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Critica di Marx alla Religione, esposta da un Marxista
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Mar Ago 03, 2010 3:06 pm    Oggetto:  
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Non credo che abbia senso continuare questo monologo. Mancano del tutto i presupposti di un dialogo. Si ha dialogo infatti quando due o più interlocutori discutano e dibattano in maniera razionale e ragionata su determinati argomenti. Qui vedo solo un ragazzino indottrinato che si limita a fare copia/incolla di brani dei più grandi criminali della storia (Mao e Stalin per intenderci), credendo che siano una verità assoluta dogmaticamente (o fideisticamente?) fatta propria. Continuare non ha più senso...
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Mar Ago 03, 2010 4:11 pm    Oggetto:  
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Per caso ho trovato questo scritto sul web che, al di la della retorica antiebraica di cui è infarcito, mette in evidenza i finanziamenti economici e "capitalisti" di cui godette Lenin per attuare la sua rivoluzione.

Le banche finanziarono la rivoluzione sovietica

La maggior parte delle persone è ancora convinta, sulla base della propaganda prima socialista e poi marxista, che ci sia – o ci sia stata per tanto tempo – un’avversione implacabile tra capitalisti e comunisti, tra banchieri e leader proletari. È una sciocchezza che non regge all’indagine. In realtà, Lenin non avrebbe avuto i mezzi materiali per impadronirsi del potere senza il denaro elargitogli generosamente da un capitalista, un grande banchiere americano, Jacob Schiff, padrone della banca Kuhn & Loeb di New York. Schiff era ebreo e, come tale, odiava la Russia zarista perché gli israeliti non vi erano ancora emancipati e vi subivano dei pogrom che la polizia spesso non impediva o reprimeva con ritardo.

Così, il finanziere diede il suo potente sostegno al Giappone, nella guerra del 1904 che si concluse disastrosamente per Mosca. Sempre per indebolire e, se possibile, far cadere il regime degli zar, il banchiere sovvenzionò ogni tipo di sovversione in Russia e puntò poi le sue carte su Lenin, favorendone il trionfo nella ri-voluzione del 1917. Ma altri banchieri dell’ebraismo occidentale finanziarono quella rivoluzione, mossi dall’avversione per lo zarismo. Gli storici conoscono, tra l’altro, il dispaccio, partito da Stoccolma il 21 settembre del 1917 e indirizzato a Trotzkij, con cui la banca Warburg (i cui padroni erano imparentati con Jacob Schiff e associati a lui in affari) comunicava di avere depositato sulle banche svedesi una grande somma per le spese dei rivoltosi. Questi ed altri episodi sono stati rievocati, con precisione e con ampiezza, anche da Solzenicyn nel suo “Lenin a Zurigo”.

Capitalisti e banchieri si incontrano all’inizio dell’Unione Sovietica (si pensi a quell’ambiguo finanziere che fu Gelfand Israel Lazarevitch, conosciuto come Parvus, sponsor economico anch’egli dei bolscevichi) ma sono presenti in tutti i settant’anni della sua esistenza. L’impero comunista russo non sarebbe nato ma non avrebbe potuto neanche sopravvivere senza il continuo sostegno della grande finanza occidentale, secondo modi ora palesi ora occulti che sono ancora in gran parte da esplorare. Esaminavo, di recente, le memorie di Markus Wolff, il leggendario “Misha” di tanti romanzi di spionaggio, il mitico e inamovibile capo dei servizi segreti per l’estero della Germania che si autodefiniva “democratica”. Wolff conferma quanto già si sapeva ma di cui si parlava, e si parla, il meno possibile: la DDR, praticamente da sempre, rinviava l’inevitabile bancarotta dello Stato grazie ai prestiti generosi delle banche della Germania Occidentale. Ed è qui una delle ragioni “segrete” delle gravi difficoltà tedesche dopo l’unificazione: assorbendo quella Repubblica fantoccio, la Germania Federale ne ha ereditato i debiti e, dunque, la necessità di rimborsare le banche di Francoforte, di Monaco, di Amburgo: un conto astronomico che ha fatto, e fa tuttora, vacillare il pur solido bilancio statale.

