è qui un'idea di forza. Nella dottrina del fascismo l'impero non è soltanto un'espressione territoriale o militare o mercantile, ma spirituale o morale. Si può pensare a un impero, cioè a una nazione che direttamente o indirettamente guida altre nazioni, senza bisogno di conquistare un solo chilometro quadrato di territorio"

Stanti questi presupposti, si comprende come sia assolutamente IMPOSSIBILE ritenere che esista nel fascismo una sia pur vaga concezione BIOLOGICA o RAZZIALE!

Per quanto riguarda la politica coloniale, si può dire che è la certificazione patente dell'esatto opposto del Razzismo biologico. La politica coloniale fascista (attenzione: Fascista!) si differenziava anche dalla politica coloniale italiana precedente, come anche dalla politica coloniale di tutti gli stati colonialisti!

Meriterebbe una trattazione a parte la politica coloniale Libica, come quella Abissina.

Il fatto che non si volesse il "meticciato", almeno per un certo periodo, non significa assolutamente NULLA dal punto di vista meramente "razziale", ma ha un valore di separazione di RUOLI che doveva essere evidente: gli Italiani davano un modello di cittadinanza ai popoli Africani. E questi popoli dovevano vedere nel cittadino italiano un modello di riferimento e di prestigio. Quello che imbestialiva Mussolini, e giustamente, era che troppo spesso gli Italiani non si stavano dimostrando all'atezza del compito, dandosi alla "bella vita" con i locali. Senza trasmettere NULLA.
Un altro discorso da aprire sarebbe quello riguardo i cittadini ITALIANI Africani. Molti di loro si sono battuti valorosamente durante l'ultima guerra. Essi erano considerati cittadini Italiani AL PARI degli altri Italiani. Conservavano gli STESSI IDENTICI DIRITTI e gli stessi DOVERI.

Il discorso della politica coloniale, ripeto, andrebbe ampliato. Ma lascio ad altri il compito. Ed in ogni caso nel forum l'argomento è già stato trattato in modo esauriente.

Riguardo le posizioni di taluni personaggi del Ventennio e della presunta "propaganda" razzista, anche qui il discorso è stato sviscerato ampiamente.

La presunta politica razziale del Regime fu frutto di una contingenza storica precisa.

Inoltre alcuni personaggi sono stati palesemente USATI, con cinismo, per dei bisogni contingenti.

Ma il discorso delle "Razze" è stato mantenuto in piena linea con il pensiero politico fascista, il quale polemizza con chi non lo condivide, a prescindere dalla razza. E questa fu la "scusa" per certi interventi POLITICI contingenti, che di razziale nel senso comune del termine non avevano nulla!

Lo stesso Mussolini, rivendicando il suo "razzismo", spiegò in cosa fosse consistito: negli interventi per la sanità pubblica, per la demografia, ecc.

Riguardo Julius Evola, ti rimando alle discussioni in evidenza (basta usare il tasto "ricerca").

Riguardo le tue citazioni antireligiose e anticattoliche, ti rimando anche qui alla Dottrina Fascista. La quale Afferma:

"Lo Stato fascista non rimane indifferente di fronte al fatto religioso in genere e a quella particolare religione positiva che è il cattolicismo italiano. Lo Stato non ha una teologia, ma ha una morale. Nello Stato fascista la religione viene considerata come una delle manifestazioni più profonde dello spirito; non viene, quindi, soltanto rispettata, ma difesa e protetta. Lo Stato fascista non crea un suo Dio così come volle fare a un certo momento, nei deliri estremi della Convenzione, Robespierre; né cerca vanamente di cancellarlo dagli animi come fa il bolscevismo; il fascismo rispetta il Dio degli asceti, dei santi, degli eroi e anche il Dio cosi come visto e pregato dal cuore ingenuo e primitivo del popolo. "

