Indice del forum

Associazione Culturale Apartitica-"IlCovo"
Studio Del Fascismo Mussoliniano
Menu
Indice del forumHome
FAQFAQ
Lista degli utentiLista degli utenti
Gruppi utentiGruppi utenti
CalendarioCalendario
RegistratiRegistrati
Pannello UtentePannello Utente
LoginLogin

Quick Search

Advanced Search

Links
Biblioteca Fascista del Covo
Il VBLOG del Covo
IlCovo su Twitter

Who's Online
[ Amministratore ]
[ Moderatore ]

Utenti registrati: Nessuno

Google Search
Google

http://www.phpbb.com http://www.phpbb.com
Filosofia-Razionalismo

 
Questo forum è chiuso. Non puoi inserire, rispondere o modificare i Topics   Topic chiuso    Indice del forum -> Le ideologie e le altre filosofie
Precedente :: Successivo  
Autore Messaggio
RomaInvictaAeterna
Site Admin
Site Admin


Età: 45
Registrato: 30/11/04 13:52
Messaggi: 3234
Località: Roma

MessaggioInviato: Gio Apr 06, 2006 6:25 pm    Oggetto:  Filosofia-Razionalismo
Descrizione:
Rispondi citando

Il razionalismo è una filosofia allo stesso modo generatrice di idee politiche a noi antitetiche. Basilarmente essa, con le sue filiazioni, negando la possibilità di esistere a ciò che non è razionalmente analizzabile e comprensibile, nega di fatto ogni possibilità di obbedienza a Morali superiori, ad esempio quelle che incoraggiano al sacrificio per la collettività o per la giustizia. La Morale non è Razionale, perchè spesso va contro l'oggettivo bene del singolo. Ovvero, il singolo, per un sentimento o per la Morale che risiede in un Principio può rimetterci tutto, anche la vita! E questo non è razionale! Inoltre nega la possibilità di esistere alle religioni (che hanno una altissima Morale), in quanto realtà non intellegibili, dando a queste un valore puramente utilitario ai fini del superamento delle grandi prove nella vita delle persone. Sono rappresentazioni che il raziocinio produce per elevarsi e superare le difficoltà. Solo in questo senso sono utili... Tutto ciò reprime la volontà di elevazione dell'animo umano e nega la realtà di un fatto inspiegabile facendo la seguente eguaglianza: il fatto non è spiegabile razionalmente, ergo non è reale. E' una proiezione della mente. E' un fatto razionale ancora non analizzato a cui si da una spiegazione falsa.