Ma la grande finanza la si incontra anche agli esordi della rivoluzione francese. Jacques Necker, calvinista ginevrino di origini tedesche, illuminista e tra i maggiori banchieri d’Europa, è il potentissimo ministro delle finanze di Luigi XVI mentre la Francia si avvia alla grande rivolta. Questa – stando all’accusa finale che gli rivolgerà il re – scoppia anche per sua responsabilità. È Necker, infatti, che non solo decide di convocare gli Stati Generali che daranno fuoco alle polveri ma pretende, ed ottiene, che il Terzo Stato (quello dei borghesi) vi abbia un numero di delegati pari a quello degli altri due ordini (clero e aristocratici) sommati. È Necker, insomma, il grande banchiere, che mette a punto il meccanismo che permetterà la rivoluzione. Questa, poi, sarà foraggiata da continui aiuti della finanza inglese che aveva interesse a indebolire la Francia, temibile concorrente economico della Gran Bretagna. In effetti, la supremazia britannica per tutto il XIX secolo fu resa possibile dal terribile salasso di sangue e di denaro subito dai francesi in seguito alla rivoluzione e poi alle guerre napoleoniche.

Non è dietrologia ma constatazione di fatti certi: ben lungi dall’opporsi alle rivoluzioni, la grande finanza e la grande banca le hanno spesso sorrette. Trascrivo qui le considerazioni di uno storico francese: «La potenza finanziaria preferisce l’instabilità politica, le convulsioni sociali a un ordine che minacci di impacciarla. Così, si oppone per istinto a ogni potere politico che tenda a limitarne gli appetiti e cerchi di sottoporre le sue attività al bene comune. Il Vitello d’Oro non ama essere aggiogato e cerca di liberarsi a ogni costo dalle stanghe che ne rallentino i movimenti. Inoltre, non dimentichiamo che la banca internazionale moderna è opera, almeno agli inizi, di protestanti, di ebrei, di massoni. Dunque, l’appartenenza religiosa o ideologica dei finanzieri li ha opposti alle monarchie cattoliche, come quella francese, o ortodossa, come quella russa. Così come li aveva opposti alla monarchia spagnola, a cominciare dalla insurrezione delle Fiandre nel Seicento, finanziata dal capitalismo anglo-olandese».

Insomma, alla rovina prima di Madrid, poi di Parigi e infine di Pietroburgo non è per niente estraneo quel grande capitalismo che, secondo gli ingenui (e gli ideologi vetero-comunisti), sarebbe un fattore di stabilità controrivoluzionaria, un nemico implacabile della sovversione “di sinistra”.
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MessaggioInviato: Mar Ago 03, 2010 10:07 pm    Oggetto:  
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Giusto Antonio
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Il Littore



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MessaggioInviato: Mer Ago 04, 2010 3:32 pm    Oggetto:  
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Inviterei il nostro amico Marxist-Leninist a capovolgere l'articolo.
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Marxist-leninist




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MessaggioInviato: Mer Ago 04, 2010 11:58 pm    Oggetto:  
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AquilaLatina ha scritto:
Non credo che abbia senso continuare questo monologo. Mancano del tutto i presupposti di un dialogo. Si ha dialogo infatti quando due o più interlocutori discutano e dibattano in maniera razionale e ragionata su determinati argomenti. Qui vedo solo un ragazzino indottrinato che si limita a fare copia/incolla di brani dei più grandi criminali della storia (Mao e Stalin per intenderci), credendo che siano una verità assoluta dogmaticamente (o fideisticamente?) fatta propria. Continuare non ha più senso...



Si ha un dialogo quando gli interlocutori capiscono. Qui sembra di parlare contro il muro. Finché non capirà io sono costretto a ripetere all'infinito le basi teoriche del Marxismo-Leninismo-Pensiero di Mao.
Stalin e Mao sono due dei simboli più importanti e fondamentali del marxismo-leninismo, due guide del proletariato e del socialismo scientifico.
Ma parlare con un muro è più proficuo.
Avete una concezione del mondo e delle cose completamente inconciliabile con la mia e per questo vi risulta incomprensibile, proprio perché vivete una realtà sociale diversa dalla mia.