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"La mistica appunto precisa questi valori...nella loro attualità politica...e dimostra l'universalità di luogo e di tempo del Fascismo"(Giani)
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Marcus
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MessaggioInviato: Gio Lug 14, 2011 11:36 am    Oggetto:  
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...dice bene RomaInvicta,il problema infatti dal punto di vista dell'ideologia Fascista, dunque dal punto di vista mussoliniano,è quello di rafforzare la stirpe italiana che è sintesi di valori culturali e spirituali al contempo nazionali ed universali, affinché tale stirpe diffonda nel globo la propria Civiltà, che in quanto spirituale nulla ha da spartire con l'identitarismo biologico che è prettamente materialista. Giusto, in tal senso, vedeva DeFelice già nella famosa "Intervista sul Fascismo" dove scriveva che Mussolini aveva bisogno di un periodo di temporanea discriminazione per rafforzare negli Italiani il sentimento inculcato in loro dal Fascismo stesso di essere i portatori di una "nuova" Civiltà imperiale. Ma é lo Stato Etico che si fa portatore di questa missione, è la sua pedagogia che Crea gli Uomini Nuovi e riforma la vita della Nuova Italia, che crea e sviluppa nei cittadini la percezione di appartenere alla Nazione madre di tutte le nazioni, giammai presunti retaggi biologici o razziali che si perderebbero inesorabilmente col mischiare le cosiddette "razze". Se vi è un sentimento di superiorità di cui gli Italiani del Fascismo si dovevano fare portatori era quello di essere i veri e soli "missionari" della Civiltà erede dell'Universalismo romano, tanto più gli altri popoli avessero accettato tale realtà, volendo divenirne col tempo e con i fatti parte integrante, tanto più essi sarebbero divenuti Nuovi Cittadini dell'Impero Universale Fascista costruito dalla Nuova Italia di Mussolini, prova ne sia la speciale cittadinanza italiana libica concessa alla fine del 1939(cioè dopo la promulgazione delle leggi razziali) ai libici che lo avessero meritato,o la stessa distinzione fatta in favore degli ebrei italiani che avessero già dimostrato prima del 1938 la piena adesione attiva ai valori dell'Italia Fascista.
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" Forse che non conoscendo a fondo il pensiero del Duce si può affermare di essere fascisti? Noi diciamo di no! Che il fascismo non è istinto ma educazione e perciò è conoscenza della sua mistica,che è conoscenza di Mussolini" (N. Giani)
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Gio Lug 14, 2011 6:32 pm    Oggetto:  
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Citazione:
Mussolini stesso, pur condannando i discorsi suprematisti di Hitler (Bari, 06/09/34), scrisse di essere razzista già dal 1921 e di opporsi fortemente al meticciato.


Scrive lo storico Fabio Andriola:

"Già nel 1918, fedele alla sua concezione della nazione come insieme di etnie e di uomini che vivono sullo stesso suolo, con una tradizione e degli interessi comuni, non aveva avuto problemi a celebrare, a mò di simbolo dei tanti ragazzi caduti al fronte per l'Italia, il giovane Roberto Sarfatti che, oltre a essere ebreo, era anche figlio di quella Margherita Sarfatti per anni sua amante (...). Lotano da considerazioni biologiche, tutte le volte che Mussolini parlava di razza, già all'inizio degli anni Venti, usava questo termine per indicare genericamente gli italiani: la "razza italiana" poteva tranquillamente inglobare meridionali e settentrionali, ebrei e non ebrei, operai e professionisti, militari e filosofi, italiani del Risorgimento e latini dell'antica Roma. In chiunque si fossero incarnati il genio e l'inventiva, il coraggio e la civiltà, il valore militare e l'abilità artistica, là c'era un esponente della "razza italiana". Non c'entrava nulla il sangue, c'entrava lo spirito di un popolo. E il fascismo, fenomeno italiano per eccellenza secondo Mussolini, era venuto a rigenerare la "razza italiana": "Il Governo fascista - dirà celebrando il primo anniversario della marcia su roma, il 28 ottobre 1923 - durerà perchè non è soltanto il trionfo di un partito: è qualcosa di più, di molto di più, infinitamente di più: è la primavera, è la risurrezione della razza, è il popolo che diventa Nazione, la Nazione che diventa Stato, è lo Stato che cerca nel mondo le linee della sua espansione"