razionalismo (filosofia)
Il razionalismo è una dottrina filosofica secondo cui la conoscenza umana nei suoi fondamenti ultimi è dovuta alla ragione, e la verità deve essere trovata attraverso l'analisi delle idee e indipendentemente dai dati empirici, dagli atteggiamenti emotivi o dai pronunciamenti delle autorità. Le asserzioni del razionalismo hanno significativamente influenzato anche la scienza e la religione.
Gli empiristi (v. empirismo) sostengono che la conoscenza può essere fondata solamente sull'informazione ottenibile attraverso la sensazione. Ma, obiettano i razionalisti, tale informazione è sempre soggetta a discussione. I sensi ci forniscono dati relativi alla condizione del soggetto senziente, mutevoli e disordinati. Solo i regni della matematica e della logica ci consentono di scoprire verità indiscutibili, valide per tutti, con il solo uso della ragione. Baruch Spinoza, forse il maggiore razionalista della filosofia occidentale, presentò le sue dottrine filosofiche mutuando il modello della geometria di Euclide, e dedusse i teoremi sul mondo da assiomi, le "verità" della ragione.
Il trionfo del razionalismo si ha soprattutto nella filosofia moderna, sebbene la battaglia in favore della ragione (un'accezione meno rigida del termine razionalismo) come strumento privilegiato della conoscenza abbia avuto una storia molto più lunga, che comprende il disegno degli universali reali del platonismo, l'indagine sulle strutture della ragione e del linguaggio di Aristotele, e l'alterna diatriba fra difensori delle Autorità in materia di fede e difensori della ragione nel Medioevo. I concetti puri della ragione come si esprimono nella matematica assumono infatti, nella via maestra della scienza moderna, la funzione di garanti di obiettività e di verità; l'ordine e la misura della natura sono dettati nei "caratteri matematici", come assicurava già Galilei. Descartes come Hobbes, Leibniz, lo stesso Isaac Newton, lavorarono a migliorare la matematica come strumento di conoscenza e a fissare gli assiomi generali razionali su cui soltanto è possibile costruire il sapere (come quello dell'uniformità della natura). In relazione con il razionalismo sta l'innatismo, la dottrina che ritiene innate, consegnate da Dio al cuore dell'uomo, le idee della ragione. Sicché il razionalismo risulta anche il portato di una concezione antropologica nuova, quella del Rinascimento, in cui l'uomo non è più la creatura umiliata dal peccato originale, ma il centro e il nodo del cosmo, in cui spirito e corpo si uniscono in modo unico.
Il deismo è una delle dottrine che hanno nel razionalismo la loro origine, così come ogni teoria della religione naturale, con l'idea che "tutti" gli uomini, indipendentemente dalle condizioni storiche in cui si trovano a vivere, possiedono la capacità razionale di conoscere la divinità che è origine e fine dell'universo.
Una concezione rigorosa dell'organizzazione razionale della natura, nel senso che porta a identificarvi solo rapporti causali meccanicistici, induce all'ateismo e al materialismo taluni pensatori razionalisti, come Hobbes. L'estromissione della causa finale dalla natura, come estranea alla logica matematica che governa la realtà, consente di attribuire al caso i nessi fondamentali che danno origine al tutto (v. causalità).
Con il sec. XVIII l'egemonia del razionalismo decade e un concetto più problematico e articolato della ragione si fa strada nella riflessione filosofica (v. illuminismo), ma ancora fino alla contemporaneità, particolarmente nel pensiero logico ed epistemologico, l'assunzione razionalista è argomentata e condivisa da pensatori influenti (p. es. Popper).

Copyright © 2002 Motta Editore


Ultima modifica di RomaInvictaAeterna il Mer Gen 04, 2012 10:42 am, modificato 2 volte in totale
Torna in cima
Profilo Messaggio privato Invia email MSN Messenger
RomaInvictaAeterna
Site Admin
Site Admin


Età: 45
Registrato: 30/11/04 13:52
Messaggi: 3234
Località: Roma

MessaggioInviato: Gio Apr 06, 2006 6:26 pm    Oggetto:  
Descrizione:
Rispondi citando