Citazione:
Le banche finanziarono la rivoluzione sovietica

La maggior parte delle persone è ancora convinta, sulla base della propaganda prima socialista e poi marxista, che ci sia – o ci sia stata per tanto tempo – un’avversione implacabile tra capitalisti e comunisti, tra banchieri e leader proletari. È una sciocchezza che non regge all’indagine. In realtà, Lenin non avrebbe avuto i mezzi materiali per impadronirsi del potere senza il denaro elargitogli generosamente da un capitalista, un grande banchiere americano, Jacob Schiff, padrone della banca Kuhn & Loeb di New York. Schiff era ebreo e, come tale, odiava la Russia zarista perché gli israeliti non vi erano ancora emancipati e vi subivano dei pogrom che la polizia spesso non impediva o reprimeva con ritardo.

Così, il finanziere diede il suo potente sostegno al Giappone, nella guerra del 1904 che si concluse disastrosamente per Mosca. Sempre per indebolire e, se possibile, far cadere il regime degli zar, il banchiere sovvenzionò ogni tipo di sovversione in Russia e puntò poi le sue carte su Lenin, favorendone il trionfo nella ri-voluzione del 1917. Ma altri banchieri dell’ebraismo occidentale finanziarono quella rivoluzione, mossi dall’avversione per lo zarismo. Gli storici conoscono, tra l’altro, il dispaccio, partito da Stoccolma il 21 settembre del 1917 e indirizzato a Trotzkij, con cui la banca Warburg (i cui padroni erano imparentati con Jacob Schiff e associati a lui in affari) comunicava di avere depositato sulle banche svedesi una grande somma per le spese dei rivoltosi. Questi ed altri episodi sono stati rievocati, con precisione e con ampiezza, anche da Solzenicyn nel suo “Lenin a Zurigo”.

Capitalisti e banchieri si incontrano all’inizio dell’Unione Sovietica (si pensi a quell’ambiguo finanziere che fu Gelfand Israel Lazarevitch, conosciuto come Parvus, sponsor economico anch’egli dei bolscevichi) ma sono presenti in tutti i settant’anni della sua esistenza. L’impero comunista russo non sarebbe nato ma non avrebbe potuto neanche sopravvivere senza il continuo sostegno della grande finanza occidentale, secondo modi ora palesi ora occulti che sono ancora in gran parte da esplorare. Esaminavo, di recente, le memorie di Markus Wolff, il leggendario “Misha” di tanti romanzi di spionaggio, il mitico e inamovibile capo dei servizi segreti per l’estero della Germania che si autodefiniva “democratica”. Wolff conferma quanto già si sapeva ma di cui si parlava, e si parla, il meno possibile: la DDR, praticamente da sempre, rinviava l’inevitabile bancarotta dello Stato grazie ai prestiti generosi delle banche della Germania Occidentale. Ed è qui una delle ragioni “segrete” delle gravi difficoltà tedesche dopo l’unificazione: assorbendo quella Repubblica fantoccio, la Germania Federale ne ha ereditato i debiti e, dunque, la necessità di rimborsare le banche di Francoforte, di Monaco, di Amburgo: un conto astronomico che ha fatto, e fa tuttora, vacillare il pur solido bilancio statale.

Ma la grande finanza la si incontra anche agli esordi della rivoluzione francese. Jacques Necker, calvinista ginevrino di origini tedesche, illuminista e tra i maggiori banchieri d’Europa, è il potentissimo ministro delle finanze di Luigi XVI mentre la Francia si avvia alla grande rivolta. Questa – stando all’accusa finale che gli rivolgerà il re – scoppia anche per sua responsabilità. È Necker, infatti, che non solo decide di convocare gli Stati Generali che daranno fuoco alle polveri ma pretende, ed ottiene, che il Terzo Stato (quello dei borghesi) vi abbia un numero di delegati pari a quello degli altri due ordini (clero e aristocratici) sommati. È Necker, insomma, il grande banchiere, che mette a punto il meccanismo che permetterà la rivoluzione. Questa, poi, sarà foraggiata da continui aiuti della finanza inglese che aveva interesse a indebolire la Francia, temibile concorrente economico della Gran Bretagna. In effetti, la supremazia britannica per tutto il XIX secolo fu resa possibile dal terribile salasso di sangue e di denaro subito dai francesi in seguito alla rivoluzione e poi alle guerre napoleoniche.