Estratto da "Mussolini segreto nemico di Hitler", pag. 165-166
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Lictor Adriano



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MessaggioInviato: Sab Set 03, 2011 10:25 am    Oggetto:  
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Di razza si dovrebbe parlare solo in ambito scientifico, perché solo la scienza può dire se le razze sono biologicamente identificabili.
Legare un' Idea od un modello di Civiltà ad un concetto scientifico significa lasciare alla scienza l' ultima parola, consapevoli sia delle possibili strumentalizzazioni che questa ne potrebbe fare, sia dell' attitudine della scienza a smentire e riconfermare la veridicità di alcune teorie.

Ad esempio, questo articolo è interessante:
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Partendo dal presupposto che la purezza della razza è solo utopia, possiamo anche ipotizzare che ci sia una comunanza genetica (seppure infinitesima) tra individui della stessa stirpe, etnia o popolo. Tante parole che si scrivono in un modo ma si leggono sempre razza, espedienti per risultare politicamente corretti.
Bene, queste differenze non hanno nessuna ripercussione sulla condotta di un individuo, confrontandolo con un individuo di una altra "razza".
Potrebbero anzi manifestarsi nella condotta media di un popolo, ma ciò è inverificabile dato che un confronto obbiettivo potrebbe avere luogo solo in virtù di identiche condizioni socio-economiche delle "razze" in esame.
Ergo, una massa non risentirebbe della confluenza di individui mentre snaturerebbe assorbendo un' altra massa.

"Che in Italia si faccia del razzismo e dell' antisemitismo è cosa tanto importante nella sua apparenza politica quanto priva di peso nella sua sostanza reale. La purità della razza in questo popolo sul quale sono passate tante invasioni e che ha assorbito tante genti dai quattro punti cardinali, e il pericolo semita in una Nazione come la nostra dove perfino l' alta finanza, e perfino se manovrata dagli ebrei, non può non diventare qualcosa di cattolico, sono evidentemente fandonie da lasciar scrivere a certi zelatori"
B.M.

Il discorso è irrilevante ed è anche a mio avviso una perdita di tempo.
E' presto detto il perché.
A spingere masse lontano dai propri confini è la guerra e la fame derivante da squilibri interni, causati dalle politiche liberalistiche che vi influenzano.
Impedire l' immigrazione equivale a impedire ad una persona di vivere, con quale etica si può muovere questa pretesa?
Soluzioni interne al sistema liberale non ce ne sono.
Ci sono solo palliativi.
La malattia è il LIBERALISMO, la cura è il FASCISMO.

Il Fascismo con la sua universalità Romana risolve il problema facendo mancare le condizioni materiali e sociali per la quale un individuo è suo malgrado costretto ad emigrare.
Le uniche motivazioni a portare un individuo a morire in un luogo diverso da dove nasce sarebbero morali e spirituali e sarebbero di una quantità così risibile da non rappresentare alcun tipo di problema.

"La socializzazione mondiale, e cioè: frontiere esclusivamente a carattere storico; abolizione di ogni dogana; libero commercio fra paese e paese, regolato da una convenzione mondiale; moneta unica e, conseguentemente, l'oro di tutto il mondo di proprietà comune e così tutte le materie prime, suddivise secondo i bisogni dei diversi paesi; abolizione reale e radicale di ogni armamento".
B.M.

_________________
"Noi pensiamo che lo Stato sia la stessa personalità dell'individuo, spogliata dalle differenze accidentali, sottratta alla preoccupazione astratta degl'interessi particolari[..]"
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