Kant, Immanuel
Pietra miliare nella storia della filosofia, il filosofo tedesco Immanuel Kant (Königsberg 1724-1804) cambierà la natura stessa della ricerca filosofica. Nato a Königsberg, nella Prussia orientale, da genitori borghesi di origine scozzese, pietisti devoti (v. pietismo), a 8 anni entrò nel Collegium Friedericianum, una scuola pietista diretta dal teologo F. A. Schultz e studiò poi all'Università di Königsberg, dal 1740, teologia (con Schultz), filosofia e matematica, fisica. Nel corso degli studi universitari approfondì in particolare la filosofia di Christian Wolff, razionalista leibniziano, lesse le opere di Leibniz e di Newton. In seguito saranno di grande importanza per lui le opere di David Hume e di Jean Jacques Rousseau, gli scritti di Eulero e di Crusius. La morte del padre obbliga Kant a lasciare gli studi; per un decennio fa il precettore (1746-55) e solo nel 1756 prende la libera docenza e torna all'Università, dove insegna varie discipline e nel 1770 ottiene la cattedra di logica e metafisica. Il periodo "precritico" (1755-81). In questo periodo, che precede la pubblicazione delle opere maggiori intitolate alla "critica", Kant pubblica numerosi scritti: i Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive (1746-49), Principiorum primorum cognitiones metaphysicae nova dilucidatio (1755; I primi principi della metafisica), un testo che critica in qualche modo la filosofia leibniziana, la Monadologia physica (1756), la Storia universale della natura e teoria del cielo (1755), dove Kant applica le leggi newtoniane per formulare una nuova cosmologia, che sarà riconosciuta nella sua rilevanza scientifica solo con la riproposta da parte di Laplace (1796) e rimarrà nota come ipotesi Kant-Laplace sull'origine del sistema solare; in essa Kant oppone alla dottrina leibniziana il metodo newtoniano e introduce la distinzione fra "cosa in sé" e cose che appaiono (fenomeni).
Nelle opere scritte lungo il decennio Sessanta la critica al sistema leibniziano diventa più esplicita e argomentata. Nel 1763, in Tentativo di introdurre nella filosofia il concetto delle grandezze negative argomenta che talune relazioni, come quella di causalità, non possono venir ridotte a pure relazioni logiche; nell'Unico argomento per la dimostrazione dell'esistenza di Dio (dello stesso anno) discute la pretesa di Cartesio di provare con dimostrazione logica l'esistenza di Dio. Già nella Dimostrazione della falsa sottigliezza delle quattro figure sillogistiche (1762) aveva contestato la capacità della logica di comprendere il reale. Nella Distinzione dei principi del mondo sensibile e di quello intelligibile (1764) attacca direttamente la metodologia leibniziana e wolffiana di affidarsi al solo modello deduttivo per l'elaborazione della filosofia, così come nei Sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafisica (1766) polemizza con Swedenborg e le sue speculazioni teosofiche che gli appaiono produttrici di mondi illusori.
Il periodo "critico" (1781-90). La dissertazione accademica, con cui Kant inaugura i suoi corsi come cattedratico, nel 1770, De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis (Forma e principi del mondo sensibile e del mondo intelligibile) allude in forma ancora iniziale ai temi che emergono in tutta la loro compiuta maturità nella Critica della ragion pura, che pubblica nel 1781, dopo più di un decennio in cui produce assai scarsi scritti. E' la sua opera maggiore, e si distingue in due grandi parti, la "dottrina trascendentale degli elementi", che tratta delle fonti della conoscenza umana, e la "dottrina trascendentale del metodo" che tratta dell'uso proprio o improprio della ragione. Il termine trascendentale è usato per designare le condizioni necessarie ma rigorosamente non-empiriche della conoscenza. Nel 1785 pubblica la Fondazione della metafisica dei costumi e nel 1787 la Critica della ragion pratica, le sue opere di analisi della filosofia morale. La terza "critica" la Critica del giudizio (1790), distinta in Critica del giudizio estetico e Critica del giudizio teleologico; in essa Kant fonda l'autonomia e la validità trascendentale dei giudizi sulla finalità, in un a priori trascendentale distinto da quello che fonda la conoscenza teorica.