Non è dietrologia ma constatazione di fatti certi: ben lungi dall’opporsi alle rivoluzioni, la grande finanza e la grande banca le hanno spesso sorrette. Trascrivo qui le considerazioni di uno storico francese: «La potenza finanziaria preferisce l’instabilità politica, le convulsioni sociali a un ordine che minacci di impacciarla. Così, si oppone per istinto a ogni potere politico che tenda a limitarne gli appetiti e cerchi di sottoporre le sue attività al bene comune. Il Vitello d’Oro non ama essere aggiogato e cerca di liberarsi a ogni costo dalle stanghe che ne rallentino i movimenti. Inoltre, non dimentichiamo che la banca internazionale moderna è opera, almeno agli inizi, di protestanti, di ebrei, di massoni. Dunque, l’appartenenza religiosa o ideologica dei finanzieri li ha opposti alle monarchie cattoliche, come quella francese, o ortodossa, come quella russa. Così come li aveva opposti alla monarchia spagnola, a cominciare dalla insurrezione delle Fiandre nel Seicento, finanziata dal capitalismo anglo-olandese».

Insomma, alla rovina prima di Madrid, poi di Parigi e infine di Pietroburgo non è per niente estraneo quel grande capitalismo che, secondo gli ingenui (e gli ideologi vetero-comunisti), sarebbe un fattore di stabilità controrivoluzionaria, un nemico implacabile della sovversione “di sinistra”.



è una cosa completamente falsa!!!
se Lenin ricevette finanziamenti capitalistici come mai, poco dopo la rivoluzione una nera coalizione di 14 stati capitalisti hanno attaccato la neo-nata URSS?
e come mai partiti come i cadetti, i menscevichi e i socialisti-rivoluzionari, venivano dai capitalisti apertamente spalleggiati?
è un ipotesi completamente falsa, tipica della propaganda borghese.



Citazione:
No, no per carità! Manteniamo le distanze! Non confondiamo l'oro (il fascismo di Mussolini) con il catrame (il marxismo)



Sì da il caso che il catrame sia nero come i vostri cuori e il fascio Laughing


Ho perso fin troppo tempo con voi, vi saluto fasci!
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AquilaLatina




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MessaggioInviato: Ven Ago 06, 2010 4:05 pm    Oggetto:  
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Citazione:
Si ha un dialogo quando gli interlocutori capiscono. Qui sembra di parlare contro il muro. Finché non capirà io sono costretto a ripetere all'infinito le basi teoriche del Marxismo-Leninismo-Pensiero di Mao.
Stalin e Mao sono due dei simboli più importanti e fondamentali del marxismo-leninismo, due guide del proletariato e del socialismo scientifico.
Ma parlare con un muro è più proficuo.
Avete una concezione del mondo e delle cose completamente inconciliabile con la mia e per questo vi risulta incomprensibile, proprio perché vivete una realtà sociale diversa dalla mia.


Carissimo Marxist-leninist, forse non ti è chiaro che il problema è che noi abbiamo capito sin troppo bene e conosciamo quasi alla perfezione il pensiero di coloro che definisci "guide del proletariato" (io userei la più corretta definizione di "distruttori-ingannatori del proletariato"), quindi ripetere fino alla noia le basi teoriche del marxismo-leninismo è operazione tanto inutile quanto nociva ad una proficua discussione.

Conosciamo così bene l'ideologia marxista che l'abbiamo anche superata, attraverso un Socialismo Nazionale equo e umano, non negatore e distruttore di ogni forma di civiltà in nome di falsi dogmi.