Nello stesso periodo Kant pubblica gli importanti scritti di riflessione sulla religione - La religione entro i limiti della sola ragione (quattro articoli raccolti con questo titolo nel 1792) - che lo fecero accusare di "travisamento" del cristianesimo e procurarono nel 1794, il divieto di tener lezioni pubbliche sui suoi scritti, per mano del ministro di Federico Guglielmo II; le opere sulla politica e sul diritto - fra l'altro le Idee per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, 1794, e i numerosi scritti raccolti poi nei Manoscritti postumi - in cui manifesta le sue idee antiassolutistiche, favorevoli alla tolleranza e alla ragionevolezza di uno Stato di diritto ispirato a Montesquieu e a Rousseau e fino all'Antropologia pragmatica (1798) in cui raccoglie le ricche osservazioni sul comportamento pratico, in una visione che privilegia la centralità del terzo stato, la borghesia, presto egemone nella società del suo tempo.
Le opere di Kant sono raccolte nell'edizione dell'Accademia prussiana delle scienze, poi Accademia tedesca di Berlino, dal 1900, in 23 voll.; le lezioni accademiche costituiscono i voll. 24 e 25, e sono curate dall'Accademia delle scienze di Gottinga. Un Index monumentale delle opere, in 21 voll., si pubblica a Berlino dal 1967. Le traduzioni italiane delle opere di Kant sono numerose: si segnalano in particolare quelle curate dal filosofo italiano Giovanni Gentile (Critica della ragion pura...), e del filosofo Antonio Banfi (Fondazione, Critica del Giudizio...).
La filosofia. Kant esprime l'opinione che le due tradizioni filosofiche predominanti, quella dell'empirismo e quella del razionalismo, sono ormai "confuse, oscure, inutili". Egli propone una sintesi radicalmente nuova in cui esperienza e ragione sono presenti con distinti ruoli, non si cade nello scetticismo della scuola empirica (da Locke a Hume) e non si approda alla vasta e inverificabile struttura metafisica della scuola razionalista. Il problema della conoscenza è nella visione kantiana il problema di connettere lo "è" dell'esperienza sensibile con il "deve" della verità necessaria e universale; Kant li identifica come "fonti affatto diverse di rappresentazioni (...) che hanno pari dignità e funzione della formazione della conoscenza: senza contenuti sensibili i pensieri sono vuoti, così come senza concetti le intuizioni sono cieche (...)". Il suo punto di partenza è la distinzione fra giudizi analitici e sintetici. Un giudizio analitico è quello di cui il predicato è già contenuto nel soggetto - come quando dico "i triangoli hanno tre lati". La verità di un tale giudizio può essere appurata attraverso l'analisi del soggetto, la sua definizione. Un giudizio sintetico è quello in cui il predicato arricchisce, allarga la nozione contenuta nel soggetto, come quando dico "i triangoli sono state le prime figure della geometria". La verità di una tale asserzione non può venire accertata con un'analisi della definizione del soggetto.
Kant distingue anche due modi in cui i giudizi vengono formulati: qualcosa è conosciuto a priori se non è né derivato né attestabile attraverso l'esperienza sensibile; è conosciuto a posteriori se è derivato o attestabile attraverso l'esperienza. I filosofi prima di Kant hanno sostenuto che i giudizi analitici sono a priori, i giudizi sintetici a posteriori. I giudizi a priori sono sempre e necessariamente veri, ma tale verità si pone soltanto al livello del significato e delle relazioni fra le parole, non ha a che fare con il mondo. I giudizi sintetici a posteriori d'altro lato trattano del mondo, ma possono indicare soltanto verità probabili o contingenti. Il che significa che non possiamo ottenere una conoscenza certa dall'esperienza, e Kant al contrario era convinto che noi abbiamo una tale conoscenza. Egli formulò il problema come segue: "Come sono possibili giudizi sintetici a priori?" La soluzione che egli dà, nella sostanza, è che l'esperienza fornisce i contenuti (l'elemento sintetico) e la mente fornisce la struttura (l'elemento a priori) che determina il modo in cui il contenuto verrà organizzato e compreso. In primo luogo - è il tema dell'Estetica trascendentale, prima parte della Critica della ragion pura - le intuizioni a priori pure dello spazio e del tempo ordinano immancabilmente nella serie di contiguità (spaziale) e di successione (temporale) ogni dato sensibile; in secondo luogo - come Kant argomenta nell'Analitica trascendentale, con cui inizia la seconda parte, cioè la Logica trascendentale - l'intelletto passa alla formulazione dei giudizi, applicando le dodici categorie (o concetti puri), distinte in quattro gruppi (quantità, qualità, relazione, modalità). In questa fusione necessaria di forme della sensibilità, funzioni dell'intelletto e materiale determinato che si presenta, appare (come fenomeno) alla coscienza, si ha la formulazione di giudizi, che possono venir definiti "sintetici a priori" e garantiscono la certezza e l'universalità della conoscenza del mondo, la "esperienza in generale" secondo la terminologia kantiana. Questa attribuzione al soggetto - non l'individuo empirico ma il soggetto conoscente generale della struttura stessa in cui necessariamente l'esperienza si articola è chiamata da Kant, con piena consapevolezza, "rivoluzione copernicana": il dubbio scettico di Hume sulla possibilità di sottrarre alla misura precaria dell'"abitudine", della illazione probabilistica, ogni nozione del mondo, viene superato ritrovando nell'uomo ciò che era stato irreparabilmente sottratto all'oggetto, la natura: quelle strutture universali che costituiscono i nessi di causalità, relazione ecc., e che ci consentono di definire, giudicare, prevedere a proposito della natura stessa.
Quanto al problema della metafisica, ovvero al problema se le cose siano come ci appaiono, o che cosa siano essenzialmente, non potremo mai darvi risposta poiché ogni conoscenza ci giunge strutturata dal filtro che è la mente. Questo è il fondamento per la celebre distinzione kantiana fra l'inconoscibile noumeno, o cosa in sé, e il fenomeno, la cosa come appare. I giudizi a priori sono possibili, dimostra Kant, solo in fisica e in matematica, ma non in metafisica (è questa la discussione della parte intitolata alla Dialettica trascendentale della Logica trascendentale): Kant ritiene un errore tentare di andare oltre l'esperienza sensibile, per definire, con ambizione metafisica, concetti come Dio, libertà, anima immortale, sostanza. Tutta la conoscenza teoretica consiste nell'applicazione delle categorie al materiale percettivo collocato nello spazio e nel tempo, e quei concetti non si collocano entro le strutture spaziotemporali, sono solo pensati. Tuttavia le idee o nozioni astratte hanno una loro funzione; mentre la maggior parte delle nozioni hanno una funzione costitutiva (ordinano l'esperienza), nozioni come Dio, libertà, anima possiedono una funzione normativa, ci guidano verso certi fini che sono utili alla scienza e all'etica, sono qualcosa che noi viviamo "come se" fossero veri. Questa parte, la Dottrina trascendentale del metodo, segue alla discussione delle antinomie, contraddizioni in cui ci affondano le discussioni su nozioni cui non corrispondono intuizioni sensibili; si tratta, preannuncia Kant nel cap. II (l'antinomia della ragion pura), di "un'antitetica affatto naturale (...) in cui la ragione incorre da se stessa e inevitabilmente": conducendo all'assopimento in una convinzione immaginaria, che è il prodotto di un'apparenza unilaterale" o all'opposto a "una disperazione scettica" (quella cui era giunto David Hume nella Conclusione del I libro del suo Trattato sulla natura umana, che ha tanto colpito Kant).
In questa luce la Dottrina trascendentale del metodo è per l'appunto il confronto critico e vigile con questa "naturale" difficoltà dell'intelletto umano, l'instaurazione di distinzioni rigorose fra scienza, opinione, fede, la ricostruzione di una "architettonica" e di una "storia" della ragion pura.