Il fascismo risolve pacificamente ciò che il marxismo non ha mai risolto con la violenza. Esiste lo sfruttamento di una borghesia su un proletariato? Ebbene, noi in nome della Nazione (entità collettiva e organica come per voi è la classe) poniamo termine alla lotta di classe innalzando i lavoratori al rango di produttori e immettendoli nella gestione collettiva dell'impresa. La proprietà non più quindi privata, bene egoistico anti-nazionale, ma socializzata e ceduta ad una Corporazione gestita dai lavoratori. Un po come Lenin, il falso rivoluzionario servo della borghesia, ha cercato di fare creando i Soviet, i quali li ha poi supinamente aboliti perchè troppo "proletari". Laddove Lenin ha fallito è riuscito quel grande rivoluzionario di Benito Mussolini con la legge sulla socializzazione delle imprese e con la creazione dei consigli tecnici del lavoro.

Lo Stato Nazionale del Lavoro (o Repubblica Sociale) cui auspicavano i fascisti, sarebbe stato un tipo si Stato nuovo, moderno, rivoluzionario e privo di ingiustizie sociali. Non a caso Lenin ha definito Mussolini "l'unico socialista capace di compiere una rivoluzione", e Bombacci nel 45 gli fece eco affermando a chiare lettere che:

"Compagni! Guardatemi in faccia, compagni! Voi ora vi chiederete se io sia lo stesso agitatore socialista, il fondatore del Partito comunista, l’amico di Lenin che sono stato un tempo. Sissignori, sono sempre lo stesso! Io non ho mai rinnegato gli ideali per i quali ho lottato e per i quali lotterò sempre… Ero accanto a Lenin nei giorni radiosi della rivoluzione, credevo che il bolscevismo fosse all’avanguardia del trionfo operaio, ma poi mi sono accorto dell’inganno… Il socialismo non lo realizzerà Stalin, ma Mussolini che è socialista anche se per vent’anni è stato ostacolato dalla borghesia che poi lo ha tradito… ma ora Mussolini si è liberato di tutti i traditori e ha bisogno di voi lavoratori per creare il nuovo Stato proletario…".

Che Stalin fosse un autocrate servo della borghesia e distruttore del proletariato lo dimostra anche il caso Trotsky, lo dimostra in ultima analisi la miserevole fine del comunismo in URSS. Compagno se vuoi uno Stato Socialista, Equo, Giusto che risolva le Ingiustizie Sociali è il Fascismo che devi guardare Wink
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Dvx87




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MessaggioInviato: Ven Ago 06, 2010 4:23 pm    Oggetto:  
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Continui a non rispondere alle obiezioni che ti vengono mosse. Un determinismo è tale quando si presenta sempre. Basta che non si presenti una volta per far saltare tutto l'impianto che non è più deterministico ma, al massimo, probabilistico.
Per quanto riguarda stalin, le sue teorie ed applicazioni economiche non sono nient'altro che una declinazione del capitalismo di stato. Al borghese-capitalista si sostituisce il funzionario statale. Ciò che magari diede una impornta più rivvoluzionaria all'urss fu proprio la presenza di un regime totalitario e la presenza nel pensiero di Lenin di alcuni elementi non ortodossi. Aggiungerei anche il fervore rivoluzionario e la generale volontà di cambiamento della elite russa. Se applicassimo il marxismo puro, probabilmente, l'unico dibattito l'avremo intorno al fatto se il "proprietario" deve essere un privato oppure lo stato attraverso un suo funzionario stipendiato. Non cambia però la concezione della impresa dal punto di vista dell'impresa stessa e della sua produttività.
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antimodes
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Messaggi: 444
Località: Roma

MessaggioInviato: Sab Ago 07, 2010 4:25 pm    Oggetto:  
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Marxist-leninist ha scritto:
Ho perso fin troppo tempo con voi, vi saluto fasci!


Questa è la parte migliore di tutto il post!! Laughing

Peccato però...stava inziando a coinvolgermi nonchè a convertirmi...da nero a bruno!!! ahaaaaaaaaaaaaah Razz

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