Nella sfera morale, dalla Fondazione di una metafisica dei costumi alla Critica della ragion pratica, Kant assume la possibilità di un uso positivo della ragion pura, che è incapace di fondare la conoscenza, ma è tale da poter dettare massime assolute di riferimento per la condotta (qualunque confronto con l'esperienza, che è contingente nel tempo e nello spazio, ovvero storicamente e geograficamente determinata, costituirebbe solo massime "ipotetiche", ovvero riferite, collegate a situazioni determinate): le massime dell'imperativo categorico, sono di carattere rigorosamente formale, e dicono che il comportamento deve essere tale da poter sempre essere esteso universalmente; tale che l'umanità, come è nel soggetto che agisce e negli altri, sia sempre fine e mai soltanto mezzo; tale che la volontà buona di ogni essere ragionevole sia guardata come legge universale. Se la "cosa in sé" (o noumeno) non ha alcun potere di produrre scienza, teoria, tuttavia nella sfera pratica è proprio il riferimento all'assoluto, al puro a priori, che sostiene il carattere di comando universalmente accolto per la morale, svincolata ormai anche da quello che nell'illuminismo era apparso il riferimento più generale e motivante, la felicità umana. La "legge morale" è nell'uomo come il cielo stellato sopra di lui: qualcosa a cui guardare come a un oggetto indiscutibile, a un commovente dato della realtà in cui ci troviamo a vivere.
La Critica del giudizio, con cui Kant accede ai temi dell'estetica, nel senso duplice di teoria del bello e di teoria dei fini (teleologia), costituisce in certo senso la riflessione che connette quella sulla natura e i limiti della ragione, e quella sulle capacità etiche della medesima: il giudizio estetico, che Kant osserva nella sua ricchezza di atteggiamenti e contenuti, includendovi quel capitolo sul "sublime" che tiene conto degli sviluppi della sensibilità nei decenni che avviano alla rivoluzione romantica (v. romanticismo), è quel giudizio che individua negli oggetti una finalità, una intenzionalità, nei confronti del soggetto che osserva. Il senso estetico è la forma a priori universale che sottostà ai diversi contenuti che il bello riveste nelle diverse contingenze. Così, pur nel riferimento alla filosofia inglese del sentimento (Hutcheson; Shaftesbury), Kant rifonda in senso critico la dottrina del giudizio. La natura a sua volta si presenta inevitabilmente come strutturata secondo fini che ne orientano la trama generale e consentono una comprensione non scientifica ma progettuale, mirata, che ha sempre carattere soggettivo.
Il kantismo. La rivoluzione kantiana, che metteva al centro della filosofia il soggetto conoscente piuttosto che l'oggetto del conoscere, sarà un punto di non ritorno della principale riflessione filosofica nei due secoli che seguono, fino a noi. Intorno a Kant si sviluppa immediatamente un dibattito che fa riferimento alle sue opere e si presenta profondamente rinnovato rispetto alle tematiche caratteristiche dell'illuminismo; emergono i nomi di Friedrich Schiller, di Herder, che si confronta con la Critica della ragion pura in un'opera del 1799, e infine Johann Gottlieb Fichte, che riorganizza nella dottrina dell'idealismo il criticismo kantiano. Anche Hegel, in particolare negli anni 1801-03, si misura con la speculazione di Kant. Nell'età della Restaurazione se ne ha in Germania una traduzione e un'utilizzazione che privilegia il momento teoretico rispetto alla forte istanza di risposta alle lacerazioni della realtà sociale e politica che l'Europa viveva negli ultimi decenni del sec. XVIII. Ma fra i secc. XIX e XX una ripresa del kantismo (v. neokantismo) si verifica in sintonia con quella crisi dei fondamenti che coinvolge matematica e fisica, biologia e scienze naturali, economia e assetto della società. Lo studio della vicenda del concetto di conoscenza, compiuto in particolare da Cassirer, si propone, nel nome di Kant, come ricerca di un nuovo modello per la gnoseologia.

Copyright © 2002 Motta Editore
Torna in cima
Profilo Messaggio privato Invia email MSN Messenger
Mostra prima i messaggi di:   
Questo forum è chiuso. Non puoi inserire, rispondere o modificare i Topics   Topic chiuso    Indice del forum -> Le ideologie e le altre filosofie Tutti i fusi orari sono GMT + 1 ore
Pagina 1 di 1

 
Vai a:  
Non puoi inserire nuovi Topic in questo forum
Non puoi rispondere ai Topic in questo forum
Non puoi modificare i tuoi messaggi in questo forum
Non puoi cancellare i tuoi messaggi in questo forum
Non puoi votare nei sondaggi in questo forum
Non puoi allegare files in questo forum
Non puoi downloadare files da questo forum





Associazione Culturale Apartitica- 
Powered by MasterTopForum.com with phpBB © 2003 - 2006